I picchi dei contagi a Rimini e l’ordinanza regionale del 20 marzo

I picchi dei contagi a Rimini e l’ordinanza regionale del 20 marzo

Già intorno al 10 marzo la diffusione del virus in provincia di Rimini è allarmante. In alcuni giorni l'incremento dei positivi supera quello che si registra a Piacenza. In più c'è la vicinanza con le Marche a preoccupare. Eppure solo nella tarda serata del 20 marzo esce il provvedimento firmato da Bonaccini che istituisce una quasi "zona rossa".

Che l’emergenza covid19 abbia colto tutti impreparati è ormai una certezza. Occorrerà molto tempo e una approfondita analisi dei dati per capire con esattezza come sono state gestite le fasi cruciali della pandemia su scala nazionale, regionale e provinciale.
Nessuno ha la verità in tasca. Molte informazioni mancano, nel senso che non sono pubbliche. Ci limitiamo a richiamare l’attenzione sulla zona rossa istituita in provincia di Rimini il 20 marzo. Il Decreto del presidente Bonaccini (n. 44) è stato pubblicato sul sito della Regione alle ore 22.32 del 20 marzo (qui). Com’è noto ha posto più stringenti limitazioni alla provincia di Rimini.

Sappiamo dall’ordinanza che il direttore generale dell’Asl Romagna scrive ben due note al presidente Bonaccini, al Commissario ad acta covid-19 e al prefetto di Rimini: una il 16 marzo e un’altra tre giorni dopo, il 19, per rappresentare “la preoccupante evoluzione epidemiologica del covid-19 nei territori dei due Distretti sanitari di Rimini, che rischia di mettere in gravissima difficoltà i presidi ospedalieri dell’intera area riminese e viene richiesto un intervento straordinario in tema di contenimento e distanziamento sociale”. E che “sulla base della relazione sopra citata del Direttore Generale dell’ASL Romagna, le misure restrittive attualmente in vigore al fine di contenere la diffusione del virus covid-19 abbiano necessità di essere rafforzate al fine di non ridurre l’attuale disponibilità di posti letti nei nosocomi di riferimento provinciale”. Si parla anche di “preoccupante progressione dell’evoluzione del rapporto di incidenza tra numero di persone contagiate e popolazione su tutto il territorio provinciale” e di sei Comuni (Cattolica, San Giovanni in Marignano, Riccione, San Clemente, Morciano di Romagna, Misano Adriatico) “caratterizzati da una particolare incidenza di contagio calcolata nel rapporto tra popolazione e positivi al virus… confinanti con il territorio della provincia di Pesaro e Urbino con il quale, per ragioni lavorative, esiste una assidua mobilità di interscambio e che tale provincia presenta un numero di positivi al virus altrettanto importante ed in costante aumento”.

Le Marche sono invase dal virus: il 10 marzo registrano 394 positivi totali, tre giorni dopo quasi il doppio: 725. E poi è un crescendo: il 15 marzo sono già 1.133, 1.371 il giorno 17, 1.735 il 19 marzo. Questa la situazione al confine.
Ma in provincia di Rimini l’allarme è già alto intorno al 10 marzo, quando il nostro territorio supera per incremento giornaliero Piacenza. Il 12 marzo si contano 67 contagi in più del giorno precedente, il numero più alto in regione. Il 16 marzo si arriva a +84 (Piacenza +61, Parma +45, Modena +73, Bologna +62). E’ il tragico fine settimana che costringerà i riminesi a piangere 17 decessi.

Una stretta a Rimini è nell’aria, la richiedono i numeri inclementi. Ma non arriva. Il 17 marzo la stampa locale scrive che la zona sud è “sorvegliata speciale” e che è “allo studio un’ordinanza”. Un altro titolo di quel giorno recita così: “Adesso è un incubo…” ovviamente per i picchi di incrementi giornalieri dei positivi e per i decessi. Ma già il 12 marzo il commissario all’emergenza Sergio Venturi nel fare il punto della situazione sostiene che “a Rimini la crescita è molto molto rilevante”. Otto giorni prima dell’ordinanza a firma Bonaccini.

Le lettere del direttore generale dell’Ausl Romagna del 16 e del 19 marzo non sono note nel loro contenuto, non sappiamo quale scenario venga tratteggiato (abbiamo chiesto di poterle leggere). Ma una domanda è d’obbligo: perché si è attesa la fine del giorno 20 per emettere l’ordinanza, quando i dati a disposizione già segnalavano notevoli problematiche in provincia di Rimini (e nella vicina provincia di Pesaro) a partire dal 9-10 marzo? Aumentare le misure di sorveglianza con una settimana di anticipo avrebbe cambiato qualcosa nel violento attacco del virus su scala provinciale, che ha già fatto registrare 108 decessi? L’ordinanza del 20 marzo è stata “rallentata” da qualche ragione particolare? Tutte domande alle quali, in mancanza di trasparenza, non è possibile dare al momento risposte. Ma prima o poi sarà bene fare piena chiarezza.

Oggi il quadro sintetico su scala regionale è quello indicato nel grafico qui sopra. Da segnalare la prima flessione (-2) dei ricoverati in terapia intensiva. Si mantiene il numero dei deceduti notevolmente superiore a quello dei guariti, in controtendenza rispetto al dato nazionale (14.681 deceduti contro 19.758 guariti) e anche se messo a confronto con Veneto e Lombardia. I tamponi effettuati in Emilia Romagna (63.682) sono la metà di quelli del Veneto (126.490) e meno della metà di quelli della Lombardia (135.051).
In provincia di Rimini 1.511 i casi diagnosticati di coronavirus, 1.432 residenti in provincia e 79 cittadini residenti al di fuori dei confini provinciali (+55, di cui 9 residenti fuori provincia). Sul numero di 55, in vistosa crescita (ieri +11, mercoledì +38, martedì +25 così come lunedì e domenica +34) viene precisato “che un certo numero di queste positività fa riferimento a tamponi effettuati il giorno prima e che ieri non erano stati refertati”. Quattro i decessi.

Rimini 522
Cattolica 197
Riccione 192
Misano Adriatico 104
San Giovanni in Marignano 112
Santarcangelo di Romagna 45
San Clemente 33
Montescudo-Monte Colombo 27
Morciano di Romagna 28
Coriano 53
Novafeltria 25
Bellaria Igea Marina 26
Saludecio 15
Verucchio 16
Pennabilli 10
Mondaino 8
San Leo 7
Montefiore Conca 6
Gemmano 4
Montegridolfo 5
Talamello 3
Poggio Torriana 6
Maiolo 2
Sant’Agata Feltria 1

COMMENTI

DISQUS: 0