L’insolito chirurgo: stasera la presentazione del libro su Enzo Piccinini

L’insolito chirurgo: stasera la presentazione del libro su Enzo Piccinini

Nel giardino della colonia Comasca alle ore 21.15 la vicenda umana e professionale di un uomo che ha avuto diversi allievi e amici riminesi. Intervengono l'autore Marco Bardazzi, il direttore generale dell'Ausl Romagna Tiziano Carradori, Domenico Pirozzi, ed è previsto anche il saluto di Lodovico Balducci, docente di scienze oncologiche in America.

Ho fatto di tutto per essere felice, Enzo Piccinini, storia di un insolito chirurgo è un libro scritto da Marco Bardazzi per i saggi della BUR Rizzoli che ha innanzitutto l’obiettivo di raccontare una “vita unica” che ha portato fra l’altro la Chiesa a proclamarlo servo di Dio nel giugno 2020 e ad avviare il processo di beatificazione. Ma ci sono molte righe e persone di questo libro che raccordano le città di Piccinini, Reggio Emilia, Modena e Bologna con Rimini. Perché sono originari di Rimini molti suoi allievi o testimoni citati in questo volume che oggi occupano poltrone di rilievo nel settore ospedaliero e della medicina, anticipando fra l’altro il fenomeno della “fuga dei cervelli” che oggi segna Rimini come tante altre città italiane.

Che fosse un chirurgo singolare lo si capisce subito dal capitolo d’apertura dove si cita una sua conferenza a Cesena nella sala conferenza della Cassa di Risparmio davanti ad una platea di colleghi accorsi per sentirlo parlare del tema “Il paziente. Una persona prima che un malato” nella quale racchiuse, spiazzando non poco buona parte dell’uditorio, la sua singolarità nella professione in cui si univano senza forzature idealistiche una professionalità forgiata dalla continua ricerca della perfezione con numerosi viaggi di aggiornamento in America a Boston e Tampa in Florida, ma anche in Francia e Inghilterra. Prima che un approfondimento tecnico fu la descrizione di un metodo che segnò la vita di Piccinini, vissuta sempre con l’acceleratore spinto, metaforicamente e realmente: il “metterci il cuore” in tutto quello che si fa perché la vita sia unita e non frazionata in un mosaico di situazioni l’una distinta e slegata dall’altra. La tecnica nel suo lavoro, pure sempre affinata fino ai massimi livelli, non gli bastava. Voleva che nel rapporto con chiunque, paziente, collega e amico che fosse, emergesse davvero la risposta al desiderio di compimento e felicità cui ciascuno aspira. In tutti il limite umano e fisico che affiorava veniva “accolto e abbracciato” prima che essere “risolto”, come dice Fabio Catani uno dei riminesi suoi allievi che ora insegna all’università di Modena e Reggio ed è primario di ortopedia e traumatologia al policlinico di Modena.

Uno dei primi a scegliere Piccinini come maestro è stato Giampaolo Ugolini, anch’egli riminese oggi prof associato all’università di Bologna e primario di chirurgia all’ospedale di Faenza, che sottolinea come la sua guida chiedeva agli allievi di studiare a fondo i casi che arrivavano al sant’Orsola da ogni parte d’Italia, applicando un metodo che lui aveva reimparato negli Stati Uniti. Ma Giampaolo deve al suo docente anche la svolta decisiva del suo percorso professionale perché durante gli anni universitari aveva cominciato a praticare la pallavolo arrivando ad ottimi livelli fino alla serie A2. Quando era al quarto anno chiese a Piccinini di poter fare la tesi con lui: «Enzo mi disse di concentrarmi solo sugli esami e di tornare da lui dopo un anno per parlare della tesi. Da quel giorno smisi di giocare a pallavolo, uno strappo per me incredibile». Ma sono originari di Rimini anche Manlio Gessaroli, ora operativo al reparto maxillo facciale del Bufalini di Cesena, Emanuele Forlani direttore del Meeting, Anna Garuffi insegnante d’inglese alle superiori e Ludovico Balducci che vive e lavora a Tampa in Florida. Quest’ultimo figlio di Carlo Alberto Balducci che fu preside al classico Giulio Cesare a Rimini durante gli anni della contestazione. Infine è originario di Savignano Massimo Vincenzi, l’attuale presidente della fondazione Enzo Piccinini che ora vive a Modena.

Nel capitolo L’Appartamento e la cripta si può leggere la parte biografica forse meno conosciuta di Enzo. Devo a questo punto una precisazione personale e una richiesta di scuse postuma. Il 26 maggio 1999 Piccinini a pochi giorni dal suo quarantottesimo compleanno morì in un incidente stradale sulla A1 in prossimità di Fidenza; allora lavoravo al Carlino di Cesena e scrivendo di questo fatto confusi l’età con l’anno di nascita (’51). Il giorno in cui usci l’articolo suo figlio Pietro (che ora è giornalista) mi cerco telefonicamente probabilmente per farmi notare l’errore ma ero fuori redazione… Ma torniamo alla biografia perché in questo capitolo si scrive che proprio a Reggio Emilia, città dove alcuni ragazzi cacciati dalla Fgci (la federazione giovanile del Partito comunista italiano) ma anche di altre formazioni estremistiche si riunivano in un appartamento dove figuravano anche Alberto Franceschini, nipote di uno dei fondatori del Pci e figlio di un partigiano comunista che sarebbe diventato uno dei cofondatori della Brigate Rosse. C’erano anche Prospero Gallinari, Lauro Azzolini, Franco Bonisoli e altri protagonisti della lotta armata. Si legge nel libro: «Enzo cominciò a frequentare l’Appartamento nel momento forse più delicato della storia post sessantottina e nella città più esposta alle tentazioni di spostarsi verso la clandestinità e la lotta armata». Ha scritto il giornalista Angelo Picariello nel suo libro Un’azalea in via Fani, riferendosi alla storia delle Brigate Rosse: «Se Trento portò nel calderone dell’autunno caldo l’utopia cattolico-terzomondista, Reggio Emilia condusse l’eresia comunista, sganciatasi dal Pci berlingueriano».

Ma fu proprio nel periodo della frequentazione dell’Appartamento che Enzo cambiò traiettoria riscoprendo il cristianesimo. Leggete anche dell’incontro con Giovanni Riva fondatore del gruppetto One Way e che lanciò il suo gruppo in una feconda avventura culturale e aprendo una libreria. L’approccio con One Way, l’iscrizione a medicina e l’incontro con Fiorisa che sposerà a 22 anni sono descritte nel libro come “svolte decisive” per la vita di Enzo. C’è però un altro incontro, il più importante di tutti che segnerà per sempre e in profondità il cuore di Enzo, l’incontro con don Luigi Giussani. Il prete fondatore di Comunione e Liberazione che instaurerà con lui un rapporto privilegiato e di responsabilità nella vita del movimento. Nel libro al riguardo si riporta una testimonianza di Alberto Savorana che oltre ad avere scritto per la Rizzoli “La vita di don Luigi Giussani”, condivise con Piccinini il ruolo di più stretto collaboratore e di responsabilità nella vita del Movimento: «Parlo di un rapporto di figliolanza tra Enzo e don Giussani, perché è di questo che si trattava… se Enzo non avesse incontrato Giussani, chissà: forse sarebbe entrato nella lotta armata. È un dato oggettivo che lui si sia sentito letteralmente strappato dal nulla».

C’è poi una parte del libro pure molto interessante sulla professione medica e di ricercatore scientifico imperdibile per tutti ma innanzitutto per i medici e gli operatori sanitari in genere. Vorrei soffermarmi da ultimo sul capitolo finale che spiega chiaramente il titolo e l’intera vita di Piccinini, “l’insolito chirurgo che ha fatto tutto per essere felice”. Vi si racconta di una delle sue conferenze a Catania che a dispetto del titolo un po’ arido, “Metodo di ricerca e criterio di valutazione”, ha qualcosa da svelare a noi tutti. Riporto qui le frasi finali di quel suo intervento che a me ha fatto venire in mente quante volte noi non facciamo i conti con la realtà, che però se ne infischia delle nostre capacità di capire e dei nostri pensieri su di essa e che inevitabilmente deborda la nostra immaginazione. Disse in quell’ottobre del 17 a Catania: «Vorrei fare un grande invito: mettere il cuore in quel che si fa. Questa è la legge che internamente dobbiamo avere, con gli amici, con la moglie o la morosa, coi colleghi. Sarebbe già un altolà a tutto ciò che vi è di arbitrario e fuorviante nelle nostre abitudini. Perché il cuore esige un orizzonte che è più grande della voglia e dell’immaginazione dei più. E mettere il cuore in quello che si fa esalta l’io». C’è molta più esperienza e conoscenza di vita in questo invito che non in migliaia di volumi di scienziati e filosofi.

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