"Rivendichiamo con forza il diritto di essere informati, consultati e puntualmente relazionati sulla situazione della Banca della quale la Fondazione è tuttora socio di riferimento". Chiesta anche una urgente assemblea dei soci.
“Non riteniamo opportuno il modo con cui si sta affrontando un momento così difficile e cruciale per la Banca conferitaria e, di conseguenza, per la sussistenza della stessa Fondazione”. Un folto gruppo di soci della Fondazione Carim ha scritto una lettera al presidente Linda Gemmani, ma anche al vice Gianluca Spigolon, al consiglio direttivo e ai sindaci revisori. Non deve esserci molto dialogo e coinvolgimento se alcuni degli storici esponenti della istituzione di Palazzo Buonadrata continuano ad inviare messaggi scritti ai vertici. Rivendicano “con forza”, testuale, “il diritto di essere informati, consultati e puntualmente relazionati sulla situazione della Banca della quale la Fondazione è tuttora socio di riferimento”. E chiedono “risposte nel merito, chiare e precise, nel corso di un’assemblea dei soci che va al più presto riunita e che, con la presente, Le chiediamo di convocare con il carattere dell’urgenza o della straordinarietà”. Quel “Le” è rivolto ovviamente alla presidente in carica. Perché, sottolineano statuto alla mano, è l’assemblea dei soci ad avere la competenza “sulla formulazione di proposte indirizzate al proprio consiglio generale”, proposte “che dovranno possibilmente essere rese operative dal consiglio di amministrazione, su impulso del consiglio generale stesso. Pare evidente quindi che l’anima della Fondazione prenda spunto, valenza e vigore dalla sua assemblea”. Che succede in Carim se lo chiedono in tanti, dopo le voci che si sono rincorse su fusioni, ventilato arrivo del fondo interbancario e altro. E mentre si sta affrontando il tema degli esuberi, con ambienti sindacali che storcono il naso perché si taglia sul personale ma si nominano anche nuovi dirigenti e aumentano i compensi per altri, compreso quello del cda eletto nell’aprile del 2015 e ritoccato al rialzo in quella occasione. Una curiosità. Nel novembre del 2014, in un incontro con gli studenti del Campus di Rimini, un dirigente Carim aveva perfettamente sintetizzato l’aria che tira. Una slide mostrata aveva per titolo “il crepuscolo del bancario”. Citazione: “Figura indebolita, la crisi di identità gli impedisce di rinnovarsi. Travolto dalla crisi e dalla rete è diventato insostenibile, anche per registi e scrittori”. Scenari. Ieri: “Posto fisso, tutele occupazionali, traguardo retributivo, privilegi”. Oggi: “Banche in crisi, tagli al personale”, eccetera.
Torniamo alla lettera. Linda Gemmani viene messa discretamente alle corde anche su un altro ingombrante argomento, già oggetto di una clamorosa mozione approvata ad ampia maggioranza dalla assemblea della Fondazione lo scorso novembre, “di sostanziale unanime stima e solidarietà nei confronti degli amministratori di Banca Carim del triennio 2007–2010”, ricorda la missiva. Segue l’invito “formale”, “in attesa dell’esito del processo penale in corso nei confronti di quegli ex-amministratori, molti dei quali soci di questa Fondazione, di porre, con sollecitudine in atto tutto quanto sia necessario per revocare o quanto meno sospendere l’avvio dell’azione sociale di responsabilità, inopinatamente deliberata nell’assemblea Carim del 13 settembre 2016, azione per la quale è stato espresso il pieno dissenso da parte dei soci dell’assemblea della Fondazione, con soli tre astenuti. Dissenso parimenti espresso informalmente anche dal Consiglio Generale”. Come si fa, è il senso della comunicazione, ad avallare una decisione della banca che non rispecchia l’orientamento dell’assemblea di Palazzo Buonadrata? Solo una revoca, o sospensione, dell’avvio della azione di responsabilità, “terrebbe correttamente conto della volontà dei Soci della Fondazione e si confermerebbe la salvaguardia degli interessi della Fondazione stessa e della Banca, già ampiamente tutelati dalla notifica dell’atto interruttivo della prescrizione approvato nell’assemblea Carim dell’aprile 2015. Di conseguenza si eviterebbero inutili quanto costosissime spese legali, il cui onere, anche se non direttamente a carico della Fondazione, fornirebbe all’attuale azione, intrapresa dalla Presidenza, un ulteriore, profondo significato negativo”.
A questo riguardo, i firmatari della lettera fanno notare “che i Commissari di Banca Italia nelle loro conclusioni, dopo due anni di lavoro, e dopo aver rimesso “in bonis” la Banca, nell’assemblea Carim del 27.9.12 dichiararono di non aver riscontrato, nel corso dell’attività degli ex-amministratori, “i presupposti di una ragionevole probabilità di successo di un’azione legale di responsabilità”. E’ bene sottolineare che Banca d’Italia non ha minimamente esitato a difendere fino in fondo l’importante e meditata conclusione a cui i propri commissari erano pervenuti”. Messaggio finale, che lascia presagire la determinazione dei firmatari sul punto: “Confidiamo che farà tutto il possibile per risolvere questa incresciosa situazione, interpretando, come Suo preciso dovere, la volontà dei soci che Lei rappresenta”.
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