In tanti per piangere la giovane “prof” della Karis nell’ultimo saluto ecumenico

In tanti per piangere la giovane “prof” della Karis nell’ultimo saluto ecumenico

La prematura scomparsa di Colette Elisabetta Renee Rickards, di soli 37 anni

C’erano ortodossi, protestanti e cattolici. Tantissime persone hanno partecipato ai funerali di Colette Elisabetta Renee Rickards, da circa sei anni insegnante madrelingua di inglese nelle scuole della Karis e che da un paio d'anni era entrata a far parte della comunità ortodossa. Le parole del marito, del figlio minore e di padre Corallo.

Una donna che muore a 37 anni, passando attraverso il dolore della malattia, genera sempre partecipazione, ma la prematura scomparsa di Colette Elisabetta Renee Rickards è un evento che merita di essere rimarcato. Nella città di Rimini Colette viveva dagli anni 2000 col marito Cristiano Nobili e i suoi due adorati figli, Joshua e Daniel.

Colette

Colette, nata a Filadelfia negli Stati Uniti nella confessione cristiana evangelica, infatti, era entrata a far parte della comunità ortodossa da un paio d’anni e da sei anni circa era insegnante madrelingua di inglese nelle scuole della Karis di Rimini. Scuole che, come lei stessa diceva, soprattutto in questi mesi, per lei più che un ambito professionale erano diventate “la sua seconda famiglia”. Era una donna di grande fede e umanità la cui simpatia coinvolgeva i suoi famigliari, gli alunni, i colleghi e gli amici. Una letizia, la sua, che non ha mai perso neppure negli ultimi drammatici momenti della vita. La malattia, manifestatasi alla vigilia del Natale dello scorso anno, l’ha portata via nel giro di sette mesi. E’ morta giovedì 19 luglio, il 19 novembre avrebbe compiuto 38 anni.

La comunità ortodossa riminese ha una chiesa denominata ‘cattedrale ortodossa di Rimini, San Marino e Medio Adriatico della sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia del patriarcato di Costantinopoli’. La sede dell’arcidiocesi d’Italia è a Venezia, capeggiata dal metropolita Genadios Zervos. Padre Serafino Corallo è invece responsabile della chiesa delle Celle e anche vicario generale di Rimini, San Marino e Medio Adriatico e lunedì 23 luglio ha concelebrato il rito funebre insieme all’americano padre Joel (del patriarcato ortodosso americano e che proprio in America ha accettato l’ingresso di Colette nella comunità ortodossa) e a padre Giorgio, che invece regge la comunità della chiesa ortodossa di Pesaro.

Foto Francesco Giuseppe Pianori

Tra i fedeli, che numerosi erano stipati all’interno e all’esterno dell’edificio, c’erano ortodossi, ma anche protestanti e cattolici e perfino alcuni sacerdoti cattolici, tra questi citiamo i due più implicati nelle scuole della Karis come colleghi e amici di Colette: don Stefano Vendemini (dai più conosciuto come “don Bubi”) e don Claudio Parma.

Padre Serafino racconta di avere conosciuto Colette ai tempi in cui insegnava inglese alla Karis, fra gli altri anche ai suoi figli (nella chiesa ortodossa ci sono alcuni preti sposati, non però i vescovi): “Fu lei – dice – a chiedermi di poter entrare nella chiesa ortodossa. L’ambiente delle scuole Karis è molto aperto e rispettoso della libertà di ogni persona e anche quando Colette ha detto di voler entrare nell’ortodossia non ha avuto alcun problema. Il funerale, non volendo, è stato un esempio di come la fede possa accomunare fedeli di confessioni diverse, senza con questo eliminare o negare le differenze”.

Nell’omelia, padre Serafino ha detto: “Naturalmente staccarsi da qualcuno, soprattutto con persone così giovani e vitali, è doloroso, ma lei è arrivata al suo ultimo viaggio molto ben preparata e adesso fa parte dei nuovi martiri, quelli che, pur nella dolorosa malattia e nelle grandi sofferenze, non rinnegano la fede in Cristo ma pregano di poterlo incontrare. Lunedì, nel mio ultimo incontro con lei, s’è confessata e comunicata. Ha avuto parole buone verso tutti a partire da suo marito e dai figli fino a tutti coloro che le sono stati vicini e che ha conosciuto. Ora lei è davanti a Dio non può più pregare per se stessa ma può pregare per noi (lo farà sicuramente) e noi possiamo pregare per lei. Così sarà sempre presente in mezzo a noi”.

Particolarmente toccanti sono stati anche i saluti finali del marito e del figlio minore. Cristiano il marito, legato alla comunità evangelica di San Giuliano, non tacendo anche qualche diversità di vedute per le scelte di fede della moglie, ha detto: “Vorrei solo ringraziare voi tutti ricordando la fede splendente di Colette e sono certo che anche voi come me l’avete sentita dire che la sua ultima e grande speranza è nella Resurrezione di Cristo. Come non essere d’accordo: Cristo è risorto e anche lei risorgerà con Lui nell’ultimo giorno”. E poi, cosa singolare per un evangelico, ha citato “la devozione della moglie verso l’icona, un dipinto della resurrezione di Cristo, che spesso si portava con sé quando andava a letto. A me che, come la moglie di Giobbe nella Bibbia, mi lamentavo per questa situazione di dolore e malattia, mia moglie mi rimproverava e mi diceva di smetterla perché la distraevo dal suo desiderio di andare preparata all’incontro con il Signore e mi ricordava che per questo motivo non aveva paura di morire. Nella vittoria di Cristo sulla morte, io so che un giorno anch’io risorgerò e la riabbraccerò. Non vedo l’ora”. Anche il figlio Daniel ha trovato il coraggio di dire il proprio moto d’affetto verso la madre e ringraziare “tutti coloro che ci hanno sostenuto e aiutato in questi momenti”. Alla fine delle esequie funebri, durante le quali il feretro rimane aperto secondo il rito ortodosso, i fedeli si sono avvicinati per l’ultimo saluto poi la bara è stata chiusa. Quindi è stata portata nel cimitero di Casalecchio, la zona dove abitava con la famiglia.

La Chiesa delle Celle gremita all’interno e all’esterno per l’ultimo saluto a Colette

L’aspetto ecumenico è stato tuttavia evidente anche nella preghiera funebre che ha preceduto di due giorni il funerale vero e proprio. Forse è proprio vero che il cammino dell’unità dei cristiani viene accelerato da testimonianze di vita come quella di Colette Elisabetta, ancor più di tanti convegni accademici con storici e teologi di grido. Padre Serafino è cauto ma ripete: “Le persone che subiscono questa malattia e non solo non s’arrabbiano con Dio e non perdono la fede ma accettano con letizia questa prova desiderando l’incontro col Cristo risorto, sono veramente i nuovi martiri. Nei tempi antichi e anche oggi per la verità in tante parti del mondo, si pativa la costrizione dei persecutori, oggi si soffre il dolore inferto dalla malattia”.

Anche i due sacerdoti cattolici, vicini a padre Serafino nella preghiera funebre di sabato 22 luglio, don Stefano Vendemini (don Bubi) e don Claudio Parma, hanno sottolineato come quella preghiera e la figura stessa di Colette abbiano generato e donato una vera unità nell’”unico Cristo”. E all’interno e all’esterno della piccola chiesa si sono viste persone che facevano il segno della croce da ortodossi, toccandosi dopo la fronte e il cuore, prima la spalla destra poi la sinistra; e da cattolici, che invece si segnano per primo l’omero sinistro poi quello destro. Questo “ecumenismo dal basso e dei fatti” lo si è visto anche nella messa cattolica celebrata martedì 24 nella chiesa della Riconciliazione. All’altare c’erano don Bubi che presiedeva la celebrazione e con lui c’erano anche don Claudio Parma, don Giorgio Pesaresi, don Mario Vannini e don Davide Matteini. Di fianco a loro, sul presbiterio, anche se ovviamente non coi paramenti liturgici ma come un semplice fedele, c’era anche il presbitero ortodosso padre Serafino Corallo.

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