La lettera: se Castelsismondo è un ‘contenitore’, il set cinematografico è la morte sua! O no?

La lettera: se Castelsismondo è un ‘contenitore’, il set cinematografico è la morte sua! O no?

“La Rocca è un’opera straordinaria ma di fatto è un contenitore, cosa dovremmo farci? Il Museo della tortura o quello delle cere? Noi puntiamo a fare irrompere nel castello la tecnologia, tramite un bando internazionale, per riproporre la dimensione fellinesca dei set. L’arrivo di Fellini farà accendere ancora di più la storia di Sigismondo.” Andrea Gnassi dixit.

L’occasione è stata la presentazione dello spettacolo “Malatesta” che si svolgerà all’interno della Rocca. Occasione ghiotta, peraltro, perché il Sindaco ha potuto sciorinare nel suo modo ormai consolidato, privo di contraddittorio, il solito tradizionale e ritrito monologo che illustra la meraviglia che sta investendo la città in tema di cultura; si, proprio di cultura si parla così come riportato sui quotidiani a reti unificate.
Sono però stati aggiunti elementi nuovi, che danno la cifra di quale cultura si intenda da quelle parti. “Una volta – ha detto – avremmo vissuto un episodio teatrale a Castelsismondo e poi uscendo avremmo trovato una lingua d’asfalto e un parcheggio. Ora invece c’è la Corte a Mare, il castello riqualificato e il secondo stralcio dei lavori su piazza Malatesta.”
Oggi al posto di quel parcheggio, vi è un misto tra un triste giardinetto e un lapidario; una cosa dozzinale che svilisce la grande opera che vorrebbe invece esaltare. Anche la corte a mare, di cui si dispensano rendering a iosa che solitamente sono realizzati per mostrare migliori risultati di quelli concreti, ora completerà quel progetto.
Una sorta di percorso a ostacoli, o cavalli di frisia o sbarramenti anticarro, che nulla hanno a che vedere con l’impianto originale del Castello.

Poi Gnassi si è spinto oltre togliendosi il sassolino dalla scarpa, rispondendo a quei critici rei di non comprendere questo mirabile progetto.
“La Rocca è un’opera straordinaria ma di fatto è un contenitore” – ha spiegato – “cosa dovremmo farci? Il Museo della tortura o quello delle cere? Noi puntiamo a fare irrompere nel castello la tecnologia, tramite un bando internazionale, per riproporre la dimensione fellinesca dei set. Arte e cinema. L’arrivo di Fellini farà accendere ancora di più la storia di Sigismondo.”
E qui si comprende il vuoto culturale che ha generato il progetto, perché l’alternativa era solo tra il realizzare un “museo della tortura o quello delle cere” (!) o quello di Fellini che poteva essere allestito in altri siti a disposizione dell’Amministrazione; banalità per banalità quindi.
Perché il “contenitore”, forse alla sorta di uno scatolone, e non una delle grandi opere del Rinascimento, si sarebbe ottimamente prestato ad ospitare un grande museo dedicato a quel periodo di cui Rimini tanto dispone, grazie alla figura di Sigismondo Malatesta. Così si erano espressi i vari e veri esponenti cittadini della cultura, ed era ciò che chiedevano; oltre ad ospitare mostre tematiche, come già in passato, e come accade a Forlì che registrano numeri considerevoli di visitatori. Poi la chicca finale della dimensione “fellinesca”, grazie alla quale si darebbe ancora più risalto alla storia di Sigismondo e qui, come già non abbondasse, si aggiunge altra confusione.

Salvatore De Vita

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