La Provincia nel 2012 certificava “dubbi sulla fattibilità dell’eolico off-shore” nel mare di Rimini

La Provincia nel 2012 certificava “dubbi sulla fattibilità dell’eolico off-shore” nel mare di Rimini

Clamoroso. In questi giorni di acceso dibattito sul progetto della centrale eolica al largo della costa di Rimini, Riziero Santi non la racconta tutta. Ieri ha diffuso un comunicato nel quale ripercorre i passaggi cruciali degli ultimi anni su questo argomento. Però non ha detto a quali conclusioni arrivò il consulente scientifico che analizzò i dati raccolti dalla piattaforma Azalea. Così come non ha rivelato quel che sta scritto nelle relazioni della Provincia sull'impatto ambientale delle pale.

“In conclusione, si può constatare che ci sono dubbi sulla fattibilità dell’eolico off-shore nell’Adriatico all’altezza di Rimini, nonostante la densità della potenza sia 4-5 volte più grande di quella misurata alla costa. La velocità media del vento misurata al sito di Azalea di 5,7m / s risulta di ca. 1m / s troppo bassa per raggiungere un livello sufficiente allo sfruttamento dell’energia eolica efficiente. Tuttavia tali misure risultano sistematicamente imprecise e questo potrebbe lasciare dei margini di tollerabilità. Il presente lavoro fornisce dati che permettono la determinazione del rendimento per una specifica turbina (per il caso di tre turbine la potenza media è stata già determinato). Alla presente valutazione tecnica dovrebbe essere dunque affiancata una valutazione economica per capire se il rendimento qui stimato è tale da giustificare l’investimento”. La Provincia di Rimini che soffia con tutte le proprie forze da ormai 15 anni a favore delle pale in mezzo al mare, ma che sta raccogliendo quasi solo pareri contrari, pubblicava quelle conclusione a firma di Joerg Schweizer (col ruolo di responsabile scientifico) allegandole al “Piano di azione provinciale per promuovere il risparmio energetico e le fonti energetiche rinnovabili” (PARFER). Correva l’anno 2012. Praticamente dopo anni e anni di studi, convegni e soldi spesi, a suggello di un Piano che puntava sulle energie rinnovabili, il Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e dei Materiali dell’Università di Bologna (che aveva sottoscritto una consulenza tecnica con la Provincia di Rimini), sulla base dei dati prelevati dall’anemometro installato sulla piattaforma Azalea – B, smontava il castello eolico costruito dall’ente di corso d’Augusto con notevole impegno.

“Per quando riguarda lo sfruttamento del vento, una turbina eolica off-shore non produce energia sotto la soglia di 3 – 4 m/s (cut-off wind speed, vedi anche fig. 2). Con una velocità media di 5,7m/s, è ovvio che la turbine rimane spesso ferma. Circa 30% delle misure mostrano valori di velocità al di sotto della velocità di soglia (cut-off wind speed). Si noti, inoltre, che la velocità del vento supera i 12 m/s, valore al di sopra del quale una turbina eolica off-shore potrebbe lavorare alla massima potenza, per brevi intervalli di tempo. E’ raccomandato realizzare impianti eolici solamente in siti caratterizzati da velocità del vento che vanno dalla classe 3 in su, ovvero con v 6,9m/s ad 80m s.l.m. Adottando allora una velocità media di 5,7m / s per il sito dell’Azalea, questa risulta di ca. 1m / s troppo bassa per poter rientrare in questa classe. In conclusione, si può constatare che ci sono dubbi sulla fattibilità dell’eolico off-shore nell’Adriatico all’altezza di Rimini, nonostante la densità della potenza sia 4-5 volte più grande di quella misurata alla costa. La velocità media del vento misurata al sito di Azalea di 5,7m/s risulta di ca. 1m / s troppo bassa per raggiungere un livello sufficiente allo sfruttamento dell’energia eolica efficiente”. Questo si legge nella relazione scientifica.
Perché il presidente Riziero Santi, non ha chiarito questa evidenza, ponendola nel dibattito pubblico di questi giorni sulla centrale eolica? Eppure nel comunicato di ieri l’amministrazione provinciale cita il Piano e tutto quanto fatto negli ultimi anni, ma tace sulla notizia più rilevante. Come vedremo tace anche su altro di già elaborato dalla Provincia.

Particolare dell’Atlante eolico d’Italia

Torniamo all’elemento vento. Esiste l’Atlante eolico, contenente le mappe della velocità media del vento e della producibilità specifica per le altezze di 25, 50, 75 e 100 metri rispetto alla superficie terrestre e marina. L’Atlante raccoglie le velocità medie dei venti calcolate con modelli matematici da parte dell’Università di Genova e le mappe marine sono basate su dati satellitari e su misure dirette. Per la zona di Rimini, come si vede dalla mappa, la velocità media va dai 3-4 m/s, ai 4-5 m/s, quindi con dati molto vicini a quelli rilevati nella piattaforma Azalea, mentre le zone più favorevoli ad ospitare impianti eolici offshore sono quelle della Puglia (Gargano) e del mar Tirreno.

La piattaforma Azalea dalla quale sono stati svolti i rilevamenti

Ma Riziero Santi dimentica di raccontare anche altri elementi particolarmente importanti. Risultano dai documenti di cui la Provincia dispone, ma probabilmente di scartoffie sul tema ne ha prodotte tante da essersene dimenticata.
Progetto Interreg IV C 4 Power (Policy and public-private partnerships for offshore wind energy) che abbiamo già ricordato (qui). Sulla prima pagina compaiono i loghi della Provincia e di 4 Power. Si occupa di sviscerare le possibilità dell’eolico offshore in Italia, ma si trova anche qualche rimando al caso riminese. Anzitutto il “progetto ipotizzabile in provincia di Rimini si fonda sulla riutilizzazione delle piattaforme metanifere realizzate a partire dagli anni 60 da ENI e parzialmente inutilizzate“. Mentre il progetto di cui si è fatta promotrice Energia Wind 2020 prevede tutt’altro.
Il capitolo che non passa inosservato è quello sull’impatto ambientale di una centrale eolica offshore, che “durante la fase di realizzazione” contempla la “movimentazione del fondale marino (e conseguente parziale distruzione) a causa della realizzazione delle fondazioni delle turbine, della posa dei cavi e della realizzazione della sottostazione”, il “traffico navale indotto con conseguente dispersione di oli e soluti”, passando attraverso la “limitazione dell’area alle attività della pesca”, “alterazione della qualità dell’acqua per attività di cantiere”, “generazione di campi elettromagnetici da parte di cavi elettrici”, ed altro.
Durante “la fase di esercizio”, invece, “gli impatti di maggiore entità riguardano l’avifauna e il paesaggio“. Viene aggiunto che “gli aspetti sopra elencati sono tuttavia di lieve rilevanza” e il “bilancio costi ambientali-benefici ambientali è ampiamente positivo”, ma su questa valutazione non vengono citati studi scientifici.
Si ammette, poi, che “le possibili interferenze di qualche rilievo degli impianti eolici con la flora e la fauna riguardano l’impatto dei volativi…le specie più influenzate sono quelle dei rapaci. Gli uccelli migratori sembrano adattarsi alla presenza di questi ostacoli e in genere le collisioni sono molto contenute”. Poco rassicurante. Il problema è stato sollevato su Rimini 2.0 dal presidente Asoer Emilia Romagna e anche da quanto si legge in questa relazione, la sua richiesta di uno studio preventivo sull’impatto della centrale eolica sull’avifauna appare molto fondata.

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