L’importanza di Borgo Mazzini e una proposta per “salvare” lo scavo di via Melozzo

L’importanza di Borgo Mazzini e una proposta per “salvare” lo scavo di via Melozzo

«Vista l’importanza dei ritrovamenti che aprono nuovi spiragli sulla storia riminese e su quella del Borgo in particolare, sarebbe sbagliato ricoprire il tutto come se nulla fosse avvenuto. Trattiamolo come un investimento culturale, se non altro per non vanificare le risorse fin qui profuse».

La visita guidata di venerdì 18 giugno al sito archeologico di Via Melozzo da Forlì, ha segnato un grande successo sia di partecipazione che di gradimento. Le relative prenotazioni iniziate il martedì precedente, sono state esaurite nella stessa mattinata, tanto da dovere aggiungere altri due turni di accesso. Prova certa che questo tipo di iniziative, non solo sono richieste ed hanno successo, ma certificano grande interesse e partecipazione di pubblico.
In seguito le operazioni sono proseguite pulendo e restaurando i pavimenti a mosaico, che tecnici specializzati hanno posti in sicurezza. Ciò è consistito principalmente nel fermare la fascia delle tessere perimetrale, una sorta di “cordolo”, per potere poi indagare l’interno senza pregiudicare la stabilità della stessa struttura; ma anche per potere accedere alla piccola tomba ritrovata.
La sepoltura appartiene probabilmente ad un periodo tardo antico – alto medievale. Allora non si usava ancora seppellire i defunti presso o all’interno di edifici religiosi, ma lungo le strade fuori dalle mura cittadine come in precedenza.
E qui, come abbiamo già dato conto, esisteva una strada acciottolata più volte rinforzata nella sua sede, che dimostra il fatto di essere stata utilizzata per lungo tempo ed in varie epoche.
Poi la prova della sua datazione posteriore, ma non di tanto, all’utilizzo dell’edificio principale, perché per crearla si è prodotta una nicchia orizzontale demolendo una parte di pavimento a mosaico, appena al di sotto di quello stesso livello altimetrico. Ma al momento della sua discoperta, la tomba … era vuota. Riconfermato l’alloggiamento di un infante, i fragili resti mortali si sono probabilmente dissolti nel terreno.
Poi ancora laterizi e importanti parti di intonaco decorato, in quella parte individuata come possibile vasca termale.

Ora lancio un appello partendo da alcune considerazioni di carattere pratico.
Lo scavo in questione, tuttora in corso, è iniziato nel mese dello scorso aprile e si protrae ancora. Un’operazione costosa quindi, ma che ha reso però i suoi buoni frutti in termini di cultura e storia locale; sono fermamente convinto che questi fatti non hanno prezzo, soprattutto se si commisurano alle risorse pubbliche destinate a cose banali e futili; e tanti sono gli esempi a cui siamo ormai indignati spettatori (sic).
La zona, come è noto, è chiamata anche “il Borgo delle acque” per i tanti corsi acquiferi superficiali presenti in antichità ed ora scomparsi nel sottosuolo, ma che ancora adesso ne fanno sentire la loro presenza.
La corrente indagine archeologica è pertanto afflitta da questo fenomeno avverso, che deve essere tenuto ad un livello piezometrico minimo grazie a due pompe idrovore che funzionano quasi continuamente; una situazione difficile quindi che inciderà sulla sua destinazione finale.
E perciò si possono configurare due soluzioni: la richiusura dello scavo con la conseguente riconsegna all’oblio, o la salvaguardia dello stesso con opportune tecniche di isolamento, e la resa visibilità al pubblico. È ovvio che mentre la prima soluzione ha un costo prossimo allo zero, come peraltro il risultato finale, la seconda è di carattere più oneroso ma ben più appagante.
Detto ciò, anche per l’importanza dei ritrovamenti che aprono nuovi spiragli nella storia riminese e di quella del Borgo stesso, sarebbe disdicevole e vano ricoprire il tutto come se nulla fosse avvenuto. Trattiamolo come un investimento culturale, se non altro per non vanificare le risorse fin qui profuse.
Faccio un appello all’Amministrazione comunale segnatamente al sindaco ed all’assessore competente, e ad Hera, ciascuno per la sua parte che, ovviamente, sarebbe da definire, per i seguenti motivi.

Planimetria delle aree urbanizzate Vp1 e VP2, ai lati dell’incrocio tra via Cignani e via Melozzo da Forlì, del 2013.

Il primo. La riqualificazione della zona, come da intento delle amministrazioni “ante Gnassi”, era assai ben diversa dalla situazione odierna. Nell’area del predetto scavo già esisteva un’ipotesi di spazio verde, o comunque pedonale (?), ottimo spunto da rielaborare per valorizzare quella porzione di territorio inserendovi quella parte archeologica mostrabile. Essa, peraltro, sarebbe perfettamente compatibile con la viabilità.
Quanto al secondo. Durante la presentazione della visita guidata allo scavo archeologico la funzionaria del Museo della Città, nel suo discorso introduttivo, ha citato Hera per la sua sensibilità nel gestire queste scoperte storiche e culturali; aspetto molto apprezzabile. Di conseguenza sarebbe auspicabile che si potesse fare promotrice solidale dell’amministrazione comunale per lo stesso fine, con modalità da definirsi. Va detto che quella multiutility deve tanto a Rimini e un gesto del genere costituirebbe un gran ritorno di immagine; dimostrerebbe anche un ulteriore radicamento nel territorio.
AMIR, precedente ad Hera, e di cui quest’ultima ha preso l’eredità gestionale dei servizi, si ricorda per il restauro dell’Edicola di Via Dario Campana costruita nel 1870 per proteggere l’antica fonte romana che conduce acqua anche alla celebre Fontana della Pigna, per la pubblicazione del bel libro “Le Fontane di Rimini” del 1993, di altre benemerite iniziative legate alla cultura. Quindi sarebbe una sorta di continuità in tutti i sensi tra le due aziende.
In questo contesto potrebbe inserirsi anche a pieno titolo la manutenzione e messa in esercizio di ciò che resta dell’Antico Lavatoio. Fonte di storia popolare ed economica, semmai qualcuno decidesse di visitarlo, qualora gli si indicasse il posto, questo è lo spettacolo che si presenta; la sciatteria ostentata, che completa il quadretto della sua ridicola ricostruzione.

L’intero quadro descritto potrebbe costituire un percorso di visita turistica permanente che da Porta Montanara recasse al Lavatoio rimesso in sesto e, appunto, allo scavo in questione; magari con tanto di apparati di informazione della storia del Borgo e di ciò che è stato nel tempo fino ad oggi. Tanto per mostrare che i Borghi di Rimini non sono solo luogo di locali di mescita o ristorazione e confusione, ma anche di cultura, specie superiore a quella della scadente coatta “fellinilità”.

Oggi Borgo Mazzini, o Sant’Andrea, vive una sorta di “damnatio memoriae” forse per il fatto che persistono e resistono ancora attività commerciali di prossimità, operatori che lo amano, credono nella loro funzione e che aprono nuove botteghe, nonostante che la viabilità “creativa” renda difficile l’approvvigionamento delle merci. Anche perché vi sono ancora tante persone che vi risiedono, in un buon equilibrio temporale di benessere tra giorno e notte. Ma non ci sono locali di mescita o di ristorazione senza soluzione di continuità, ormai uniche attività incentivate da un’amministrazione a cui è mancata una vera visione pluralistica commerciale del Centro Storico e aree limitrofe.
E per questo che sfugge alla visione della città “circo equestre”, o viceversa, dove il frastuono e la insipidezza regnano sovrani e costituiscono una fuorviante normalità del nuovo corso.
Qui non ci sono pavimentazioni di pregio, installazioni “artistiche” o spazi di aggregazione come in altri Borghi, specie quello di San Giuliano, ma solo “opericchie” pubbliche buttate lì a caso, modificate, quando non stravolte rispetto ai precedenti progetti; poi solo parcheggi per auto, traffico e smog. Probabilmente questo piccolo mondo non contribuisce al gradimento sindacale come altrove accade, forse poiché vi è rimasto insito quello spirito mazziniano ricordato nel suo toponimo principale.
Dubito che la proposta possa essere compresa ed attuata dalla corrente amministrazione cittadina, che ha perso tante occasioni in tema di cultura e non si curerà neppure di questa. Ma spero che quella che verrà abbia la discontinuità ed il coraggio di invertire questa tendenza. Facciamo sì che il Borgo Sant’Andrea ritrovi la sua identità, e arricchito dalle inedite informazioni che la storia ci ha restituito, sia ricordato per ciò che rappresenta e non per “traffico parcheggi e smog”!
Ho così inoltrato la mia richiesta ai soggetti interessati a questa vicenda, sperando che venga accolta. Diversamente, dato che abbiamo potuto conoscere la storia dello scavo archeologico grazie principalmente all’iniziativa del Ministero della Cultura francese, sarà solo dovuto un caloroso consolatorio “Vive la France!”

Salvatore de Vita

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