L'edizione 2019 consolida un evento unico nel panorama non solo italiano e coincide con una novità alla direzione del Meeting per l'amicizia fra i popoli. Lunga vita al Meeting, nel segno della verità.
“Noi, figli di questa città e dell’educazione ricevuta da don Giussani, avevamo nel nostro dna l’apertura, la vocazione all’incontro e alla valorizzazione di ogni espressione che sapesse di vero, la passione per la bellezza. Quello che fece la differenza fu l’intuizione, condivisa, che i grandi progetti si costruiscono insieme con chi ha il coraggio di volere il bene, prima di cercare il proprio utile”. Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, focalizza così la molla originaria e l’identità di quel fiume carsico sgorgato nella Rimini e nell’Italia del 1980 dalla esperienza di Cl e che ha dato vita all’evento più originale che sia mai apparso sulla scena pubblica non solo del nostro paese: il Meeting per l’amicizia fra i popoli.
Una Rimini e una Italia che nel frattempo hanno cambiato radicalmente i loro connotati. La chiesa universale era guidata da Giovanni Paolo II, quella di Rimini da Giovanni Locatelli. C’erano il partito comunista, la democrazia cristiana e il partito socialista. C’era il Movimento popolare. C’era il settimanale Il Sabato, che da subito comincerà a sferzare il mondo cattolico e la politica dando il “la” anche al Meeting. A capo della Regione Emilia Romagna c’era Lanfranco Turci, a palazzo Garampi Zeno Zaffagnini e poi sarebbero arrivati Massimo Conti e Marco Moretti e con essi la stagione della seppur breve rottura con l’egemonia socialcomunista al comune di Rimini. Andrea Gnassi forse cominciava a frequentare le scuole medie. Rimini riempiva le cronache nazionali con la presenza dei suoi leader nel campo del sociale (da Vincenzo Muccioli a don Benzi), il mondo della notte identificava la Riviera come luogo di divertimento attrattivo su scala internazionale, il turismo macinava ricchezza. E poi, soprattutto, c’era don Luigi Giussani, un sacerdote carismatico, educatore di un popolo con una marcata identità, controcorrente, dentro la bimillenaria istituzione chiesa con la freschezza di una gemma. Una realtà segnata dal fascino della sequela alla verità (“La verità non è relativa: una cosa è o non è; per questo vi dico: trattenete la verità”, ripeteva il Gius), lucida e disincantata nel giudicare il potere: “La morte dell’uomo è l’alienazione, e l’alienazione avviene quando l’uomo sente e giudica partendo da quello che gli dicono gli altri! In altre parole, partendo da quello che suggerisce il potere. E il potere si avvale di strumenti irresistibili per imporsi: i mezzi di comunicazione, le scuole, la propaganda, la pubblicità”. Parole di don Luigi Giussani.
Siamo arrivati al traguardo dei 40 anni del Meeting. La manifestazione di Rimini è stata e resta un grande evento. L’edizione della prossima estate si preannuncia densa. Al Meeting c’è sempre qualcosa da imparare, soprattutto dai testimoni della verità. Sarà così anche nel 2019. Ma colpisce un po’ che la presentazione della nuova edizione e l’occasione per fare il punto su questa storia di libertà, venga accompagnata dal sermone del governatore della Regione Emilia Romagna che coglie l’occasione per declamare le proprie mirabilia: il “patto per il lavoro”, il “contrasto ai cambiamenti climatici”, la “legge urbanistica regionale che ha il proprio cardine nell’obiettivo del consumo di suolo a saldo zero”, il “reddito di solidarietà” o “l’abolizione del superticket su farmaci, visite ed esami”, eccetera eccetera. Sta di fatto che Stefano Bonaccini vede nel Meeting un luogo che contrasta “il vento antistorico delle chiusure, degli arretramenti, della paura del diverso, dei muri che si alzano, della perdita della verità in favore delle fake news”. E se Emilia Guarnieri fa sua l’analisi del Censis (“Viviamo nel paese che il Censis descrive come “impaurito, incattivito, impoverito”, ha detto, ma magari sarebbe interessante chiedersi se il paese si sia trasformato in questo modo a seguito dell’insediamento di un governo gialloverde, oppure se si stiano raccogliendo oggi frutti che sono cresciuti rigogliosi in anni e anni di politiche di conio tecnico, made in Bruxelles e a guida destra-sinistra), significa che il Meeting procede comunque con uno spartito di un certo tipo. “La partita tra cinismo e speranza si gioca sulla responsabilità e sulla libertà di ciascuno. Dipende tutto dalla direzione verso cui puntiamo il nostro sguardo, come ricorda il titolo del 40mo Meeting, tratto da una poesia di Wojtyla, “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”, ha sottolineato la storica guida del Meeting, auspicando “per i prossimi quarant’anni che il Meeting possa ancora contribuire a tenere vivo il desiderio di tanti, giovani e adulti”.
Il manifesto dell’edizione 2019, ideato da Stefania Garuffi, mette a fuoco “uno sguardo carico di intensità e di domanda”, quello che nasce dall’occhio dell’uomo contemporaneo “bombardato di immagini, di stimoli e di input, ma ancora desideroso di qualcosa e qualcuno di autentico”. Dell’appuntamento che ci attende dal 18 al 24 agosto prossimi non è stato ovviamente svelato nulla, se non l’annuncio del nuovo sito internet, la riconferma della Mesh Area dedicata al mondo del lavoro, il Meeting Salute, mentre quello che nel 2018 era stato Move to Meet, spazio dedicato alla mobilità, quest’anno si amplierà ai temi della città “come luogo dove la persona nasce, cresce, costruisce e vive”.
Cresce il dialogo col territorio, come dimostrano anche gli interlocutori chiamati alla conferenza stampa che si è tenuta al palazzo del turismo: il sindaco di Rimini Andrea Gnassi, il presidente di Italian Exhibition Group Lorenzo Cagnoni, insieme al vescovo Francesco Lambiasi che ha portato il suo saluto.
Gnassi: “Il Meeting ha attraversato questi 40 anni come un vascello leggero e non ha mai perso la bussola. La stella polare erano e sono le persone e la loro tensione all’assoluto e alla felicità, da raggiungersi attraverso le relazioni. Per dirla come avrebbe fatto Jannacci ‘Meeting di Rimini, 40 anni senza mai andare fuori tempo’. O per meglio dire, cercando ostinatamente, costantemente di capire il tempo, senza lasciarsi sopraffare da esso”. Lui che in fatto di dialogo e ascolto della città ne sa qualcosa, ha assicurato che in questo tempo “non c’è più discussione, anzi non si cerca più il confronto”.
Cagnoni: “Sia il Meeting che il quartiere fieristico sono stati e sono sempre di più, soprattutto per chi ci ha lavorato e ci lavora oggi, un luogo di crescita positivo e dinamico, ricco di opportunità e di occasioni umane e non solo professionali”.
E parole di affetto, incoraggiamento e sostegno al Meeting sono arrivate anche dal vescovo.
Infine l’avvicendamento alla direzione del Meeting, di cui Riminiduepuntozero ha scritto lo scorso ottobre. “Sandro Ricci dopo 40 anni (di cui 36 da direttore, da quando cioè esiste la carica) ha scelto di intraprendere una nuova strada lavorativa”. Il suo lavoro di questi anni al Meeting lo definisce “un’avventura professionale e umana esaltante” e “un privilegio aver accompagnato la crescita costante della manifestazione”. A raccogliere il testimone dal 2019 sarà Emmanuele Forlani, “riminese di origine, 44 anni, una carriera brillante nelle relazioni pubbliche e nel management, già componente del cda della manifestazione”. Lunga vita al Meeting, possibilmente nel segno della verità, che non è relativa.
COMMENTI