Non è un po’ presto per veder cedere i nuovissimi arredi felliniani?

Non è un po’ presto per veder cedere i nuovissimi arredi felliniani?

Appena inaugurati e mostrano già vistose crepe e sbrecciature. Tanto che si è reso necessario correre frettolosamente ai ripari. Ecco cosa sta succedendo in piazza Malatesta e piazzetta San Martino.

Mentre Rina galleggia sulla laguna di Venezia e se la spassa un po’ qua e là a spese dei contribuenti, il Rino nostrano non se la passa bene. Anzi, confinato alla bell’e meglio con un improvvisato ridicolo recinto di paletti storti ed un cordone, naviga pure in cattive acque.

Si, perché le acque circostanti al triste allestimento si stanno crepando. Tutti coloro che operano nel settore edile, ben sanno che i pavimenti in calcestruzzo hanno dei fenomeni di dilatazione, spesso pure se vengono provvisti di giunti tecnici, sebbene assenti in questo caso; ma non, evidentemente, a Rimini dove tutto si immagina e la tuttologia ha preso il posto della razionalità. Il fenomeno naturale avviene per effetto dell’esposizione di quelle superfici a diverse temperature, caldo freddo, e spesso in barba a qualche accorgimento preventivo di dubbio effetto. Ma anche per un ritiro naturale di quel materiale. E così le prime fessurazioni nel pavimento che dovrebbe simulare il mare (!).

Ma ciò che è peggio, sono le stuccature monocolore grigiastre che si sono attuate furtivamente per rattoppare il problema. Oltre al fatto che queste crepe sono ugualmente visibili, quel posticcio intervento interrompe l’effetto cromatico che si voleva dare, è di breve durata e permette il prosieguo di infiltrazioni di acqua con deleterie future conseguenze.

Ma proseguiamo. Nella piazza degli incubi, che la sera costellata di lumini assume un tetro aspetto cimiteriale, i segmenti delle fasce in pietra bianca presentano già prematuri segni di degrado.

Sbrecciature, crepe e stuccature maldestre prossime al naturale distacco.

E siamo solo all’inizio, in un’«opera» costata circa quattro milioni di euro (e 12 milioni in totale per il museo Fellini).

Ma non se la passa bene neppure uno dei bellissimi platani secolari superstiti, che non ha neppure avuto l’onore di essere contornato da un’apposita griglia modulare di ghisa, ma piuttosto serrato alla “boia dei cani”, si perdoni il termine tecnico. Per fortuna che i consegnatari dell’annuale “Premio Attila”, nell’andare a consegnarlo a Riccione non sono passati da Rimini. Ma forse anche il re degli Unni, aveva qualche preferenza politica…

Infine le strade che conducono al fantastico circo felliniano, in asfalto rosso, si presentano con la pavimentazione crepata quando non sgranata, e con vistose toppe di altro colore. Per inciso, la stessa sorte è presente nelle tante ciclabili o simil tali.

Questo è il floriolegio delle opere gnassiane, fatte in modo approssimativo e senza un controllo, tanto da non avere mai visto un’impresa esecutrice richiamata a far fronte alle responsabilità del proprio operato. È la normalità, basti farsi un giro per la città, per assistere alla diffusione di questi fenomeni. Lavori recentissimi o di recente realizzazione, che mostrano già evidenti segni di degrado.
Ma soprattutto recano un’idea di effimero, che va nel senso opposto alla durabilità e tecnica che un’opera pubblica dovrebbe avere, e la facilità con cui si spendono allegramente milioni di denari pubblici per interventi discutibili e superficiali.

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