La questura di piazzale Bornaccini è di “interesse pubblico” ma il Comune bussa a denari alla Diegaro

La questura di piazzale Bornaccini è di “interesse pubblico” ma il Comune bussa a denari alla Diegaro

Guerra di carte bollate fra la società proprietaria della palazzina trasformata in sede della polizia di Stato e l'amministrazione comunale. Al Tar la prima puntata va a favore di palazzo Garampi, che chiede un salato contributo di costruzione. Si andrà al Consiglio di Stato.

Per ora c’è solo una ordinanza del Tar di Bologna che ha respinto la domanda cautelare presentata dalla società Diegaro di Cesena, proprietaria della palazzina di piazzale Bornaccini destinata, da ultimo, a sede “provvisoria” della nuova questura. La vicenda è abbastanza paradossale e verte sulla valenza di “pubblico interesse” dell’intervento. Come può non essere di pubblico interesse un edificio che ospita gli uffici della polizia di Stato? Eppure…
Andiamo con ordine. La Diegaro srl ha presentato ricorso contro il Comune di Rimini, convinta di poter beneficiare del diritto all’esenzione dai contributi urbanistici (una somma non da poco) sul permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, in considerazione del fatto, appunto, che si ha a che fare con la nuova sede della polizia di Stato. Il Comune non la pensa allo stesso modo e presenta il conto. E’ stata però una delibera votata dal consiglio comunale all’unanimità (anche dalla minoranza) il 18 aprile scorso ad autorizzare il permesso di costruire richiesto dalla Diegaro e, come recita l’articolo 20 della legge regionale 15/2013 (sulla «semplificazione della disciplina edilizia»), “il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del Consiglio comunale”. Se è stata concessa la deroga, e la stessa amministrazione comunale riconosce che “l’intervento richiesto è da considerarsi di “pubblico interesse” in quanto funzionale ad adeguare i locali dell’edificio sito in P.le Bornaccini in considerazione dell’insediamento della Questura di Rimini per un periodo di tempo limitato”, allora, ragionano i proprietari della palazzina, occorre essere conseguenti e non bussare a denari.
“Se è pacifico che l’operatività della deroga non è in discussione ove si tratti di edifici e impianti pubblici, e quindi realizzati dalla stessa amministrazione, la domanda che si pone nel caso in cui si tratti di edificio di interesse pubblico realizzato dal privato, è stata risolta in senso positivo dopo un iniziale orientamento restrittivo della giurisprudenza amministrativa”, spiegano gli uffici comunali negli atti che accompagnano la deroga. “Si è infatti privilegiata l’interpretazione estensiva della normativa nel senso di ricomprendere fra gli edifici di interesse pubblico, tutte le strutture idonee a soddisfare, per caratteristiche intrinseche e per destinazione funzionale, i bisogni e le necessità di rilevanza collettiva, anche se realizzati dai privati. In proposito, la circolare del Ministero dei lavori pubblici n.25/M/1970 in cui, su parere del Consiglio di Stato, si precisa che il concetto di interesse pubblico va inteso nella sua accezione tecnico giuridica di interesse tipico qualificato dalla sua rispondenza ai fini perseguiti dall’amministrazione e quindi, non è rilevante la qualità pubblica o privata del soggetto che realizza l’intervento ma la valutazione, sul piano obiettivo, se sussista effettivamente un nesso causale fra la destinazione d’uso dell’edificio o impianto e l’interesse tipico perseguito dall’amministrazione”.
Il Comune però, nonostante questo inquadramento, chiede i contributi urbanistici, e il Tar ritiene che “ai fini dell’esenzione, occorre che l’opera sia pubblica o di interesse pubblico e sia realizzata da un Ente pubblico (e che quando non sia esso stesso Ente pubblico, il soggetto realizzatore abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come nella concessione o nella delega), non competendo invece alle opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell’attività da essi esercitata nella o con l’opera edilizia cui la concessione si riferisce”, citando a supporto sempre il Consiglio di Stato. Anzi, aggiunge che “nel caso di specie, la ricorrente ha effettuato una normale operazione economica per ritrarre un’utilità da un bene appartenente al suo patrimonio (sistemazione ai fini della cessione in locazione) e pertanto non appare qualificabile quale Ente istituzionalmente competente”.
Il tema delle monetizzazioni deriva da questo dato di partenza: gli ultimi due piani della palazzina sono accatastati a civile abitazione e quindi è necessario un doppio passaggio: da civile abitazione (A1) a uffici (C1), per uniformare il tutto ai piani sottostanti, e poi a sede della questura (C3).
Pare che fra valore di monetizzazione delle aree e valore delle attrezzature il “totale dovuto” dalla Diegaro ammonti ad oltre 150mila euro.
Si tratta di un cambio di destinazione temporaneo, nel senso che una volta che la palazzina terminerà di essere adibita a questura, l’intero fabbricato dovrà tornare con destinazione ad uffici, dovranno essere eliminate recinzione e passi carrai, ripristinato l’utilizzo ad autorimessa del piano interrato, nonché la sistemazione originaria dell’area esterna.
La Diegaro pare intenzionata a non indietreggiare e si rivolgerà al Consiglio di Stato.

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