Domus di Bacco: un buco nell’acqua costato oltre 100mila euro

Domus di Bacco: un buco nell’acqua costato oltre 100mila euro

Parla Alfredo Monterumisi

Inaugurata nel 2009 ha avuto vita brevissima: nemmeno un anno. Al suo posto è sorto un pub, chiuso anch'esso. Quel che resta dell'arredamento langue dimenticato tra polvere e foglie. Aspirava ad essere "un unicum in Italia" e in effetti l'idea era ottima, ma ...

Che fine ha fatto la Domus di Bacco, propaggine cultural-enogastronomica della Casa del Chirurgo, sorta con dichiarati obbiettivi di promozione turistica? L’abbiamo chiesto al suo ideatore che del turismo ha fatto una ragione di vita. Alfredo Monterumisi ha origini bolognesi, ma è riminese d’adozione da almeno sessant’anni. In ambito lavorativo, esordisce giovanissimo, come agente di commercio. Passo dopo passo accumula esperienza fino a raggiunge i vertici di una carriera varia e soddisfacente.
Archiviata la parentesi di lavoro come dipendente, che tuttavia lo portò a fare viaggi e preziose esperienze anche all’estero, affronta l’avventura imprenditoriale come antiquario. Acquista e apre una bottega che propone antichità nel periodo in cui via Soardi a Rimini, gonfiando il petto, poteva considerarsi una via dei Coronari a Roma o una via S. Maria di Costantinopoli a Napoli, in miniatura. Le botteghe antiquarie erano concentrate quasi tutte nella caratteristica viuzza del centro storico, allora ancora capace di sedurre l’occhio e la mente dei passanti. Chi avesse anche solo sfiorato quella Rimini, si renderà conto di come e dove siamo finiti. Voglio solo ricordarlo a coloro che dovrebbero occuparsi concretamente di decoro urbano piuttosto che limitarsi a nominarlo vanamente. Ma questa è un’altra storia cupa che rimando ad altra occasione.

Enogastronomia che passione. Alfredo Monterumisi

Nel 1983 e nel 1984 Monterumisi si inventa la prima mostra dell’antiquariato specializzato. In evidenza ci sono la ceramica, l’argento, il bronzo, il vetro, i dipinti. L’innovativa esposizione occupa il foyer del teatro Galli e la vecchia palestra. Per i villeggianti è un’occasione in più per conoscere e frequentare anche il centro storico della città. Per Rimini, un veicolo pubblicitario di cui scrivono tutti i giornali. Alfredo, dacché vive qua, coglie al volo le necessità e i problemi legati al turismo, in specie quelli dei momenti di crisi. In virtù della considerevole preparazione e di una vivace produzione di idee, nel 1989 promuove il venerdì estivo in centro storico (coadiuva l’ingegner Perazzini dell’Azienda di Promozione Turistica) per sopperire alla temporanea malattia del mare: quest’anno cade il trentennale delle mucillagini in Adriatico.
La valorizzazione turistica passa anche dal prezioso e allora misconosciuto entroterra, attraverso “tour” accattivanti. La scusa sono i cibi e i buoni vini. Era ed è convinto che un adeguato sviluppo non possa prescindere da un componente fondamentale: il variegato mondo enogastronomico. Da questo presupposto nasce la collaborazione con “Città del Vino d’Europa”, associazione a cui partecipano molti sindaci italiani e quella con Donatella Cinelli Colombini, personaggio di caratura mondiale, uno dei più importanti nomi dell’agriturismo toscano fondatrice di Movimento Turismo del vino. Nel 2004 danno vita alla Scuola Tosco-Romagnola del Turismo.
Sempre grazie alla regina del Brunello di Montalcino lo contatta l’università di Bologna (sede di Rimini). Attraverso il Master in Gestione e Sviluppo dei Servizi Turistici, Monterumisi contribuisce per dieci anni a insegnare come si organizza un territorio turistico storico enogastronomico. Su idea dell’editore Guaraldi, il conseguente risultato dei seminari, da uno strumento didattico si tramuta in uno di comunicazione a livello mondiale attraverso la libreria di Google. Il successo mediatico si ribadisce con la pubblicazione del secondo libro.
L’assai incompleto preambolo serve per tratteggiare con pennellate frettolose quanto parziali, lo scomodo (politicamente, come tiene a precisare) personaggio Alfredo Monterumisi. Ci conosciamo da diverso tempo. Gli chiedo conto dei motivi per i quali una delle sue più care creature sia stata demolita nell’anima e nel corpo e perché mai i battenti della Domus di Bacco, nata sull’onda della Casa del Chirurgo siano sprangati. Chi ha preso la decisione di tranciare a colpi di cesoia il progetto che Alfredo aveva felicemente battezzato “Thermopolium”?

Una breve ubriacatura. La Domus di Bacco è rimasta aperta nemmeno un anno e oggi si presenta così

Alfredo, ricordo che quando apriste il locale, rimasi piacevolmente colpito dall’impianto concettuale della tua creatura. Perché, ad onta di così lodevole iniziativa, si è consumato un “bacchicidio”?
La narrazione della vicenda non può prescindere dalla citazione della politica locale. Cercherò di essere sintetico, ma vanno inquadrati alcuni aspetti della storia. Siamo nel 2007. Alla presentazione del secondo volume edito da Guaraldi, “I Protagonisti dei Distretti Turistici Integrati”, che segue quello del 2005 (Turismo e Strade del Vino), tra le numerose autorità cittadine è presente anche Maurizio Melucci, allora assessore al Turismo e vicesindaco di Rimini. Durante la conferenza scopre che ho stretti rapporti con imprese di Forlì, di Predappio, di Bertinoro e altre venute a testimoniare il loro interesse nei miei confronti. Tra gli ospiti figurano anche il Principe Colonna Spalletti con la moglie e la sorella, proprietaria tra l’altro della rocca di Santarcangelo. Il vicesindaco si rende conto che non siamo degli sprovveduti e che non abbiamo scritto un libro tanto per fare. Alle nostre spalle ci sono molti seri operatori economici che ci appoggiano e che hanno accettato di essere citati nel volume. Mi convoca per conoscermi meglio e fare una chiacchierata “esplorativa” nel suo ufficio. Dopo vari incontri cominciamo una collaborazione finalizzata alla promozione del turismo locale e dell’entroterra. Tra le iniziative sarà compresa l’operazione Domus di Bacco a cui voleva tagliare i finanziamenti, ma che poi appoggia dopo che gli prospetto la validità del progetto e un “escamotage” per non sprecare soldi pubblici. Il Comune di Rimini, uno dei soci fondatori del Consorzio Strada dei vini e dei sapori dei colli di Rimini, sostiene in toto il progetto. A dicembre del 2009 tagliamo il nastro della Domus di Bacco. Melucci è in campagna elettorale. E’ in odore di assessorato al turismo della Regione Emilia Romagna e il “vernissage” rappresenta del tutto legittimamente una spintarella in più verso Bologna.

Abbandono. Una sala interna del “fu” Thermopolium o Domus di Bacco

Chi si è occupato dell’arredamento? E a carico di chi furono, i costi della realizzazione?
La progettazione è stata affidata all’architetto Massimo Bottini. Quanto alle spese, competevano al Consorzio poiché prendendo soldi pubblici, aveva l’obbligo di farlo. Una volta che fosse terminato il primo ciclo di destinazione gestita dal Consorzio, l’arredamento sarebbe diventato tutto di proprietà del Museo della Città.

Ai fornelli. La costosa cucina pensionata anzitempo (foto 2017) 

Era un accordo piuttosto singolare.
No, e spiego meglio. La Pubblica Amministrazione di Rimini metteva a disposizione del Consorzio trentamila euro l’anno e una locazione a “prezzo politico” di cinquecento euro più Iva al mese per i primi tre anni. Era previsto un aumento di cento euro ogni anno successivo. In pratica dopo sei anni gli arredi del valore di centoventimila euro sarebbero diventati proprietà del Museo; quindi, ritornavano alla comunità.

Ti sei occupato direttamente della gestione o vi siete affidati a una figura esterna?
Dovevamo trovare chi l’avrebbe gestito. Io proposi un professionista con molta esperienza alle spalle che aveva una squadra con cui avrebbe condotto il locale insieme con il Consorzio La Strada del Vino e dei Sapori. Giustamente, nella Domus di Bacco si dovevano promuovere i prodotti dei soci. La qual cosa consentiva di mettere in moto l’apparato del circuito; questo portava a inserire una persona che sapesse approcciarsi e relazionarsi nel modo giusto con la clientela. L’allora presidente del Consorzio volle fare a tutti i costi un concorso interno che purtroppo non fu vinto da un professionista già “tarato” per quel tipo di gestione.

Che desolazione. Una bella idea finita malissimo (foto 2017)

Non deve essere semplice coniugare le esigenze del pubblico con quelle del privato.
Infatti, dopo non molto affiorano le prime difficoltà e qualche screzio sulla conduzione del locale, il gestore rinuncia e dopo meno di un anno la struttura viene data in affitto a due imprenditori con un diverso contratto. La Domus di Bacco, da luogo deputato ad incontri culturali e artistici, mediati dalla presenza di cibo e vini del territorio, in definitiva diventa un pub. A quel punto mi impongo: pretendo che almeno cambino nome al locale per salvarne la reputazione. Vengo accontentato. Lo chiamano “Lavanderia” e aggiungono un sottotitolo, ai miei occhi vagamente pretenzioso: (ricircolo di cervelli). La nuova gestione, in qualche modo, vivacchia. Ma la filosofia iniziale viene completamente stravolta. In circa cinque anni anche loro si trovano a mal partito. Il nuovo sindaco di Rimini, anziché tentare di correggere alcuni errori che evidentemente c’erano, azzera l’intera operazione nata durante l’assessorato di Melucci. E pensare che in campagna elettorale fu proprio lui a caldeggiare la presenza di luoghi di ristoro nei musei cittadini. Nel momento in cui ne trova uno bell’e pronto, anziché adoperarsi per rivedere e migliorare ciò che non funziona, ma anche per non buttare all’aria le fatiche (economiche e fisiche) di tante persone, comprese quelle del suo assessore alla Cultura, che fa? Smantella tutto.

Dopo Bacco la Lavanderia. Ma resta parecchio da pulire

Da quanto tempo è cessata l’attività?
Il locale è chiuso da tre anni, i nostri sforzi e quelli della comunità, vanificati. Quando ci penso, dopo averci creduto e passato mesi intorno a questo progetto, investito competenze, speso tempo e denari, ti sembra normale che un sogno venga polverizzato così?

Antico assente. Nel programma di “Antico presente” del 2009 si leggeva: “verrà presentata al pubblico la Domus di Bacco, un innovativo progetto realizzato presso il Museo che costituisce un unicum almeno in Italia. Si tratta infatti della ricostruzione di un’antica taberna, un vero e proprio termopolium rivisitato in chiave moderna” (foto 2017)

Se non ricordo male, un certo numero di pittori riminesi aveva messo a disposizione la propria arte.
E’ vero, alcuni tavolini sono stati dipinti a titolo gratuito da pittori locali. Chissà che fine hanno fatto, quei bei tavoli. Il resto dell’arredamento (parte di esso, per essere precisi) costato più di centomila euro, langue dimenticato tra polvere e foglie in un contesto di incuria generale. Lo attestano alcune foto scattate nel 2017.
Qualcuno ha pure fatto circolare una voce velenosa totalmente falsa. Siccome si sapeva che ero io l’ideatore della Domus di Bacco, dopo che la prima fase si interrompe per motivi dovuti fondamentalmente al peccato originale (l’appalto interno alla Strada dei Vini e dei Sapori) per la scelta del gestore, incolpano me quale artefice del fallimento. Certo, l’idea iniziale (per la quale non ho mai preteso un centesimo) era mia. E miei sono stati i contatti con i politici, senza badare a tessere di partito perché come ho chiarito fin dall’inizio, l’intento era di perseguire un obbiettivo che ritenevo valido per la crescita turistica della mia città. Se ho avuto il torto di accettare democraticamente la volontà di altri, non per questo mi si può imputare la responsabilità delle (a parer mio inevitabili) conseguenze.

Dopo questa esperienza non proprio positiva, hai per caso in cantiere qualche “pensata” delle tue?
Sai, non mi arrendo. Mi sono chiesto se valeva la pena rinunciare a tutto ciò che era stato fatto in precedenza. Dopo che si è gettata la cosiddetta “acqua sporca”, ho inteso salvare almeno il “bambino”. Ho in animo di fare qualcosa a livello squisitamente privato e a titolo gratuito come allora. Sto costituendo una organizzazione “no profit” che gestirà rapporti internazionali in un ambiente di carattere diplomatico dedicato al turismo storico enogastronomico. La farò a Rimini. Sarà un unicum a livello mondiale. Appena il “pupo” sarà pronto per muovere i primi passi, te ne parlerò più diffusamente.

Perbacco che vergogna. L’esterno della taberna del Museo (foto 2017)

D’accordo. Nel frattempo ci facciamo un calice?
Molto volentieri. E a proposito di “calici”, può darsi che presto possa darti qualche grossa novità…

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