“Fondazione Carim occupata dalla politica”

La storia dell'accordo, non rispettato, fra le componenti interne.

Era immaginabile che il venir meno degli accordi avrebbe riaperto vecchie ferite. In questi giorni piove su Rimini. Piove parecchio e i danni spaventano. Ma adesso comincia a piovere anche sulla Fondazione Carim, sulla quale sembrava invece fosse tornato a splendere il sole. Ai riminesi (e non solo) interessa ovviamente che la Fondazione operi bene. Le lotte intestine interessano poco. Ma spesso le due cose si intrecciano.
Se si torna a parlare della guerra fra le componenti interne è perché è successo qualcosa di significativo. Primo. Poche settimane fa all’interno della Fondazione era stato siglato un patto che metteva alle spalle i contrasti e si dava l’obiettivo di badare al sodo, alla ripresa di un lavoro condiviso per tagliare traguardi, e Dio solo sa quanti ce ne siano da tagliare in una Rimini ridotta ai minimi termini da parecchi punti di vista, alle prese con nodi mai sciolti, a partire da quello – intricatissimo – dell’aeroporto, passando per la crisi che sta falcidiando le imprese, la disoccupazione, una stagione turistica che, già indebolita in partenza, si trova adesso a fare i conti con le conseguenze del nubifragio. Quel patto, non una stretta di mano ma quattro pagine di contenuti sotto alle quali ci sono nomi e cognomi, pare sia però durato solo 24 ore. Secondo, perché la politica vuole contare sempre di più nella Fondazione e va ad insediarsi nei posti di comando. E la politica parrebbe più forte degli accordi interni alla istituzione Fondazione Carim, seppure messi nero su bianco.
L’altro ieri il consiglio generale della Fondazione ha eletto il nuovo cda. E l’esito fa emergere un dato nuovo, mai verificatosi prima: se in passato gli “esterni” rispetto ai componenti provenienti dalla assemblea dei soci si fermavano ad uno (il primo ad inaugurare la serie fu Massimo Masini, com’è piccolo il mondo), nel rinnovato consiglio di amministrazione ce ne sono tre, due dei quali di stretta nomina di Provincia e Comune, cioè di Stefano Vitali e Andrea Gnassi. E’ un dato oggettivo che fa riflettere. L’equilibrio è tre a tre, e a far pendere la bilancia da una parte o dall’altra sarà il voto di Pasquinelli.
E’ da qui che prende le mosse Alfonso Vasini (nella foto), socio storico della Fondazione Carim, e proprio uno di quelli che per mesi hanno tessuto i nuovi equilibri, nel segno della collaborazione. E uno di quelli che hanno siglato l’accordo, l’1 giugno nell’ufficio di Massimo Pasquinelli a Palazzo Buonadrata. L’accordo ha un titolo che lascia pochi dubbi: “Per una Fondazione forte e unita”. I capitoli dettagliano i criteri per le “elezioni dei nuovi soci”, per la “nomina del nuovo consiglio di amministrazione e del vicepresidente”, per la “nomina del collegio dei revisori contabili” e per la “sostituzione dei consiglieri generali eletti in cda”. Non sfugge nulla. Sotto e a lato ci sono le firme di Alfonso Vasini, Attilio Battarra e Fernando Pelliccioni in rappresentanza delle tre componenti, oltre a quelle dei due consiglieri uscenti Renzo Ticchi e Gianandrea Polazzi. Il documento si completa con altre due pagine, una che richiamandosi all’art. 5 del regolamento dell’assemblea della Fondazione, propone la candidatura a soci ordinari dei 19 nominativi che in effetti sono risultati eletti il 24 giugno. E un’altra che contiene l’elenco dei candidati per il cda e per il collegio sindacale. Rispettivamente: Leonardo Cagnoli, vice presidente, Mauro Ioli, Antonio Galli, Fernando Piccari, Antonio Polselli, Gianluca Spigolon. Revisori: Paolo Damiani presidente, Maurizio Mussoni e Francesco Farneti.
L’unica divergenza rispetto all’accordo è stata la sostituzione di Mauro Ioli e Antonio Polselli con Raffaella Balzi e Paola Brighi. Perché? Proprio sotto ai nominativi per il cda ci sono quattro firme: Vasini, Battarra, Pelliccioni, Pasquinelli. Questo accadeva l’1 giugno. Cosa è cambiato in 24 giorni?
Con l’accordo dell’1 giugno 2013 le tre principali componenti che costituiscono la maggioranza dei soci della Fondazione, rappresentate da Battarra, Pelliccioni e Vasini, hanno stretto un patto per porre fine alle tensioni che da troppo tempo hanno destabilizzato la vita della Fondazione, e per iniziare una nuova stagione all’insegna della leale collaborazione e solidarietà tra tutti. “Il presidente Pasquinelli ha controfirmato l’accordo assumendosi l’impegno istituzionale di renderlo esecutivo”, spiega Alfonso Vasini. “L’assemblea del 24 giugno scorso ha onorato quell’accordo procedendo alla nomina dei primi 19 nuovi soci. Purtroppo non l’ha fatto il consiglio generale il giorno seguente, quando ha eletto i membri del rinnovato consiglio di amministrazione”. Perché non ha rispettato il criterio della “composizione equa e proporzionale” ed ha sostituito in corsa persone sulle quali la scelta era stata condivisa. “La Fondazione è stata occupata nel suo principale organo amministrativo da presenze esterne – con una forte pressione della politica – che ne condizionano la sua autonomia e indipendenza, in spregio al dettato statutario dell’articolo 1.1, richiamato espressamente nell’accordo siglato”, commenta Vasini. Che non si ferma qui: “Perché il presidente Pasquinelli non ha avvertito tempestivamente i tre firmatari della situazione che si andava delineando in consiglio generale? E perché non lo ha fatto nemmeno subito dopo l’esito delle votazioni? Mi sembra invece che abbia preferito autocompiacersi sulla stampa, che quando viene usata da lui è cosa legittima ma diventa ostile quando è utilizzata da altri. Mi sorge il dubbio, il forte dubbio, che il presidente abbia lavorato su due tavoli in questo frattempo, l’uno all’insaputa dell’altro, per confezionare il magnifico pacchetto. Quanto ciò sarebbe tornato utile alla Fondazione conta poco, forse ha contato di più il suo progetto di riciclarsi adeguatamente in vista della vicina scadenza del suo mandato in Fondazione”. Quel che pesa “è che Pasquinelli non ha onorato l’impegno sottoscritto, e allora mi domando se un presidente che si comporta in questo modo meriti la fiducia dell’assemblea dei soci”. Messaggio nemmeno troppo cifrato per dire che potrebbero seguire azioni facilmente immaginabili. “Ovviamente la componente dei soci che finora ho rappresentato – conclude Vasini – destituisce di ogni efficacia l’accordo sottoscritto e si riprende la libertà di intraprendere tutte le iniziative utili per salvaguardare la propria dignità e con essa quella della Fondazione. La pace tanto auspicata va ancora una volta a farsi benedire. Di chi la colpa?”. L’accusa è chiara: Pasquinelli si sarebbe accordato con gli enti istituzionali (leggasi Provincia e Comune) mandando a monte l’accordo interno, dimostrando così di tenere di più a Gnassi e Vitali che ai soci della Fondazione. Resta eventualmente da capire il perché. Ci sono anche altre partite che potrebbero aver pesato, come quella della nomina del presidente di UniRimini, da tempo in standby e sulla quale Provincia e Comune hanno molta voce in capitolo, la ragnatela della questione aeroporto ed altro.
E adesso cosa accadrà? A breve occorrerà surrogare i membri del consiglio generale che sono stati eletti nel cda (Galli, Piccari, Spigolon, oltre a Raffaella Balzi, di nomina però dalla Provincia). Poi i nove nuovi soci per completare la compagine dell’assemblea. La rottura del patto potrebbe tornare a pesare. Così come in passato i veti incrociati pesarono, al punto da bloccare le nomine, e costituirono una minaccia anche per la approvazione del bilancio.

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