Ecco com’è ridotto il maestoso ulivo di piazzetta Plebiscito

Ecco com’è ridotto il maestoso ulivo di piazzetta Plebiscito

Albero secolare, un inno alla bellezza e alla longevità. Ora appare con rami secchi e trasformato nella sua magnifica chioma a seguito di una massiccia potatura. Perché questo improvviso declino? Lo mise a dimora, ironia della sorte, il sindaco "ulivista" Ravaioli quasi vent'anni fa.

Gli antichi greci adoperavano l’oleastro (olivo selvatico) per coronare le teste degli atleti vincitori delle olimpiadi. Chi fosse stato colto in flagrante a danneggiare un ulivo, nella più benevole delle ipotesi era condannato all’esilio. Per i Romani l’ulivo era nobile effige di rispettabilità. Per gli ebrei, l’albero della conoscenza del bene e del male. Ma universalmente era considerato espressione di giustizia e sapienza e poi unione, dedizione, riconciliazione, forza e rigenerazione.

Infine, il ramoscello di ulivo a tutte le latitudini tuttora simboleggia la pace. Piantumato in piazzetta Plebiscito nel 2001 per volere del sindaco (politicamente) “ulivista” Alberto Ravaioli, l’ulivo proveniente dalla Spagna, già “vecchio e saggio” allora, è diventato col passare del tempo un monumento, una scultura lignea tormentata dalla vecchiezza e, solo apparentemente, immobile.

Per contro, sotto terra e sotto corteccia c’è grande fermento. Se adoperassimo il “time lapse” (particolare tecnica fotografica di scatto che consente di riprendere fenomeni molto lenti nel tempo, in pochi secondi) ci accorgeremmo che la “scultura” non è affatto statica. A conforto di quanto affermiamo, pare che il coriaceo “vecchio” abbia incrementato le proprie fronde a tal punto da renderne pericolosa (in caso di vento forte) la stabilità, o che possa ritrovarsi con qualche ramo spezzato dalla furia di Eolo, come accadde nel 2017. Dunque, si è resa necessaria una potatura. Auguriamoci che non sia stata troppo invasiva. Tanto per essere chiari, speriamo che non sia accaduto ciò che fu parzialmente scongiurato nel 2019 in viale Nazario Sauro, in extremis e solo grazie all’intervento del WWF che allertò l’assessore all’Ambiente di Rimini.

Sono comparsi anche molti rami secchi

In relazione all’episodio, il 25 febbraio dello scorso anno mettemmo sotto i riflettori il problema delle “sfumature alte” con l’articolo Potature “strong” e viali brulli. Quanto all’ulivo centenario, purtroppo non abbiamo immagini recenti dell’albero prima della potatura. Ricordiamo soltanto che il “vecchio saggio” alla fine della scorsa estate era un portento di fronde verdi e piene: un inno alla bellezza e alla longevità.

Un amico agronomo ci dice che i rami secchi che ora si intravvedono sulla cima, andrebbero asportati. Comunque, a suo parere la prognosi dovrebbe essere di due o tre anni, prima che la pianta si riprenda completamente. Sostiene anche che è un albero forte e tenace. Meno male. La coalizione de l’Ulivo cui apparteneva anche il sindaco Ravaioli, si è estinta nel 2007. Posto che per fortuna la vita arborea solitamente non segue la capricciosa caducità della vita politica italiana, attendiamo fiduciosi che l’ulivo di piazzetta Plebiscito torni più bello e prosperoso che pria…

Portato in Italia alla fine del 900
“Albero secolare originario della Spagna, recuperato da interventi di rinnovo di impianti produttivi. Introdotto in Italia alla fine del ‘900 e messo a dimora nell’estate del 2001. Il diametro del suo tronco è uno dei più grandi fra gli alberi pubblici di Rimini”. Così recita la scheda della Olea europaea di 5 metri di altezza, che si trova all’interno del censimento del verde realizzato dal Comune di Rimini nel 2010 (sindaco Ravaioli e assessore all’Ambiente Andrea Zanzini).

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