Dirigismo comunale: dallo sballo organizzato alla felicità strategica

Dirigismo comunale: dallo sballo organizzato alla felicità strategica

Come sperano di recuperare una felicità dell’anima e non dei sensi irrimediabilmente scomparsa col Piccolo Mondo Antico della Riviera anni ’50 e ’60?

Nello sciocchezzaio istituzionale d’una città che non sa più chi è, né tantomeno lo sanno i suoi governanti, ho scelto questa perla:
“L’obiettivo… è quello di affermare una nuova leadership del territorio di Rimini a partire dall’abilità straordinaria della nostra destinazione… nel farsi scegliere da quanti cercano di perseguire quella FELICITÀ possibile nel tempo della vacanza.” (Piano Strategico)
Rimini insomma come Capitale Italiana nientemeno che della: “FELICITÀ”!
Soch-mel!
Ma chi ha così delineato l’immagine della nostra mission, si rende conto d’aver così rottamato tutto l’ordito amministrativo di questi ultimi dieci anni?
Ordito caratterizzato da ciò che va sotto il nome di “sballo organizzato”, tra Notti Rosa e Molo Stret Parade che, fra l’altro, hanno raso al suolo ciò che restava del “Divertimentificio”.
Perché se è il comune in prima persona a promuovere lo sballo al posto di quei privati che negli anni ’80 e ’90 hanno inventato il “popolo della notte”, il risultato è che a Rimini oggi non c’è più una Disco, non essendocene una che sia riuscita a resistere alla concorrenza (sleale) di Palazzo Garampi.
Col risultato che così è finito tutto.
Perché è stata sì meritoria l’invenzione di Molo Street e Notte Rosa a suo tempo, ma questa è roba che funziona il primo anno, il secondo, forse il terzo: già a quel punto la ripetitività di genere la smonta da dentro, riducendola a carnaio estivo senza neanche più il fascino della trasgressività.
Perché se tutto è permesso e organizzato dall’istituzione, che gusto c’è a trasgredire?
Vuoi mettere le notti incantate del Dancing Esperia dietro la ferrovia o i fuochi d’artificio del Paradiso Club su a Covignano negli anni ’60?
Quando (ecco il punto) a Rimini era possibile una FELICITÀ legata non al dirigismo istituzionale, bensì alla prossimità empatetica, alla cordialità ricettiva e familiare della pensioncina a due stelle o della balera vicino casa.
Dove anche il sesso aveva il sapore della trasgressione artigianale e non seriale, in una con le tagliatelle alla bolognese e i sardoni alla griglia della Pensione Doralice duemila Lire al giorno tutto compreso.
Mi si dirà (ed è vero) che quel mondo non esiste più, ma perché allora i soloni del Piano Strategico lo rievocano smentendo dieci anni di taylorismo orgiastico made in Gnassiland?
Non si rendono conto di distruggere così tutto ciò che è stato escogitato e promosso dai baccanali del loro stesso datore di lavoro, che fra l’altro manco se n’è accorto?
Ma come son messi?
Come sperano di recuperare una felicità dell’anima e non dei sensi irrimediabilmente scomparsa col Piccolo Mondo Antico della Riviera anni ’50 e ’60?
Quella felicità che si respira ancora nel turismo più a misura d’uomo (e di famiglia) dei resort Marchigiani da Pesaro in giù.
Dove in questi anni mille e mille famiglie con figli piccoli sono andate a rifugiarsi (sentita con le mie orecchie, questa) vista l’impossibilità di passeggiare la sera su un lungomare invaso da energumeni biciclettati, sempre a rischio di travolgere i loro pargoli.
Quo usque tandem, pianisti strategici e amministratori invasati, abuteritis patientia nostra?

P. S. Era solo per dire che, accanto all’anima futurista delle Pale Eoliche, l’altra connotazione della nostra città (ma ce n’è una terza ancora) è quella cordialità umana, quel senso del’ospitalità che i Tempi Moderni avranno anche sfigurato e raso al suolo, ma i tratti genetici non si cancellano. Possiamo tentare di censurarli, dimenticarli, stravolgerli, ma il nostro destino ci richiama sempre lì, tant’è che anche quelli del Piano Strategico hanno ricominciato a parlarne: FELICITA’ TARATA’! Più chiaro di così…

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