Nel consiglio comunale che ha affrontato il tema della razionalizzazione delle partecipate, pur non essendo all'ordine del giorno, la minoranza è andata all'attacco del verticismo che sta pilotando questa importantissima operazione in termini di ricadute sul territorio riminese. «Cagnoni non può rifiutarsi di rispondere alle nostre domande e spiegare».
«Importanti asset strategici di Rimini rischiano di passare sotto un controllo esterno alla nostra città: dai centri agroalimenatari ad Amir e, soprattutto, alla Fiera, che sarà Bologna dipendente». Consiglio comunale acceso quello chiamato a discutere il piano di razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie direttamente e indirettamente possedute dal Comune di Rimini. La fusione fra Ieg e BolognaFiere in realtà non era all’ordine del giorno, ma dai banchi della minoranza la questione è stata posta con forza, tanto che l’assessore Brasini nella sua replica conclusiva ha dovuto reagire anche su questo aspetto.
Luigi Camporesi, Obiettivo civico, ha aperto le danze toccando diversi aspetti: «L’assessore Brasini ha detto che la legge Madia impone la vendita delle azioni detenute in Riminiterme, ma la stessa cosa non vale per le quote delle società che gestiscono gli allestimenti fieristici, come invece l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha richiamato anche il Comune di Rimini. Una vicenda che reputo piuttosto vergognosa: da una parte la giunta sbandiera l’apertura al mercato, anche attraverso bandi di respiro europeo, dall’altra quando si tratta di liberalizzare il mercato degli allestimenti fieristici si comporta in maniera esattamente opposta, fino a contrapporsi all’Authority davanti al Tar».
Camporesi ha accusato il sindaco di essere «completamente succube al presidente di Ieg, quasi sdraiato» e ha aggiunto che «al consiglio comunale è stato tolto ogni tipo di controllo formale su Ieg». Il matrimonio fra Bologna e Rimini è «praticamente un dato di fatto» e non caso «nel nostro programma elettorale avevamo scritto che andava privilegiata la privatizzazioni della allora Rimini Fiera: fosse stata quella la scelta fatta dall’amministrazione – “ma il vero sindaco di Rimini sembra sia Cagnoni e non Gnassi” –, oggi non saremmo nella condizione in cui ci troviamo, avremmo venduto al valore di mercato incamerando le risorse per intervenire in maniera decisiva sulla nostra industria turistica».
Sempre in tema fusione, Camporesi è dell’idea che il «rapporto di 1 a 1 sia solo una speranza destinata a svanire velocemente perché Bologna può contare su una maggiore “ricchezza” mentre Ieg è dovuta ricorrere al mercato per finanziare il proprio debito». Conclusione: «Ho l’impressione che negli anni a venire la Fiera sarà persa per Rimini e nel nuovo gruppo fieristico conteremo quanto in Hera, cioè praticamente niente».
Anche Gennaro Mauro del Movimento Nazionale per la Sovranità, è convinto che sul processo di fusione delle fiere sia «necessario un momento di approfondimento» e a breve il tema potrebbe arrivare in commissione consiliare per iniziativa dello stesso Mauro. Anche lui certo del «rischio che la governance del sistema fieristico passi a Bologna».
Il terzo affondo è venuto da Carlo Rufo Spina: «E’ dalla fase successiva alla quotazione in Borsa di Ieg, che risale a circa un anno e mezzo fa, che stiamo cercando di convocare una commissione con la presenza di Cagnoni per capire l’andamento della società … e adesso occorre capire anche l’operazione di fusione con Bologna, sulla quale noi consiglieri sappiamo solo quello che pubblica la stampa». Quando venne invitato il presidente Cagnoni, ha proseguito Spina, la sua risposta fu che «era costretto a declinare l’invito a partecipare, spiegando in una lettera che Ieg ha mutato la propria condizione giuridica, ha azioni quotate in un mercato regolamentato e alla luce della disciplina relativa, concludeva che Ieg, non essendo società in house né organismo di diritto pubblico, non è possibile attribuire nessun privilegio informativo nemmeno al socio pubblica amministrazione in quanto non esistono norme di rango pubblicistico che giustificano questa eccezione alle norme di tipo privatistico».
Nonostante l’assetto azionario di Ieg, dove Rimini Congressi detiene il 49,29% delle azioni e il 55,86% quando si parla di diritto di voto, «il consiglio comunale non ha alcun diritto a conoscere l’andamento della società e in particolare ad esaminare per tempo la fusione con Bologna? Il socio pubblico Rimini può determinare l’amministratore di Ieg, e allora come può il presidente Cagnoni rifiutarsi di venire in consiglio comunale per rispondere alle domande degli amministratori pubblici? Stimo Cagnoni, ha aggiunto, ma non posso accettare che abbia declinato l’invito proveniente dalla commissione di controllo e garanzia».
Un altro passaggio: «Non penso che il sindaco sia lasciato totalmente all’oscuro su quel che Ieg sta facendo, e quindi non capisco perché la deferenza che si usa nei confronti del sindaco non si debba utilizzare nei confronti del consiglio comunale che, in base al Tuel, è organo sovraordinato allo stesso sindaco». In merito alla fusione con Bologna la richiesta è chiara: «Chiediamo di capire, prima che venga tutto deciso e dunque sia troppo tardi porre domande, i tanti aspetti delle ricadute sul territorio riminese del progetto di fusione. Non stiamo parlando di lana caprina ma degli interessi della collettività, e con tutto il dovuto rispetto per ogni singola competenza, il “paron” di Ieg è il socio pubblico, non Cagnoni».
Molto critici sulla fusione anche Davide Frisoni («non ci saranno vantaggi per Rimini») e Marzio Pecci, Lega: «Verremo fagocitati dalla Fiera di Bologna e il nostro patrimonio svanirà con grandi danni per il territorio riminese».
Sul punto queste sono state le parole dell’assessore Brasini: «Abbiamo sempre portato le delibere relative a Ieg, anche se prive di potere dispositivo, in consiglio comunale, lo abbiamo fatto sia per l’aggregazione con Vicenza e sia per la quotazione in Borsa. Se mai dovesse andare in porto il progetto di fusione tutto il percorso verrà in consiglio comunale e qui si discuterà».
Ma, è stata la replica di Pecci, «il confronto serve prima, quando la delibera arriverà in consiglio comunale sarà troppo tardi».
Ad oggi, ha precisato Brasini, «ci sono stati solo contatti fra società e management». Ma su questo le cronache di stampa raccontano altro perché si è letto di incontri che hanno già messo allo stesso tavolo Stefano Bonaccini, l’assessore Colla, Virginio Merola, Andrea Gnassi, Lorenzo Cagnoni e Gianpiero Calzolari.
Ancora Brasini: «Lo statuto di Ieg modificato che abbiamo votato in consiglio comunale stabilisce che l’interesse pubblico sta nel radicamento degli eventi nelle sedi proprie, facendo in modo che l’eventuale aggregazione non porti via le manifestazioni. Attualmente questo è oggetto di un articolo dello statuto e tutti gli eventi che hanno un volume d’affari superiore ai 3 milioni di euro non possono essere trasferiti da Rimini (Sigep, ad esempio) e risultano “blindati”. Ma sono curioso di andare a vedere chi della minoranza ha votato quello statuto. I sistemi fieristici sono stati pesantemente colpiti dalla pandemia; risorse europee, nazionali e regionali possono essere elemento di attrazione per un soggetto unico anziché lavorare singolarmente come si è soliti fare: è il minimo da immaginare per le nostre società fieristiche per uscire da una situazione complessa».
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