Il “tornado” che non t’aspetti sulla spiaggia di Bellariva

Il “tornado” che non t’aspetti sulla spiaggia di Bellariva

Da venerdì 2 luglio entra nel vivo il campionato italiano imbarcazioni a vela che vedrà sfrecciare i caratteristici scafi a catamarano con equipaggi di due persone. E' l'occasione per conoscere chi ha realizzato (totalmente a proprie spese) e tiene vivo questo circolo velico.

Sul lungomare Giuseppe di Vittorio tra il bagno 88 e 89 a Bellariva di Rimini, una sfilata di alberi e boma interrompono lo sguardo sulla distesa azzurra dell’Adriatico: segnalano la presenza del circolo velico “Punto Vela Bellariva”, nato nei lontani anni ’80 per sfruttare i generosi refoli di Eolo. E proprio qui, davanti allo specchio di mare del circolo velico, sotto l’egida della Federazione Italiana Vela si svolgerà il Campionato Italiano imbarcazioni a vela, classe “Tornado”, catamarani che prevedono un equipaggio di due persone: timoniere e prodiere. Le prove, con inizio venerdì 2 luglio alle 14, proseguiranno nelle giornate di sabato e domenica. Sono previsti premi per i primi tre equipaggi classificati e, come specificato dal Comitato Organizzatore, a suo insindacabile giudizio potranno essere assegnati ulteriori riconoscimenti. La premiazione avrà luogo al termine di tutte le prove. In calendario, la settimana successiva, l’11 luglio, il Trofeo Città di Rimini. Voglio saperne di più, specialmente della scuola di vela, disciplina altamente educativa per i giovani.

Incontro il vicepresidente Maurizio Rossi, istruttore e archeologo subacqueo e Luciano Censoni, direttore sportivo, infaticabile istruttore “turbovela” del circolo. Entrambi, di miglia marine, alle spalle ne hanno molte. Le risposte alle mie domande sono la summa dei punti di vista di entrambi a cui si sono in seguito aggiunte anche le voci del presidente Fabrizio Foschini e dell’ex presidente Valerio Chiriatti.

Da quanti anni, questa bella distesa di scafi è adagiata sulla sabbia di Bellariva?
«Dal 2011. È da un decennio esatto che abbiamo avuto la sospirata concessione. Va sottolineato che la nostra è un’attività a indirizzo prettamente sportivo. Abbiamo una scuola vela che negli anni ha avuto moltissimi allievi, non in numero esagerato, ma costante, fino ad ottenere l’attuale posizione. Per la spiaggia di Rimini questa è una struttura all’avanguardia, frequentata prevalentemente da persone che amano la barca a vela e in particolare i catamarani. Tra i nostri soci ci sono velisti di Faenza, di Bologna e addirittura di Milano. Tengono qui la loro imbarcazione anche perché questo è l’unico spazio che Rimini offre per tenere in rimessaggio piccole imbarcazioni. Qui, tra l’altro, c’è un approdo naturale: la spiaggia. È anche meno complicato uscire in mare rispetto al porto, dove si sono sempre riscontrati vari problemi sia per normative di carattere amministrativo che fisico poiché lo spazio di manovra, in un porto è naturalmente meno ampio. È ovvio che anche noi disponiamo di un’apposita corsia segnalata da boe che tecnicamente è definita con il termine “corridoio di lancio”. Proprio questa mattina, abbiamo iniziato la scuola ai ragazzi. Cerchiamo di strapparli al calcio, come dice spesso Maurizio Rossi».

So che il tipo di scafo protagonista della regata in programma, in passato è stato “classe olimpica”. A rimini si cerca di perpetuare la tradizione con un evento velico importante. È così?
«Il “Tornado” è stato classe olimpica per 32 anni. Soppresso nel 2008 è stato sostituito con un catamarano più piccolo, il “Nacra 17”. Cerchiamo di mantenere comunque vivo l’interesse e l’utilizzo del “Tornado” che ha rappresentato una delle classi più longeve delle olimpiadi e tuttora è una barca estremamente competitiva grazie ai circa 50 metri quadrati di velatura. Questi le consentono prestazioni interessanti anche con poco vento. Il sollevamento dello scafo dal pelo dell’acqua è notevole e spettacolare.
Due anni fa la nostra città è stata scelta per ospitare il campionato europeo, quest’anno quello italiano lo organizziamo noi del Circolo Velico Punto Vela Bellariva (associazione sportiva dilettantistica affiliato Federazione Italiana Vela)».

Il “ds” Luciano Censoni gareggia con il Tornado da quasi 50 anni. Ha partecipato a 39 “Vele di Pasqua” (competizione internazionale dedicata a diverse classi di pluriscafi), due campionati del mondo, diversi europei e fino a quando figurava come classe olimpica, tutti i campionati italiani “Tornado”, circa una quindicina. Si può ben dire che localmente questo tipo di scafo faccia giustamente la parte del leone.

Una scuola come la vostra, associata F.I.V., non va frettolosamente intesa come un posto dove si impara semplicemente l’arte di veleggiare, ma un luogo in cui si apprende quanto sia importante in primis il rispetto del mare come elemento vitale per l’uomo, e subito dopo sapersi muovere sulla barca tenendo ben presente che l’incolumità dell’equipaggio dipende dalla capacità di ognuno di rapportarsi con il mezzo che si governa e con il mare. Come avete avuto l’idea di aprire una scuola?
«Qui, il tutto è nato come rimessaggio di barche, ma poi abbiamo sentito la necessità di insegnare ai giovani ad andare per mare. Del resto, in Italia 7.500 chilometri di costa sono un incentivo notevole. Una volta istituita la scuola di vela, questa ha avuto una diffusione tale che ora la nostra attività ne è quasi totalmente assorbita. In effetti insegniamo ai ragazzi ad avere la giusta soggezione dell’elemento acqua e in modo particolare di esserne rispettosi sotto il punto di vista ecologico. Su questo, speriamo di non essere troppo in ritardo. Detto ciò, di fatto non abbiamo una struttura adeguata che ci consenta di operare quando ci sono condizioni meteo avverse. In pratica, una vera sede dove riunirsi o fare lezioni in caso di brutto tempo e magari anche in inverno».

State dicendo che in pratica, la vostra è un unicum italiano: una scuola senza aula. Capisco che un principio di chi voglia andare a vela è prendere la vita con filosofia, ma da qui a rifondare la “scuola peripatetica” di Aristotele, ce ne corre…
«I tre mesi canonici (da metà giugno a metà agosto) di didattica spesso si assottigliano causa maltempo. Il problema è che quando piove o c’è vento troppo forte siamo costretti a mandare a casa i bambini. La cosa è inconcepibile. Abbiamo proposto alla Pubblica Amministrazione un allargamento della struttura in modo da ricavare una saletta con un tavolo, delle sedie e un armadietto o due per riporre il materiale didattico. Sarebbero sufficienti una quarantina di metri in tutto. C’è già un progetto presentato. Ci basterebbe che potesse essere preso in considerazione per venire almeno discusso. Indubbiamente abbiamo bisogno di più spazio. La nostra attività si riduce a due soli mesi. Domani ho scuola. Se piove, la lezione salta. E devo mandare via i bambini perché non sappiamo dove andare».

Passando sul lungomare, la vostra sede è bella e ben tenuta. È opera del Comune o di privati? Non nascondo che poi, a vedere quella distesa di scafi fa venire voglia di salirci e partire…
«Il Comune di Rimini non ha speso nemmeno un centesimo. Noi soci fondatori abbiamo anticipato i soldi per inventarci, costituire e costruire il circolo velico che tra l’altro, e non va dimenticato, è un’iniziativa di promozione per tutta la città, ma soprattutto per la spiaggia. Siamo stati gli unici ad avere avuto il coraggio di affrontare 200.000 euro di spesa per questa struttura. Altre associazioni erano interessate alla spiaggia libera di fianco ma dovendo affrontare costi così alti si sono ritirate. Noi invece, abbassate le orecchie, ci siamo auto finanziati. L’amministrazione, anche politicamente, dovrebbe tenere in conto iniziative che portano lustro (gratis) alla città. Presentarsi solo per inaugurazioni o premiazioni è un po’ pochino. E anche le promesse non bastano più. Specialmente per un’associazione come questa che non ha fini speculativi. Basterebbe che il Comune ci desse una mano; che poi equivale ad aiutar sé stesso».

In effetti, associazioni come la vostra, portano gente in riviera che poi spende negli alberghi, nei bar, nei ristoranti e così via. Considerazioni, queste, di immediata comprensione.
«Intendiamo evidenziare solo il fatto che abbiamo vari problemi con la struttura. I soci fondatori hanno anticipato i soldi al circolo, ma a dieci anni di distanza, non sono ancora rientrati delle somme conferite allora. La scuola ha un paio di istruttori, ma non altre persone che li coadiuvino. Anche per l’ufficio facciamo da soli e in economia. Ci sono molte uscite, ma nessun introito se non le quote sociali, del resto piuttosto basse. E abbiamo le barche, ma non i giovani che possano ulteriormente sviluppare la scuola, per cui tutto rimane in un alveo molto limitato che potremmo definire prettamente artigianale. Questo, tecnicamente è un “comparto speciale”, come definito dal piano spiaggia del 2011. La definizione stessa sta a significare che teoricamente questo luogo potrebbe superare tutti i vincoli che normalmente ci sono. Di fatto, per qualsiasi attività che poniamo in essere veniamo considerati alla stregua di un’attività commerciale anche se questa non è non sarà mai una zona di balneazione come quella in concessione ai bagnini».

In definitiva, avreste assoluto bisogno che l’Amministrazione comunale vi sostenesse come fa con altri settori dello sport che sappiamo che vengono sostenuti e foraggiati.
«Per il momento non abbiamo visto grande disponibilità se non a parole, ma forse qualcosa si sta muovendo. Pochissimi giorni fa abbiamo avuto un contatto telefonico per combinare un incontro con il geometra che ci segue. Vedremo se dalle parole si passa a un minimo di concretezza. Non c’è ragione per cui il Comune non debba aiutarci. Se non finanziariamente (cosa mai fatta finora), almeno per agevolarci nelle autorizzazioni e per quanto concerne le pratiche burocratiche in genere. Ci rendiamo conto che gli sport non sono tutti uguali, che hanno un peso politico diverso, soprattutto le attività che non gravitano nell’orbita del calcio, invariabilmente penalizzate. Abbiamo assoluta necessità di una spinta, ma per una volta non possiamo affidarci a Eolo, come d’abitudine».

Allora vi auguro che Palazzo Garampi vi dia “buon vento”…

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