Nella toilette della sede Ausl di via Circonvallazione l’igiene è un optional

Nella toilette della sede Ausl di via Circonvallazione l’igiene è un optional

Ci hanno insegnato che occorre lavarsi spesso e bene le mani. Ma manca il sapone. E non solo quello. Sedile del water e carta igienica “non pervenuti”. Video e foto.

Se qualcuno dicesse che molti di noi non si meritano altro che essere trattati con nessun riguardo e ripagati con la stessa lercia moneta di comportamento, sarebbe una considerazione ineccepibile. L’inciviltà dilaga. Ma è pur vero che le “Istituzioni” non possono prescindere dal principio che i loro cittadini di riferimento devono essere coloro che agiscono in modo rispettoso degli altri e che i medesimi forniscono puntualmente un contributo economico per il cosiddetto bene comune. Volendo, ci sarebbe il “buon esempio” dovuto da chi occupa posizioni con responsabilità civili e morali, ma su questo non voglio esumare esangui luoghi comuni.
A causa della pandemia da Covid-19/Sars-Cov-2 tuttora circolante, specialmente nelle prime fasi sono stati diffusi consigli utili per avere precauzionali condotte anti contagio. Tra questi, uno dei principali era ed è tuttora valido, l’invito a lavarsi spesso e bene, le mani. Questo, supportato da guide scritte e filmati per farlo in modo corretto, giuste e doverose indicazioni da parte del ministero della Sanità.

Di recente ho dovuto rinnovare un documento presso l’A.U.S.L., il Dipartimento Cure Primarie e Medicina di Comunità di Rimini, in Via Circonvallazione Occidentale. A differenza di un paio di settimane prima, quando con un certo numero di altre persone ho aspettato (al gelo) il mio turno prima di accedere alla sala degli sportelli, nella circostanza non trovo competitori che mi rallentino l’accesso. Prima di entrare, come tutti, mi inumidisco le mani con il liquido disinfettante dolciastro messo a disposizione, poi ricevo un raggio che rimbalzandomi sulla fronte restituisce il valore della temperatura; questa, causa la scarsa affidabilità di avveniristici apparecchi elettronici, difficilmente supera più di tanto quella di un echidna (forse non a caso, in greco antico “vipera”). Tutti dentro. Comunque sia, dopo pochi minuti di attesa (record positivo), arriva il mio turno.

Terminate le operazioni del caso, l’efficiente impiegata mi restituisce la tessera sanitaria e i documenti di cui avevo necessità. Dato che il bagno è vicino all’uscita, approfitto per lavare mani e tessera poco prima maneggiata. Quando apro la porta la scena che si presenta fa a cazzotti con il luogo, per antonomasia deputato all’igiene, in cui mi trovo. La cosa è ancora più rimarchevole poiché a prescindere dal numero comunque contingentato di ingressi, quel giorno ci sono pochissimi avventori sicché dovrebbe notarsi più cura del solito.

Una sobria descrizione? Pavimento lurido, sedile del water e carta igienica “non pervenuti”, qualche salvietta all’aria aperta buttata in qualche modo sugli elementi del termosifone, a loro volta variamente picchiettati di color ruggine, aloni sul lavandino e vaga brunitura dell’acciaio del rubinetto che facilmente non conosce nitore e sanificazione da diverso tempo. Ma la perla nella valva è il dosatore del sapone, più scarico e arido del deserto di Atacama. Alla faccia dell’attenzione all’igiene delle mani raccomandata dal Ministero della Salute.
Se è vero che nel caso di specie i frequentatori sono stati tutt’altro che rispettosi del luogo e dei loro simili ed escluso che qualcuno, esasperando i consigli del Ministero, in tre ore si sia bevuto tutto il sapone liquido del dosatore, è scontato che se alle 11:30 del mattino la “toilette” è conciata in quel modo, nessuno mi toglie dalla testa che l’andazzo normale sia quello.

Sconfortato, esco da quel cesso di bagno e mentre percorro il corridoio esterno che mi riporterà nel mondo civile, mi imbatto nei cassonetti di pertinenza, sudici e stracolmi di rifiuti. L’allegra scampagnata marzolina in un centro vitale della sanità riminese si conclude così.
Con una ciliegina sulla torta… al cioccolato.

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