Perché tanto silenzio sulle dichiarazioni della Commissione antimafia?

Perché tanto silenzio sulle dichiarazioni della Commissione antimafia?

O racconta balle oppure no. In ogni caso la politica locale, le associazioni di categoria e tutti gli "attori" sulla scena pubblica farebbero bene a pronunciarsi. Perché sono decenni che il problema è all'ordine del giorno ma la paura per i "danni all'immagine di Rimini" hanno sempre messo il silenziatore ad una questione che non è mai stata presa di petto.

I casi sono due: o la Commissione parlamentare antimafia, sbarcata a Rimini l’altro ieri, racconta balle, oppure no. Nell’un caso e nell’altro, tutti coloro che stanno tacendo (mentre di solito non manca loro la favella e pontificano su tutto) dovrebbero battere un colpo. Perché se racconta balle va smentita o, perlomeno, attutito il peso delle sue dichiarazioni. Se invece dice il vero, e fino a prova contraria dovrebbe parlare con cognizione di causa, perché questo imbarazzato mutismo? Ha preso posizione il segretario generale della Cgil, Graziano Urbinati: “L’onorevole Rosy Bindi presidente della Commissione parlamentare antimafia è stata a Rimini per ribadire che occorre fare attenzione, che la malavita organizzata è presente più di quanto non si possa pensare: riciclaggio, gioco d’azzardo, prostituzione, droga, sono tutti segnali che la mafia c’è e tanta. L’invito, da parte della Presidente, è stato quello della massima allerta”. Per il resto nulla.
Non si sono espressi al riguardo, in ordine di importanza: il sindaco e presidente della Provincia, Andrea Gnassi, i suoi colleghi dei Comuni più o meno grandi, i candidati in lizza laddove si andrà al voto domenica, la Camera di commercio, i presidenti delle associazioni di categoria, la società civile. E l’elenco potrebbe ancora continuare.
Afferma la Commissione parlamentare antimafia che la criminalità organizzata di stampo mafioso su questo territorio è una presenza ingombrante, ancora poco visibile ma nell’ombra lavora eccome. Che in questa provincia i personaggi legati alle mafie, che hanno deciso di soggiornare qui, probabilmente non solo per il buon clima e l’aria frizzantina che si respira, sono tanti. Troppi. Addirittura “in eccesso”, secondo il senatore Buemi, e solo questo “deve preoccupare”. Che ndrangheta, camorra, cosa nostra, mafia pugliese sono di casa. Che droga, prostituzione, gioco più o meno legale, sono l’humus che richiama certi figuri. Che l’economia legata al turismo è una calamita per il riciclaggio del denaro sporco. Che la concentrazione di reati spia è ben più di un campanello d’allarme. Che si sta trovando meno mafia di quella che c’è. Oggi il procuratore della Repubblica, Paolo Giovagnoli, ha confermato che la mafia investe nel turismo e che quello che ha affermato la presidente Rosy Bindi è “oggettivamente vero” e i reati di usura collegati alla riscossione crediti sono il proprium delle attività illecite svolte dalla criminalità organizzata.
Rimini ha sempre messo il silenziatore a questo problema ed ha spesso dimostrato allergia verso le Commissioni parlamentari antimafia. Nel 2002, quando venne a Rimini il Comitato per le zone non tradizionalmente interessate al fenomeno mafioso, il quotidiano principe della città titolava un editoriale “La lupara va in vacanza” (sabato 23 novembre) che sarebbe da rileggere. Il parlamentare Ds Sergio Gambini dichiarava sì la necessità di monitorare ma, aggiungeva “avrei preferito evitare un eccessivo clamore e la spettacolarizzazione di questa iniziativa che certo non ci giova”. Il presidente della Provincia Nando Fabbri diceva: “Rimango sorpreso di una iniziativa alla quale non corrispondono, nella consapevolezza delle istituzioni, particolari segnali d’allarme”. Nel frattempo il problema è ulteriormente cresciuto – come assicura la Commissione venuta da Roma – e forse nel silenzio attuale è quella stessa logica del passato a farla da padrona. Nel 2003, quando arrivò la Commissione parlamentare antimafia, il titolo del servizio sul quotidiano di cui sopra era: “Scusi, ma lei ha visto la mafia?”. E l’editoriale così commentava: “Mamma mia, ma dove sono capitato?. Cos’altro potrebbe dire l’ignaro forestiero che la prossima settimana (era il 10 aprile 2003, ndr) si trovasse a passare da queste parti. Che effetto gli farebbe sapere che nella suite accanto pernotta la commissione antimafia? (…) Se tutto va bene siamo rovinati. Vorremmo tranquillizzare il signor turista: stia sicuro, la sua incolumità non è affidata solo alle trasferte di una commissione o al “dibattito della società civile”.” Per concludere: “Le chiacchiere sono già finite. O perlomeno dovrebbero. Dei fatti si sa niente?”.
Sempre nel 2003 l’allora segretario della federazione Ds di Rimini, Riziero Santi, sosteneva che “il nostro è un territorio sano” e che “l’impressione è che la nostra realtà non debba fronteggiare fenomeni di grande consistenza derivati dalla presenza di nuclei di criminalità organizzata”
I “danni all’immagine di Rimini”, come dichiarò all’epoca lo stesso parlamentare, da decenni provocano l’imbarazzato silenzio di questa città in tema di infiltrazioni mafiose. All’epoca, però, si scriveva che “la mafia non abita qui”, e un altro titolo era “Ma chi l’ha vista?”. Oggi Rosy Bindi dice che abita qui, ma l’atteggiamento sembra essere lo stesso di quella volta: un’alzata di spalle.

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