È quello famoso, realizzato da Francesco Coghetti, di cui si sono perse le tracce. “Il sipario c’è, il teatro no”: così un articolo della stampa locale di ventotto anni fa. Ora le parti si sono invertite.
“Il Sipario Strappato” è un bellissimo film del grande regista Alfred Hitchcock, rispetto al quale però a nessuno è mai venuta in mente la puerile idea di sacrificargli una città cancellandone la storia. Qui a Rimini, dove tutto s’immagina e non siamo di meno a nessuno, siamo andati ben oltre ed abbiamo fatto di tutto per raccogliere gli elementi per produrre un film tutto nostrano, scimmiottando quel titolo. Potremmo chiamarlo “Il sipario dimenticato, arrotolato, trascurato, ma anche abbandonato” e chi più ne ha più ne metta come si suole dire. Il riferimento è al sipario originale del Teatro Galli realizzato da Francesco Coghetti.
In un vecchio articolo del Resto del Carlino del 19 aprile 1995 dal titolo “Il sipario c’è, il teatro no”, si dà conto della singolare scoperta del prezioso manufatto nei magazzini del museo, nei quali giaceva dimenticato da ben 51 anni; avete capito bene, 51 anni, ma la “dimenticanza” continua anche oggi. Prezioso perché, oltre al suo valore artistico, culturale e patrimonio per la nostra comunità, nel 1913 era valutato un milione di lire pari agli odierni 4.000.000 di euro circa; non pochi direi, ma tanto a Rimini le vere eredità culturali hanno sempre avuto una considerazione prossima al nulla, quando andava bene.
La valutazione fu fatta dalla prestigiosa rivista Emporium, che lo giudicò uno dei più pregiati sipari d’Italia. Dopo il salvataggio dalle macerie, e trasferimenti vari, finalmente fu riscoperto.
In quell’occasione patrocinata da un istituto bancario locale, sotto la supervisione della Soprintendenza, presenti autorità e storici, il sipario venne srotolato nella allora palestra che occupava la parte retrostante del teatro. Il citato articolo poi conteneva un aspetto importante; giudicato in buone condizioni dalla restauratrice Adele Pompili che assistette alle operazioni, la stessa ne stimò il restauro con un tempo occorrente di «sei mesi», ed un costo di «50 milioni di lire». E invece fu nuovamente arrotolato per consegnarlo all’oblio.
Il resto è storia, inutile ripeterla. Su Rimini 2.0 la questione è stata affrontata più volte qui, qui, qui e in altri articoli.
Forse saremo monotoni e ripetitivi, ma ciò è nulla di fronte all’indifferenza con cui si trattano certe testimonianze del passato, anche perché era ovvio e scontato che per la ricostruzione del Teatro cittadino, il suo originario sipario, anima di quel tempio di cultura, avrebbe dovuto essere lì al suo posto, mostrandosi in tutta la sua ritrovata bellezza. Ma il rammarico sta anche nel fatto che si sono spesi fiumi di denaro per improbabili accrocchi passati per cultura, e non si sono ancora volute trovare le risorse economiche per quell’operazione di restauro; disattenzione, ignoranza culturale o strane ideologie?
Invero nella rappresentazione dell’Aroldo del 27 e 29 agosto del 2021, il sipario, con grande emozione tra il pubblico, fu mostrato virtualmente in uno scenario che ripercorreva la distruzione e ricostruzione del Galli. Ma si sa, sebbene abbiamo tante opere d’arte originali, dobbiamo sempre affidarci a cose sostitutive immateriali.
Tornando poi all’articolo del quotidiano, si afferma quasi alla fine: «In questi dieci anni è successo di tutto (riferito al travagliato iter della ricostruzione del teatro, ndr), compresa la scoperta che l’area di Piazza Malatesta era vincolata e che bastava e basta farci un buco per scoprire beni archeologici». Ma come è possibile, dato che è stata realizzata un’enorme vasca in cemento armato per una ridicola fontana (?), e che prima di cementare massicciamente tutta l’area il cessato sindaco ci ha rassicurati che al di sotto non c’era proprio nulla, tanto meno la tomba di Dracula? Ma si sa, diversamente dalla politica, la stampa spesso esagera.
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