Mauro Ioli: torna in sella l’ultimo dei democristiani

Mauro Ioli: torna in sella l’ultimo dei democristiani

Da ieri è ufficialmente il nuovo presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. Un democristiano antico, dotato di quella caratura politica che sapeva cosa fossero democrazia e libero dibattito all’interno del partito. Tant’è che alla nomina c’è arrivato non per meriti di casta o di casato, ma praticando le arti d’una diplomazia di cui la Balena bianca è stata maestra.

La nomina di Mauro Ioli a Presidente della Fondazione Carim di Rimini non è cosa, a mio avviso, da passare sotto quel silenzio più rassegnato che surreale in cui si intontolisce la vita della nostra città.
Talmente cloformizzata dalle res gestae del sindaco Gnassi, supportato da una stampa ormai serva del regime, da non riuscire a dire bao rispetto a stagioni in cui il dibattito civile ferveva e produceva idee e soluzioni.
Mauro Ioli appartiene a quella stagione, essendo non solo un amico conosciuto ai tempi della mia segreteria provinciale, ma pure un democristiano “antico” piuttosto che un “vecchio” democristiano.
Appartenente cioè a una stagione in cui la politica era arte del compromesso nel senso più nobile e vero della parola.
Non ancora immiserita dall’opportunismo saltafossi d’una leadership cattocomunista e prodi-vichiana (ricordi, Mauro?) divenuta oggi merce di scambio quotidiano tra partiti non-partiti.
Alludo non solo al quagliodromo d’un dirigismo Rousseau che degrada il Parlamento ad aula sorda e grigia in cui è possibile ogni salto di quaglia e quaglioni, ma anche a un Pd ridotto a pallida controfigura di quel gigante del pensiero e della prassi che era il Pci d’un tempo.
In questo quadro, in cui i partiti sembrano non avere candidati edibili da parte d’un elettorato sempre più debole e frastornato e le uniche autocandidature sono quelle della potenza e prepotenza del nome che portano, il nome di Mauro Ioli rappresenta una piccola ma salutare eccezione.
Mauro infatti, di contro a quel fasso tuto mi Berlusconiano che sembra esser la cifra dei nostri tempi servili, è un democristiano antico, dotato di quella caratura politica che sapeva cosa fossero democrazia e libero dibattito all’interno del partito.
Tant’è che alla nomina c’è arrivato non per meriti di casta o di casato, ma praticando le arti d’una diplomazia che era la qualità migliore, vorrei dire Andreottiana, dei democristiani d’un tempo.
Onore dunque a una idea di politica, nonché al suo callido esercizio, di cui s’erano perse le tracce e che fa piacere veder riaffiorare ogni tanto.
Buon lavoro, Mauro.

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