Il colle di Covignano agli albori del turismo riminese

Il colle di Covignano agli albori del turismo riminese

Da villa Alvarado, che dava ospitalità ai viaggiatori del Grand Tour, alla tenuta Galvanina, fino a un'idea imprenditoriale che poi farà la fortuna della costa. Intervista ad Alfredo Monterumisi, che parla del progetto di far rientrare i Colli di Rimini e Valle del Rubicone in un itinerario culturale europeo.

Nelle recenti rilevazioni del 16 dicembre, Confindustria denuncia una fase di stagnazione dell’economia, ma afferma anche che è da rilevare il turismo da record che tiene a galla l’Italia. Questo focus del centro studi Confindustria rimarca quanto il settore oggi appaia decisivo per la dinamica del Pil (prodotto interno lordo). Voglio parlarne con Alfredo Monterumisi, instancabile sostenitore del turismo storico enogastronomico.
Attraversato il bel portale piantato su via Soardi da più di 400 anni, lo trovo là, nella sede della prima Ambasciata delle Città del Vino d’Europa, nata nel 2019 grazie ai suoi sforzi e meriti. Monterumisi ha sempre creduto nel tipo di turismo appena citato che unito a quello culturale, egli considera da sempre un valido ariete per contrastare il cronico stallo della claudicante economia italiana. Come presumevo, Monterumisi è a conoscenza della notizia battuta dalle agenzie di stampa.

Alfredo Monterumisi nella sua Ambasciata delle Città del Vino d’Europa in via Soardi.

A quanto pare, come sempre il turismo italiano è un traino economico.
«Su questo non avevo dubbi, a prescindere dal momento contingente. Del resto, se è vero che quest’anno si festeggia il 180° compleanno della Rimini balneare, ho notizia che Rimini fosse una meta turistica già nel 1700 con il Grand Tour europeo».
(Tra ‘700 e ‘800 il “Grand Tour” consisteva in un viaggio tra le principali città e zone d’interesse artistico e culturale europee, tappa fondamentale nell’educazione dei ragazzi di buona famiglia. Neanche a dirlo, l’Italia con Roma e i resti archeologici e l’arte, rappresentava la meta fulcro del Tour; su Rimini 2.0 Moreno Neri ha scritto magnifici articoli sull’argomento, ndr).

Rimini già frequentata da turisti nel ‘700 è frutto di congetture o documentazione storica?
«Premetto che sto facendo una ricerca storica per far rientrare l’itinerario Colli di Rimini e Valle del Rubicone in Iter Vitis».

Che sarebbe?
«Iter Vitis Italia è l’associazione (no – profit) di riferimento dell’omonimo Itinerario Culturale Europeo in Italia, un programma promosso dal Consiglio d’Europa di cui fanno parte, per citare alcuni esempi tra i più famosi e conosciuti, il Cammino di Santiago di Compostela, la Via Francigena o la Rotta dei Fenici.
Per fare in modo che il nostro itinerario possa utilizzare il marchio ufficiale di Iter Vitis, si deve fare domanda, compilare moduli e soprattutto mettere in evidenza l’interesse storico del territorio perché questo è definibile come percorso culturale. E durante la ricerca mi è tornato in mente che nel 1999 al convento delle Grazie conobbi padre Giambattista Montorsi, un frate minore, sacerdote laureato in teologia, educatore e scrittore. Iniziai a frequentarlo e da lui ricevetti molte informazioni sul convento, sulla Via crucis e sulla villa Alvarado».

Villa Alvarado a Covignano.

Il Museo degli Sguardi presso il Santuario della Beata Vergine delle Grazie, sul colle di Covignano?
«Sì. Il frate mi disse che nel XVIII secolo Rimini era una meta del Grand Tour delle città d’arte minori, ma anche una delle località dove sostavano i pellegrini che viaggiavano per devozione lungo la via Adriatica, l’attuale Strada Statale 16 che collegava il santuario di Sant’Antonio da Padova con la Santa casa della Madonna di Loreto e pure con Roma. I pellegrini venivano accolti e rifocillati dai frati francescani presso il convento accanto al Santuario della Madonna delle Grazie. Nel 1721, il nobile spagnolo don Giovanni Antonio De Alvarado, cavaliere di San Giacomo di Compostela o Ordine di San Giacomo della Spada, antico ordine monastico militare, era segretario in Italia dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Risparmio al lettore la sfilza di onorificenze e incarichi, ma garantisco l’imponente caratura del personaggio. A 50 anni di età, De Alvarado rinuncia ai mandati politici e amministrativi per abbracciare il terzo ordine francescano. Si trasferisce quindi a Rimini presso il convento delle Grazie. I frati gli affidano una porzione di terreno nei pressi del sagrato della chiesa dove il nobile spagnolo fa edificare la propria dimora. In essa, De Alvarado inizia a ospitare i viaggiatori del Grand Tour che venivano a visitare Rimini. I proventi derivanti dall’attività li destina ad aiutare i bisognosi. Per vent’anni si dedica a generose opere di carità e alla sua morte, avvenuta nel 1741, lascia la propria abitazione in uso ai frati perché continuino le pratiche caritatevoli e l’ospitalità dei viandanti, mentre la proprietà la destina alla Santa Sede».

Quello descritto segnala perciò un certo numero di persone che viaggiano per turismo?
«Vedi, a Rimini storicamente emergono aspetti culturali, sociali ed economici tali da essere definita città di mare e non sul mare. La differenza può sembrare trascurabile, ma la nostra città rappresenta un approdo importante anche per coloro che viaggiavano via mare. Di segnali che lo attestano ce ne sono anche altri. Nel 1732 papa Clemente XII dona alla comunità di Rimini 10.000 scudi destinati ad acquistare il materiale e pagare le maestranze per costruire il faro sul porto canale. Su disegno dell’architetto senese, romano d’adozione, Sebastiano Cipriani (c.1660 – c.1740) con l’intervento del collega napoletano Luigi Vanvitelli (1700 – 1773), l’opera viene realizzata sulle fondamenta di un fortino costruito con la sabbia e con il legno dove sono montati tre cannoni provenienti dalla rocca malatestiana a difesa della città contro eventuali aggressioni via mare e per agevolare chi volesse entrare in porto. Tra il 1756 e 1764 viene poi costruito il faro monumentale che negli anni trenta del 1900 sarà rialzato e dotato di un moderno impianto di illuminazione visibile fino a 15 miglia dalla costa».

Hai notizia di ulteriori indizi in merito a Rimini come meta turistica già nel ‘700?
«Certamente. Nel 1733 il marchese Luca Soardi acquista un vasto podere dotato di una fonte d’epoca romana la cui acqua, avendo proprietà terapeutiche, dona benessere anche a coloro che sostano al convento delle Grazie o a villa Alvarado. È la tenuta Galvanina sul colle Covignano.
Poi, nel 1749 si edifica il Collegio dei Gesuiti (oggi Museo della Città), importante centro studi per ospitare molti allievi, figli di persone benestanti, provenienti da tutto lo Stato Pontificio e non solo. Nelle fondamenta, il collegio aveva una grande cantina dove venivano custoditi gli alimenti e il vino da somministrare agli ospiti. In quel periodo, il Covignano era ricoperto di boschi e terreni coltivati a vigna e olivo. Questo fa supporre che a Rimini il turismo sia nato all’epoca dell’Illuminismo, movimento filosofico che fece capire all’uomo che attraverso la ragione e la sua opera quotidiana poteva raggiungere qualsiasi risultato ed entrare anche a far parte della ricca borghesia o della nuova nobiltà che iniziava a frequentare la nostra città».

Se non ricordo male, tempo fa mi accennasti a una pubblicazione…
«Sì, un altro elemento interessante che risale allo stesso periodo ci è tramandato dal letterato locale Aurelio de Giorgi Bertola (1753 – 1798). Nell’ultimo quarto del XVIII secolo, egli effettua un Grand Tour al contrario. Parte da Rimini per visitare le località fondate dai romani durante l’Impero sulle rive del Reno e del Mosella. Arrivato nella zona, Bertola nota che in quell’area esistono molti vigneti, retaggio delle conquiste di quei generosi territori da parte delle centurie romane. Intrapresa la navigazione sul Reno, la trascrive in un libro da cui nasce la prima strada dedicata alla vite e al vino, diventata poi un paradigma enoturistico.
Tutto è così collegato e tramandato, al punto che dal colle di Covignano l’idea imprenditoriale viene proiettata alla zona mare con lo stabilimento termale di acqua marina. I benefici che ne derivano, quasi per caduta, passano al litorale di Rimini. È infatti qui che i conti Alessandro e Ruggero Baldini con Claudio Tintori edificano uno stabilimento salutistico balneare, utilizzando le stesse risorse del nostro territorio di cui ancora oggi si serve il Talassoterapico di Miramare. Con il passar del tempo, il turismo avrà un’esplosione strepitosa e inaspettata. E l’incremento sarà costante, fino ad arrivare ai giorni nostri».

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