Votate, votate, votate. Per posta ordinaria o elettronica non importa. Vale anche la comunicazione orale. Un po' perché quello della cosiddetta sinoda
Votate, votate, votate. Per posta ordinaria o elettronica non importa. Vale anche la comunicazione orale. Un po’ perché quello della cosiddetta sinodalità è il vento che soffia sulla chiesa universale, e un po’ perché è stato sfiorato da qualche critica sullo scarso coinvolgimento dei sacerdoti nelle decisioni importanti della Diocesi, mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, ha deciso di aprire le consultazioni per scegliere il nuovo vicario generale. Se fra i preti si formeranno delle aggregazioni per sostenere un nome o un altro, si prefigura qualcosa che somiglia alle primarie.
Don Luigi Ricci, classe 1940, ha rassegnato le dimissioni a fine 2015 perché il primo ottobre ha compiuto 75 anni ed ha chiesto di essere sostituito. Lambiasi lo aveva chiamato vicino a sé pochi mesi dopo il suo ingresso a Rimini (l’atto di nomina risale al 9 marzo 2008): “La scelta della tua persona è maturata nel mio animo per la conoscenza della tua vita di pietà, della tua preparazione culturale, della stima di cui godi presso i Sacerdoti, della competenza con la quale hai svolto gli uffici di Direttore Spirituale del Seminario, di Assistente Diocesano dell’Azione Cattolica, di Direttore della Caritas Diocesana e della Casa del Clero, nonché della ricca esperienza pastorale maturata quale Parroco di San Michele Arcangelo in Morciano. L’ufficio di Vicario Generale che ti affido, ne sono certo, sarà di grazia e benedizione per la nostra Chiesa”.
Apprezzato da tutti e buon conoscitore della chiesa riminese, anche nei suoi diversi passaggi, don Luigi Ricci è stato un vicario un po’ in ombra, ma non soprattutto per sua volontà, anche se Lambiasi non ama attorniarsi di personalità troppo forti, come è stata quella di don Aldo Amati, vicario ai tempi di mons. De Nicolò. Il vicario uscente ha arato il campo che il vescovo gli ha messo a disposizione.
Ora con una lettera ufficiale indirizzata fra l’altro ai componenti del presbiterio, delle segreterie del Consiglio pastorale diocesano, della Consulta per l’apostolato dei laici e della Comunità del diaconato, Lambiasi ringrazia don Ricci per la disponibilità e competenza dimostrate, e annuncia l’avvio di “un processo di consultazione personale e riservata che permetta al vescovo di individuare e di nominare “liberamente” un vicario generale che lo coadiuvi nel governo della intera diocesi”. Quel “liberamente” sta a significare che l’ultima parola se la riserverà comunque lui: anche se un nominativo dovesse ottenere la maggioranza schiacciante, il vescovo sarà libero di scegliere chi vuole.
D’altra parte è questo il nodo che anche la chiesa di Roma sta cercando di sciogliere: l’accento viene sempre più spesso posto sulla chiesa sinodale, sul coinvolgimento della “base” e sul confronto, papa Francesco ha indicato alla chiesa il modello della piramide rovesciata, ma poi non mancano le delusioni quando viene fatto valere il “primato”.
Fra i preti c’è chi ha cominciato a “suggerire” candidature (ogni componente degli organismi interpellati ne può indicare fino a due) e i giochi si chiudono il 5 marzo, termine ultimo indicato dal vescovo per fare pervenire le risposte. Avanzano nomi importanti. Ma dovranno misurarsi con un identikit dettagliato che il vescovo ha messo nero su bianco nella sua comunicazione e che fa decisamente tremare. Il vicario deve essere uno che “ami sinceramente il Signore e la sua Chiesa”, che “non si lasci condizionare da interessi umani e da preferenze di persone”, deve essere anche “amico dei poveri” e condurre “una vita semplice e sobria”, “stimato dai confratelli e dall’opinione pubblica”, “saggio, onesto, prudente, forte nelle avversità, moralmente retto, di sana dottrina, di provata esperienza pastorale, capace di instaurare positive relazioni umane e di saper trattare le questioni che riguardano il buon cammino della Diocesi”. Un santo o giù di lì. Chi, dopo un altrettanto onesto esame di coscienza, vorrà farsi avanti?
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