Nuovi platani in piazza Malatesta: «giganti dentro un vaso»

Nuovi platani in piazza Malatesta: «giganti dentro un vaso»

Nei giorni scorsi è stata data notizia della messa a dimora di cinque nuovi platani davanti a Santa Colomba. Comunque meglio di niente, ma... «Alberi così importanti costretti entro una porzione di terra di pochi metri quadrati fa veramente ridere. Un'area ben più estesa è il minimo che dovevano prevedere» dice un agronomo.

Uscendo da Alessandria con direzione Spinetta Marengo, ci si imbatte in un platano monumentale alto una quarantina di metri per una circonferenza di otto e un’area di chioma che in estate di metri quadrati ne ombreggia circa 400. In breve, si entra nell’area che esattamente 221 anni fa e due giorni (14 giugno 1880) vede austriaci e francesi fronteggiarsi nell’epica battaglia di Marengo. Da quelle parti si dice che quel platano, insieme ad altri, in filare, fu fatto piantare per volere di Napoleone a commemorazione dei caduti di quel sanguinoso evento di guerra, la celebre battaglia di Marengo. Il grande “Generale verde”, nonostante l’odierna collocazione piuttosto disgraziata sulla SR 10, è tuttora ben saldo nel terreno. Sembra combattere una personale “guerra di posizione” come si dice in gergo militare, contro lamiere del “guardrail”, traffico e inquinamento. Si potrebbe romanticamente pensare che il platano sia la reincarnazione per via vegetale del valoroso generale Desaix, eroico artefice della vittoria francese, ma perito nello scontro a causa di un colpo di moschetto al cuore.

Alessandria. Il “platano di Napoleone”.

Questa premessa è funzionale al parallelo con i platani di tutto il mondo, Rimini compresa, che può contare su “soldati verdi” il cui spirito di corpo ci permette di respirare un’aria meno mefitica e di godere della loro ombra. Tuttavia, questi innegabili meriti non sembrano essere al primo posto nella considerazione degli amministratori di molte città italiane. Anche in questo caso, Rimini non fa eccezione. Non voglio annoiare i lettori citando una miriade di casi nazionali e locali di potature selvagge, abbattimenti inopportuni, scarsa o distratta considerazione e cura del verde. Basti pensare e lo dirò, giuro per l’ennesima “ultima volta” che dopo due intere legislature la giunta comunale uscente non ha saputo (leggi voluto) partorire un “Piano del Verde”. Come ribadito dagli ambientalisti, questo sarebbe stato quanto mai necessario, soprattutto ora, in rapporto a varie criticità dovute a eventi climatici e situazioni urbanistiche in continua evoluzione. Vi darò solo le ultime notizie del luogo più profanato di Rimini, variamente denominato come “piastra di cemento armato orizzontale” (Roberto Mancini ©), “luna park”, “sala giochi del sindaco”, “parco tematico vetero felliniano – vorrei, ma non posso” e via discorrendo: mi riferisco a piazza Malatesta.

Amarcord …ambientale. Com’era verde piazza Malatesta.

Per contrasto, voglio anche ricordare come fosse ben più ombreggiata la piazza fino a qualche mese fa (foto qui sopra). Ebbene, sorvolo sui motivi, veri o presunti che hanno indotto l’amministrazione comunale “senza un briciolo di sensibilità, cultura del verde e di una zona storica”, a radere al suolo diversi platani e un pino, “anziché tentare di curarli come si farebbe con vecchie persone malate”, sempre citando l’architetto Mancini, e vengo alle ultime novità.

I guardiani del cemento. Ecco i nuovi platani collocati in piazza.

Sono stati messi a dimora, come si dice tecnicamente, alcuni nuovi platani. Ma “messi a dimora”, pare non essere aderente alla realtà. A detta di un agronomo di grande esperienza e provata professionalità, più che “messi a dimora” si sarebbe dovuto dire: «messi dentro un vaso. E adoperare il termine “vaso” è per essere gentili. È per non voler usare il termine “bidone”. Alberi così importanti costretti entro una porzione di terra di pochi metri quadrati fa veramente ridere. Quegli alberi, poveracci, se non li irrigano continuamente, non durano. Potevano almeno destinargli una porzione di terra più ampia. Quella a loro dedicata è veramente esigua. Un’area ben più estesa, per quelle piante è il minimo che dovevano prevedere».

Da parte mia faccio notare che con l’avanzare dell’estate il sole arroventerà la distesa di cemento. «Se li tengono irrigati», conclude il professionista, «soffrono, ma almeno possono cavarsela. Le radici, espandendosi, sono in grado di trovare nuove risorse… ma per quei platani è pur sempre e rimarrà una situazione di costrizione. Si poteva fare di meglio». Queste, le valutazioni finali di un esperto del settore.

The Waste Land. Ma la poesia di Thomas Stearns Eliot non c’entra.

Al termine del breve colloquio con l’agronomo e la visita virtuale al “gigante verde” di Alessandria, nato da un evento storico di capitale importanza, mi viene spontanea una considerazione. Ai grandi personaggi del calibro del Buonaparte, è capitato di ordinare la carica, con le drammatiche conseguenze del caso, vedi 15.000 corpi rimasti sul campo di battaglia a Marengo, ma poi sono stati anche in grado di ordinare ai loro soldati di piantare alberi per commemorare i morti in battaglia. Ad altri uomini succede di farli tagliare, nonostante rassicurazioni e promesse scritte, poi rimangiate. Il mondo funziona così. Ad Alessandria hanno l’albero centenario di Napoleone Bonaparte, noi grazie ad Andrea Gnassi, al massimo potremo aspirare al platano di “Biscein” di Amarcord.

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