Castel Sismondo opera di Brunelleschi. Il cantiere degli scavi archeologici e la manipolazione dei monumenti che purtroppo non è nuova a Rimini. "Se la storia tutta intera e l'arte, non solo il nome di un regista, entrassero nella 'vision' del sindaco, in piazza Malatesta sorgerebbe un parco archeologico, ma lui vuole farci erigere il secondo museo Fellini e per questo hanno anche tagliato piante secolari". L'intervento del prof. Rimondini, nello stile della visita guidata e immaginando un dialogo con i suoi studenti.
L’ATTRIBUZIONE MONDIALE, MA NON RIMINESE, A FILIPPO BRUNELLESCHI DI CASTEL SISMONDO
Alessia e Christian stanno aspettando il professore vicino al grande platano sul fianco destro del teatro polettiano, un albero di almeno duecento anni, che alla sera dava rifugio a migliaia di uccellini; prima di addormentarsi gli alati facevano un meraviglioso concertino di cinguettii, pigolii, a sólo di usignoli. Da quando l’hanno addobbato con lampadine natalizie, mantenute poi fuori stagione, è muto.
L’ATTRIBUZIONE DI CASTEL SISMONDO A FILIPPO BRUNELLESCHI INIZIATA NEL 1887
PROFESSORE
Ragazzi vi ho portato un poco di fogli scritti con quello che vi leggerò: così non vi disturbate a prendere appunti, come vi ho visto fare, e nello stesso tempo ad ascoltare. Allora, partiamo dal 1887, data della pubblicazione del piccolo, ma denso e utilissimo testo, intitolato Uomini singolari di Firenze, dell’architetto e matematico fiorentino Antonio Manetti (1423-1497) con la prima biografia scientifica dell’immenso architetto Filippo Brunelleschi (1377-1446). L’autore della pubblicazione era Gaetano Milanesi, che aveva scoperto l’operetta, il noto regista del commento alle Vite di Giorgio Vasari. Ecco il brano sintetico relativo alle opere castellane del Brunelleschi:
“Edificò la fortezza o rocca di Vico Pisano; due torri al primo ponte, cioè della Cittadella nuova di Pisa. Edificò uno Castello, fortezza mirabile, al Signor Gismondo di Rimino.”
Chiaro no? E’ la cosiddetta prova letteraria, i contemporanei conoscevano l’autoria del nostro castello. Ma bisognava trovare altri dati storici da connettere. Ci pensò il tedesco Cornelius von Fabriczy che in due opere del 1892 e del 1907, comunicò al mondo che in una copia seicentesca delle carte dell’Opera del Duomo di Firenze si trovava la notizia che Filippo Brunelleschi era venuto a Rimini alla fine dell’agosto 1438 e ritornato a Firenze alla fine di ottobre dello stesso anno. Quando chiesi all’archivista del Duomo dottor Lorenzo Fabbri se nei documenti originali dell’Opera del Duomo vi erano i dati originali copiati nel ‘600, mi disse: Ma lei crede veramente che Filippo Brunelleschi con il cantiere della grande cupola ancora aperto e la necessità di impiantare la lanterna, abbia mai avuto il tempo di venire a Rimini?
Ma poi con la diligenza tipica degli archivisti è andato a vedere nei documenti dell’opera da poco restaurati da due università tedesche e salvati dai danni dell’alluvione di Firenze del 1966, e mi ha mandato una mail il 2 maggio 2011:
“…posso ora integrare quelle informazioni negative [in una mail precedente mi aveva scritto che non appariva niente nel registro delle deliberazioni del 1438], tratte dal registro delle deliberazioni con altre che ho rinvenuto in un registro di stanziamenti, qui ho trovato conferma di quanto risulta dallo spoglio di Carlo Strozzi, con una leggerissima variante per quanto riguarda il giorno del ritorno a Firenze.
Il registro è segnato II, 4, 14-
A c. 38 v. (28 agosto 1438) stanziamento del salario di Filippo Brunelleschi per il bimestre luglio-agosto 1438, ma [salario erogato] fino al 27 agosto 1438, perché il giorno successivo era partito per Rimini.
A c. 45v. (31 dicembre 1438) stanziamento del salario per due mesi e un terzo cioè del 20 ottobre, quando era tornato da Rimini, fino a tutto dicembre. Come vede la trasferta a Rimini è confermata, ma per il periodo 28 agosto 20 0ttobre 1348”.
Così avevamo un altro miracolo. La seconda prova, quella documentale. Chi avrebbe mai potuto pensare a una trasferta riminese da un cantiere fiorentino tanto importante, in un momento decisivo? Chiamiamolo miracolo, se volete, ma quella trasferta c’era stata, e andava a confermare l’affermazione di Antonio Manetti.
PERCHÈ A RIMINI QUESTE CERTEZZE DOCUMENTALI NON VENNERO ACCETTATE?
Ce lo dice Gaetano Milanesi in una nota dell’opera del 1887. Il Milanesi aveva cercato delle conferme a Rimini scrivendo agli “storici locali”, come dire che aveva contattato Carlo Tonini, figlio di Luigi e come il padre bibliotecario della Gambalunga e ispettore onorario per le antichità e belle arti. Assai probabilmente fu lui a respingere la grandiosa novità riaffermando l’autoria tradizionale di Castel Sismondo, attribuita da suo padre a Sigismondo Pandolfo Malatesta. Tale attribuzione si basava su una frase di Roberto Valturio che attribuiva in latino a Sigismondo l’identità di “auctor” del castello. Ma come giustamente ha notato Angelo Turchini, “auctor” in latino non significa autore, piuttosto significa “committente”. Un errore di traduzione dal latino era alla base dell’attribuzione fasulla. Milanesi comunque aveva riscritto per un compromesso; un’attribuzione comune a Filippo Brunelleschi e a Sigismondo Pandolfo Malatesta. Ma gli “storici riminesi” non avevano risposto.
E’ vero comunque che la tradizione storiografica locale non trovava documentazione quattrocentesca locale sull’autoria brunelleschiana del castello, nemmeno nella minuziosa descrizione del castello fatta da Roberto Valturio nel De re militari, il quale peraltro descriveva anche il Tempio Malatestiano senza scrivere che era opera di Leon Battista Alberti.
Da allora in tutti i regesti…
ALESSIA
Prof cosa sono i regesti?
PROFESSORE
Un regesto è l’elenco delle opere sicure di un autore, poeta, romanziere, architetto, pittore, scultore, fondato su documenti storici validi o su interpretazioni critiche di prestigio e convincenti.
In tutti i regesti, che vengono continuamente ripresi da storici e critici nelle pubblicazioni dedicate al Brunelleschi, in molte opere di divulgazione c’è un capitolo riservato a Castel Sismondo.
Gli storici e i critici di tutto il mondo ammirano e studiano Castel Sismondo come opera dell’immenso architetto fiorentino, a Rimini i componenti del mainstream…
ALESSIA
Prof cos’è il mains…?
PROFESSORE
Mi faccio schifo a usare un’espressione inglese per dire “l’eletta degli storici e dei critici locali più prestigiosi, più influenti” che accreditano o non accreditano le verità artistiche e storiche di Rimini. Adesso questi signori, di cui fanno parte gli amministratori comunali pro tempore, e la signora Cesira, non possono certo ignorare i documenti citati, magari li citano ma non li tengono in considerazione. Non tutti e non gli studiosi giovani… ma anche loro, e io stesso per lungo tempo, siamo rimasti sotto la malia ipnotica dell’aura malefica di una tradizione culturale municipale negativa, tradizione per molti versi grandiosa, ma per altri piena di errori e di falsi. Fateci caso, quasi sempre tutti i riminesi che citano il castello, non citano l’autore fiorentino, se non di passaggio e senza farci un gran caso.
PERCHÈ LA ‘VISION’ DEL SINDACO ANDREA CHE STA FACENDO IL MUSEO FELLINI DENTRO IL CASTELLO È RIDICOLA?
ALESSIA
Così lei, Bononia Docet, si è prefisso, nel tramonto della sua vita, di riportare a Rimini il Brunelleschi, proprio mentre Andrea… Gnassi lo sta trasformando nel museo Fellini e dice che proprio Fellini aiuterà i Riminesi ad apprezzare il Castello malatestiano.
PROFESSORE
Che è come dire che le riminesi di Fellini, la Saraghina, o la Gradisca, o la Volpina, o la tabaccaia dalle tettone, o la suora nana faranno conoscere e apprezzare Francesca da Polenta cantata da Dante e molti altri dei sommi letterati italiani, Parisina Malatesta Este cantata da Byron, Costanza Malatesta Este, Isotta degli Atti, Violante Bentivoglio, e anche che i personaggi maschi pataca assortiti di Amarcord introdurranno nell’attenzione e memoria dei Riminesi i dodici Signori di Rimini: Malatesta da Verucchio, Malatestino, Ferrantino, Pandolfo, Malatesta Guastafamiglia, Galeotto, Malatesta Ungaro, Carlo – che nella storiografia europea è il più famoso di tutti, a lui i papi devono il loro ripristino a Roma e la continuità apostolica e la fine del Grande Scisma – il beato Galeotto Roberto, Sigismondo Pandolfo, Roberto il Magnifico e Pandolfaccio… Andrea? Lo conosci.
ALESSIA
Chi io?.. No, lo conosco come tutti.
PROFESSORE
M’era sembrato. Ma non parliamo di cose sgradevoli. No anzi parliamone. Vedete che hanno recintato e oscurato un’area tra i castello e il teatro. Gli archeologi medievali, che per legge devono fare esplorazioni delle aree urbane che vengono scavate e ricostruite, si dice abbiano trovato le fondamenta di case e palazzi e una chiesa, edifici che Sigismondo Pandolfo fece abbattere per avere una piazza davanti al suo castello. Nei butti delle case, cioè nelle buche o stanzini dei rifiuti si trovano in genere tesori di ceramica, vetro, armi, elmi e altre meraviglie…Se la storia tutta intera e l’arte, non solo il nome di un regista, la cui fama sta velocemente tramontando, e che ha trattato molto male Rimini e le sue donne – dove sono finite le femminisite riminesi? -, entrasse nella ‘vision’ di Andrea… qui sorgerebbe un parco archeologico, ma lui, Andrea, vuole farci erigere un circo equestre, il secondo museo Fellini… Per questo hanno tagliato cinque piante centenarie, con la scusa che erano malate, pensate se questa logica prevalesse in ospedale… Ma poi Andrea si era impegnato a rispettarle, poi ci ha presentato il fatto compiuto, quella lingua biforcuta…
ALESSIA
Ma prof anche lei lo chiama Andrea…
PROFESSORE
Lo sapete bene perché. Sono andato a trovarlo una volta, per cercare di convincerlo a non fare il museo Fellini nel castello. E allora cosa ci mettiamo dentro? Mi aveva chiesto. Gli avevo risposto: «Se proprio vuoi metterci dentro qualcosa, mettici i reperti medievali e rinascimentali del Museo della Città». Manlio Masini aveva scritto, più correttamente, che il castello è il museo di se stesso… Ma Andrea non ci sentiva. Quello che mi ha colpito in quell’incontro, è stata la reazione di Andrea quando gli ho detto che non doveva prendersela con quelli che lo attaccavano, perché essere attaccato faceva parte del suo mestiere di sindaco. E sapete cosa mi ha risposto? Che lui da bambino nel Borgo di San Giuliano era a capo di una banda che tirava i sassi ai bambini nemici.
Mi sono chiesto da dove veniva questa infantile mancanza di spirito democratico verso i suoi critici e oppositori e mi son ricordato che Andrea è stato educato politicamente dai veterocomunisti, e che capisce la democrazia come “Centralismo Democratico”.
CHRISTIAN
L’ho già sentito questo concetto di “Centralismo Democratico”, sarebbe?
PROFESSORE
Ma non ve l’ho già detto? Bè, insomma, è il modo che aveva il Partito Comunista Italiano di tenere uniti tutti i Compagni, come un esercito: arrivava un foglio di disposizioni da Roma, da Via Botteghe Oscure, e in tutte le sezioni dove il foglio era stato letto tutti i Comunisti si alzavano, secondo l’ordine della beccata, a dire che erano d’accordo col Compagno Segretario; se qualcuno faceva qualche obbiezione veniva subito espulso come un nemico.
Come vedete una logica da esercito rivoluzionario… che non poteva fare la rivoluzione qui da noi e che è finito nelle mani incredibili di D’Alema e di Veltroni… Ovvio che, finita la gerarchia del PCI, tutti i capetti sopravvissuti si sono sentiti eredi del Segretario generale, piccoli Stalin, piccoli despoti, ce n’erano anche a scuola al tempo del ministro comunista; vogliono pensare per tutti, imporre a tutti la loro ‘vision’ culturale, discussa solo con se stessi, e approvata da una corte di lecchini opportunisti, e considerano dei nemici da punire quelli che dissentono.
LA PROVA ‘CRITICA’ DELL’AUTORIA BRUNELLESCHIANA: LA DESCRIZIONE DI PIERO DELLA FRANCESCA
Ma torniamo al nostro castello. Roberto Longhi diceva che le due prove documentali sono importanti ma non contavano niente se l’opera che indicano poi non si rivelava all’altezza delle altre opere dell’autore a cui è attribuita, nel nostro caso, possiamo dire che Castel Sismondo è degno delle opere del Brunelleschi?
ALESSIA
Lo possiamo?
PROFESSORE
Certo che sì Alessia… proprio non conosci Andrea? Sai, mi spiegherei, se tu lo conoscessi, la tua accettabilissima e simpatica parte del bastian contrario, che, ripeto, mi sta benissimo…
CHRISTIAN
Sa prof, Alessia dice spesso che è un bel ragazzo…
ALESSIA
Anche tu Christian…
PROFESSORE
Abbiamo sempre avuto sotto gli occhi il più bel commento coevo, che dice a tutti: è un castello bellissimo del padre della prospettiva. Intendo parlare del ‘ritratto’ di Castel Sismondo dipinto da Piero della Francesca nell’oculo dell’affresco “Sigismondo Pandolfo Malatesta venera San Sigismondo”, oggi purtroppo spostato dal luogo originario in una cappella del Tempio, dove il tale che l’ha fatto spostare avrebbe voluto dipingerlo.
E’ un fenomeno incredibile, ma purtroppo vero: ogni sindaco dal dopoguerra ad oggi ha voluto distruggere o manipolare gravemente un monumento di Rimini, distruggere come una sorta di manifestazione di potere personale, da Cesare Bianchini, che con i disoccupati si mise a distruggere il Kursaal, ad Andrea Gnassi che ha manipolato i dintorni del ponte romano… per non parlare dei vescovi…
Castel Sismondo nell’affresco appare in un occhio circolare in basso, forando l’architettura a paraste ispirato a un motivo Leon Battista Alberti, già presente nella cappella di San Sigismondo del Tempio Malatestiano, e da ultimo nella base del monumento funebre del padre Pandolfo III a Fano.
Questo oculo circolare allude al fatto apparente del disordine della pianta delle mura, che seguono linee spezzate, e dell’ubicazione delle torri, in realtà mura e torri sono inscrivibili in più cerchi o quadrati. E uno. Poi il castello appare come un enigma prospettico – a più punti di vista – con delle strane coincidenze delle linee estreme di mura e torri che nasconde parte della merlatura. Torneremo su questo. E’ lo stesso punto di vista del castello sulle monete di Matteo de Pasti e nella rappresentazione di Rimini a volo d’uccello del bassorilievo di Agostino di Duccio nel Tempio Malatestiano. Queste tre coincidenze precise di forme dipinte, coniate e scolpite fanno pensare alla dipendenza delle tre vedute da un disegno prospettico del Brunelleschi perduto ma testimoniato come un archetipo testuale.
LA METAFORA PRINCIPALE DELLA PIRAMIDE
E due. Che vi sia stata e che si sia notata fin dai primi tempi una volontà formale nella progettazione riminese del Brunelleschi, oltre alla ovvia e ben calcolata funzione e struttura difensiva e offensiva, lo si capisce dalla metafora principe che Roberto Valturio usa all’inizio della descrizione del castello nella sua famosa opera De re militari, primo libro, terzo capitolo. Tratta proprio della difesa a scarpa che contiene dalle due parti il fossato:
“Primo versus urbem ambitu Emicicli formam habens promuralis vix credibilis; profunditas quae pyrrhamidum instar proclivis a fundamentis errigitur.”
Non facile da tradurre per me, comunque chiaro: “Nel primo recinto (c’è) un promurale [cioè una difesa davanti al muro vero e proprio del castello; si tratta di quel tipo di muro merlato basso rispetto al piano che circonda il castello, ma incidente su un profondo fossato, che si chiama anche “falsabraga”, e con altri nomi ancora], a stento credibile da descrivere; (e) viene eretto un muro profondo in pendenza da terra simile alle piramidi.”
Il Valturio ha descritto quello che vedremmo se il fossato nella sua parte anteriore venisse scavato, i muri del fossato sono a scarpa, ossia obliqui sia all’esterno che all’interno in modo da rendere il castello simile alle piramidi. Effetto piramidale che si vede anche nelle “scarpe” o muri obliqui di base delle torri. Le sei torri di Castel Sismondo, cinque davanti, una dietro piccola e oggi poco visibile, sono a base rettangolare, certamente per influenza dell’architetto fiorentino, perché Sigismondo Pandolfo le ha fatte a base rettangolare o vicina al quadrato solo in Castel Sismondo e in parte nel castello di Fano, altrimenti le faceva a base poligonale. Ma la scarpatura è anch’essa una costante dell’architettura ossidionale del Malatesta. Effetto di piramide hanno le tre torricelle della rocca di Santarcangelo, erette con il grande torrione di Carlo, e l’evoluzione di questa tipologia culmina nella torre piramidale del recinto esterno del castello di Gradara, posteriore a Sigismondo, nella quale non si vede un muro diritto, ma la scarpa comincia direttamente sotto i merli.
Allora aveva ragione Gaetano Milanesi quando ipotizzava una collaborazione tra Filippo Brunelleschi e Sigismondo Pandolfo Malatesta?
Certamente. Sigismondo Pandolfo, come tutti i suoi pari, aveva un consiglio di guerra, formato da esperti, vecchi guerrieri, uomini che avevano seguito e descritto gli assedi, e c’era lo stesso Roberto Valturio esperto della guerra degli Antichi. In questo consiglio aveva ospitato Leon Battista Alberti e nel 1438, se non prima a Firenze, Filippo Brunellaschi. Ci sono brani nel De re aedificatoria di Leon Battista Alberti, che attestano la sua presenza nel consiglio di guerra del Malatesta. E l’Alberti forse ha accompagnato Sigismondo Pandolfo e il Brunelleschi nella visita allo scacchiere malatestiano dell’autunno del 1438, trovandosi non tanto lontano, con la corte pontificia a Ferrara per il Concilio dell’Unione.
LA DIFESA ANAMORFICA DI CASTEL SISMONDO
ALESSIA
Prof cosa sono quelle righe rosse che ha segnato nelle immagini che ci ha dato del castello di Piero della Francesca e di Matteo de Pasti?
PROFESSORE
Sono indicazioni di un’immagine anamorfica. Aspetta, Alessia, te lo dico subito: l’anamorfosi è un fenomeno ottico che allarga e restringe un’immagine. Consiste in un ingrandimento o allungamento della dimensione orizzontale ferma restando quella verticale
CHRISTIAN
Ma certo Alessia, non ricordi? Attilio ci ha mostrato quel quadro di Hans Holbein, Gli ambasciatori francesi alla corte del re d’Inghilterra. Ai piedi degli ambasciatori c’è una specie di osso di seppia. Questa immagine un poco astratta, man mano che ti sposti a destra e la guardi si riduce fino ad apparire un teschio.
PROFESSORE
Bravo come sempre il nostro Christian…
ALESSIA
Prof la smetta di vezzeggiare Christian, dobbiamo tutti i giorni sopportarlo noi in classe…
PROFESSORE
E’ vero, la smetto, poi Christian non ha bisogno del mio “vezzeggiare”…Va bè, la difesa anamorfica del castello ve la dimostro in piazza Cavour.
I tre sono arrivati sul marciapiede della piazza dal lato della Pescheria, poco dopo la fontana.
PROFESSORE
Ecco qui ragazzi, in questo preciso posto, guardate la torre, il suo profilo destro coincide con quello sinistro dell’Arengo vedete?
Adesso ci spostiamo verso il corso… cosa vediamo tra i due profili?
CHRISTIAN
Vediamo il muro dell’Arengo merlato, che prima non si vedeva. Se ci fossero tra i merli dei guerrieri, li vedremmo per la prima volta.
PROFESSORE
Esattamente. Il Brunelleschi, immaginiamo, avrebbe detto a Sigismondo: Per un attimo, gli assalitori saranno sorpresi, fermi, in quell’attimo saranno ottimi bersagli per arcieri e balestrieri.
CHRISTIAN
Adesso capisco, qui avviene il contrario di quello che si vede nel quadro dell’Holbein, là una superficie larga si restringe. Qui una superficie stretta, che nasconde i difensori, si allarga… Fantastico…
PROFESSORE
Bene ragazzi. Credo che prima di farci il Tempio Malatestiano ci occuperemo ancora di Castel Sismondo. Forse vado a vedere il cantiere archeologico. Forse scrivo un file su “Rimini 2.0”.
Immagine d’apertura: Filippo Brunelleschi, Castel Sismondo 1437-1446
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