In via Covignano è crollato sulla strada un grosso pino

In via Covignano è crollato sulla strada un grosso pino

La maestosa chioma verde dell'albero si è schiantata al suolo proprio in direzione di via del Pino. Le cause? Presto per dirlo, ma...

Sono da poco passate le 23 quando mi telefona Antonio Brandi, vicepresidente della locale sezione del WWF (“World Wide Fund for Nature”, Fondo Mondiale per la Natura). Immagino voglia aggiungere qualcosa all’intervista che mi ha rilasciato nel pomeriggio, invece è per dirmi che suo figlio lo ha avvisato che è caduto un pino in via Covignano. Appena posso, vado a vedere. Riesco a liberarmi solo dopo diverso tempo e quando arrivo è molto tardi, la via è deserta.

All’interno della zona, delimitata da nastri bianchi e rossi come si usa in queste circostanze, vedo con rammarico ciò che resta della pianta. Il tronco è segato (presumo dai Vigili del Fuoco) ed è ora disposto in vari segmenti a desta e a sinistra della carreggiata. Ironia della sorte, La croce verde della farmacia sull’angolo irraggia a intermittenza un richiamo verde. Ma per il pino è finita.

Perché sarà caduto? La motivazione dell’accaduto sarà stilata dagli agronomi nei prossimi giorni. Presumo di sapere che diranno, ma lo tengo per me. Invece mi è tornato alla mente un articolo letto qualche anno fa sul giornale (online) del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio (Co.n.al.pa.). Nel 2018, in una lunga intervista l’agronomo naturalista Giovanni Morelli, tra i massimi esperti di pini in Europa, spiega i principali motivi che portano i pini ad abbattersi al suolo. Naturalmente non c’è tempo e spazio per riportare le dettagliate e a tratti assai specialistiche risposte alle domande che gli vengono rivolte.

Riferisco solo pochissime ma incisive righe: «Se vogliamo Pini ben conformati, sani e stabili dobbiamo lasciare in pace le radici o, comunque, dobbiamo valutare attentamente le conseguenze di ogni disturbo». E ancora: «Se si verificano episodi di particolare violenza, dunque, il coinvolgimento di un Pino risulta più come evidenza statistica che come espressione di una presunta fragilità della specie. In secondo luogo, i Pini caduti hanno generalmente subìto decenni di disturbi, intromissioni e sevizie dirette o indirette: attività vivaistiche inadeguate, scarsa cura alle caratteristiche del substrato all’impianto, disturbi idrologici, calpestio, fresature delle pavimentazioni, scavi, potature sconsiderate… Insomma, più del cedimento in sé, dovrebbe stupire quanto i Pini possano sopportare prima di cedere. In questo contesto le azioni per scongiurare una “alberofobia” potrebbero limitarsi a tre: conoscere, informare e prevenire. Conoscere significa studiare i Pini e la storia “clinica” individuale degli esemplari che cedono, per relativizzare il cedimento stesso al contesto nel quale si è verificato. Informare significa combattere i luoghi comuni che impediscono un giudizio limpido e realistico sulla propensione al cedimento di questi alberi. Prevenire, infine, significa evitare tutti i disturbi che possono erodere le potenzialità di autosostentamento dei Pini». Credo non serva aggiungere altro. Ma farne tesoro, sì.

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