A due passi dal gioiello del Rinascimento riminese uno "spettacolo" da periferia metropolitana: ruderi, sporcizia e guano.
Proprio vicino ad un gioiello del Rinascimento italiano – il Tempio Malatestiano – si trova quel che resta dell’antico Convento di San Francesco, in buona parte distrutto durante i bombardamenti dell’ultima guerra. Una ferita ancora aperta, in cui tutte le amministrazioni che hanno governato Rimini dalla fine del conflitto ad oggi, vi hanno come dire “girato il coltello”. E quella attuale non è da meno.
E così chi visita quel mirabile monumento, poi si trova a fianco un indegno spettacolo fatto di incuria, di trasandatezza oltreché di scarsa igiene. Ma non solo, al triste spettacolo assistono quotidianamente anche coloro che transitano per quella strada, o dalla stazione raggiungono il centro città, oltretutto arricchito da abituali stanziali che nelle panchine adiacenti oziano bevendo bevande alcoliche.
La zona lungo la via IV Novembre adiacente al Duomo, inibita da transenne messe alla bell’e meglio, è costituita da un muro scalcinato ma utilizzato per affiggere manifesti di ogni genere, e un giardino mal tenuto; poi verso la via Dante, una nicchia serve da ricovero di sacchetti di cui non si comprende l’utilità tra gli escrementi dei piccioni, che interessano peraltro tutta l’area, veri padroni di quel sito; e con un cartello che indica una derattizzazione, che anche i topi ormai sanno leggere per evitare le esche. Immaginiamoci poi cosa ci potrà essere all’interno di quelle mura.
Tempo fa la parte ancora integra ospitava una farmacia comunale, ora chiusa, nella quale si poteva notare ancora la bella struttura interna. Come pure nella parte retrostante verso il mercato coperto, in cui nel paramento murario risaltano ancora gli archi in continuità e belle colonnine lapidee.
Questo accade proprio nel centro della città, in un sito che si dovrebbe recuperare per vari motivi. Ex museo della città, qualcuno lo vorrebbe come ampliamento della Biblioteca cittadina, ma si potrebbe anche arricchire con una mostra tematica permanente su quello che era quell’area nell’antichità, quando era ricca di chiese ed oratori, forse il vero centro religioso della città.
Proprio in uno di essi, quello della Madonna del Paradiso, un piccolo edificio frequentato dalla Confraternita dei Falegnami che si trovava a fianco del Tempio Malatestiano, fu sepolto Alessandro Gambalunga insieme al padre Giulio. La chiesa e i due sepolcri monumentali vennero purtroppo distrutti da un bombardamento nel 1944. Oltre ad una importante in iniziativa culturale, sarebbe anche una sorta di “risarcimento” a quel mecenate a cui tanto deve la città.
Ma chissà se vedremo mai concretizzato un progetto del genere perché la “cultura a spot” istituzionale, partita dal “caput viarium” ed ora alla “fellinizzazione”, non è detto che arrivi a ciò. Inoltre, visto il recente comunicato sindacale che ha trasformato il “contenitore” (leggi Rocca Malatestiana) in una “discoteca” confermando di quale cultura si stia parlando a Rimini, c’è sempre meno da sperare; c’è chi si diverte così, con la benedizione della Soprintendenza, auspicando la fine di questa pena tra tre anni circa.
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