Possedere una grande opera d’arte e non conoscerne nemmeno l’abc

Possedere una grande opera d’arte e non conoscerne nemmeno l’abc

Nell'area esterna della scuola elementare XX Settembre non passa inosservata una scultura. Chi l'ha realizzata? Mistero. Si brancola nel buio sia domandando in via Arnaldo da Brescia che in Comune. Eppure è nata nei primi anni '70 ed ha un enorme valore, anche didattico. E' una sorta di totem del sapere e dei segreti dell'apprendimento. Venire a capo della paternità di chi l'ha pensata e realizzata non è stato facile, ma ne è valsa la pena: l'incontro con due ragazzi, quasi centenari, cibernetici. Giuseppe Parini e Flavio Casadei.

Più di un anno fa Marco Ferrini, ex presidente della Confraternita di San Girolamo, grande appassionato d’arte, attizza la mia curiosità. Mi segnala una scultura dentro il perimetro della scuola elementare XX Settembre di via Flaminia a Rimini. Vado immediatamente a fotografare l’opera d’arte. Non trovo nessuna firma. In modo informale, domando in segreteria chi l’abbia realizzata. Rispondono che l’attuale plesso scolastico si è insediato molto recentemente, pertanto non ne hanno idea. Con l’ispiratore dell’indagine interroghiamo (senza nemmeno torturarli) parenti, amici e conoscenti, poi chiediamo lumi ad artisti ed esperti di arte. Passano mesi. Buio totale.

L’oggetto misterioso.

Comincio a pensare che, come un’astronave aliena, la pesante opera di cemento sia atterrata là in una notte senza luna. Anche il periodo di pandemìa non aiuta i contatti. Nemmeno con gli UFO. Interpellato in merito alla scultura, l’Ufficio Scolastico Provinciale di Rimini afferma di non avere competenze al riguardo. Scuole materne, elementari e medie, appartengono ai comuni. Telefono pertanto all’assessorato alla Cultura. Una segretaria del Sindaco (Jamil Sadegholvaad ha tenuto per sé la delega alla Cultura), mi rimanda al neo Direttore dei Musei di Rimini al quale il 14 di luglio giro via e-mail il quesito. Questi, correttamente, rileva che ha assunto la direzione da pochissimo tempo. Tuttavia, tramite colleghi e collaboratori anche esterni al proprio ufficio, farà di tutto per soddisfare la mia e altrui curiosità.

Giuseppe Parini.

Qualche giorno fa, mentre attendo trepidante lo spinoso responso, come accadde a John Belushi (TheBlues Brothers), “vedo la luce”. Inondato da questa, contatto per telefono il professor Pino Parini con il quale ahimé, condivido non già la tormentata, ma limpida cultura, ma solo il giorno di nascita e il ricordo di un’aula in cui, intorno al ’67/’68, insegnava Disegno (ora si direbbe Arte e Immagine) a una scolaresca di 11-12enni, tra i quali il sottoscritto. Giuseppe (Pino) Parini, a pochi mesi dai 99 anni, “seppur faticosamente”, come precisa, dedica tuttora otto ore al giorno alla lettura; pittore/cibernetico, è studioso e autore di svariate pubblicazioni sull’argomento; in relazione a questo, va ricordato che è stato amico e sodale di Silvio Ceccato,(1914-1997) filosofo e uomo di scienza.

L’autore: Flavio Casadei.

Il professore mi riceve in una stanza stracolma di libri, cataloghi, appunti sparsi ovunque e uno schedario zeppo di documenti, fascicoli e pubblicazioni, poi schizzi e disegni, progetti e trovate geniali di una lunga e utile vita. Le pareti lampeggiano idee. L’incontro con Pino Parini e pure il successivo, di cui dirò tra un attimo è di quelli che mi appunto sul petto, dalla parte del cuore. E che non dimenticherò. L’enigma della “scultura nel giardino della scuola”, il pittore lo risolve in due secondi: “quella scultura è di Flavio Casadei. Anche lui faceva parte del mio gruppo di ricerca collegato con l’università di Milano, il Gruppo V di Rimini. Per molti anni abbiamo collaborato insieme con Ceccato, direttore del Centro di Cibernetica del capoluogo lombardo”.

Il momento della posa dell’opera. Sono i primi anni ’70 e nel cortile della scuola prende forma l’abc. Nella foto, da sinistra a destra: Parini, Casadei e … (?).

Svelato il mistero, il professore mi mette in comunicazione con l’amico scultore. Due giorni dopo sono ricevuto con lo stesso garbo e gentilezza di Parini. Un contagio incoraggiante, in questi tempi invasi da cafoni incalliti. L’artista mi svela ogni particolare della sua creazione, poi si assenta un momento e quando torna sul balcone dove siamo seduti, mi mostra una serie di documenti e fotografie in bianco e nero di cinquant’anni fa, prese durante la posa della scultura. In un paio di queste, guarda caso, compare l’amico Parini. Poi, e non potevo sperare di meglio, recupera ed esibisce perfino il prototipo della scultura, definibile come una sorta di totem dell’apprendimento.

L’eclettico artista allora 42enne, nel ’70 si aggiudica il concorso per eseguire l’opera nella scuola di via Flaminia in virtù della cosiddetta “legge del 2%” (n. 717 del 29 luglio 1949, negli anni modificata, ma tuttora in essere; ndr).
Lo scopo della legge era di incentivare il lavoro degli artisti, abbellire gli spazi pubblici e incrementare il patrimonio dello Stato. Iniziativa meritevole, a patto che poi le opere non cadano nel dimenticatoio.
Al riguardo, apprendo solo nelle ultime ore che cinque anni fa la scultura è stata spostata e contestualmente, ripulita. Purtroppo, pare che l’operazione ne abbia compromesso pesantemente la patina, come rileva al telefono un artista, Davide Frisoni, da me interpellato che abita a cinquanta metri dalla scuola. Tutto questo, nonostante le autorità competenti, apparentemente sembrino non conoscere nemmeno l’esistenza della scultura, altrimenti non sarei qui a tormentare i tasti del computer.

Comunque sia, lo scultore/cibernetico, mi rivela punto per punto l’anima della composizione scultorea. Tento di condensarla. La complessità morfologica dell’opera è differentemente leggibile sul fronte e sul retro. Come metafora del sapere, richiama ai simboli dell’istruzione: le prime tre lettere dell’alfabeto, in minuscolo, sono su una parete, mentre sull’altra compare una “G” maiuscola che sta per “gioco”. Il tema e titolo della scultura-totem infatti è: Apprendere Giocando e Giocare Apprendendo. Ciò, per portare i ragazzi, cui è rivolta l’attenzione dell’artista, “percettivamente alla scoperta del senso-significato della rappresentazione. Tale processo percettivo-rappresentativo, richiama l’attiva partecipazione dei ragazzi e del loro esperire”. Come rileva poi l’autore, “il riconoscimento delle lettere non avviene immediatamente, ma attraverso un operare visivo-mentale che impegna l’attività intenzionale, sollecita la fantasia, la curiosità, la propria disponibilità nel giocare con i pezzi componenti la rappresentazione. L’a b c non è banale presentazione analogica o tipografico-pubblicitaria, le lettere amalgamate in modo elementare creano una situazione complessa che assurge a mera figurazione, a tono figurale”. Quanto alla “G maiuscola di giocare”, l’artista fa una puntuale descrizione circa l’ordine dell’impianto che definisce “allusivo al gioco del costruire, strutturare-ristrutturare, semantizzare-desemantizzare, secondo un ritmo e una misura personale”.

In definitiva, Flavio Casadei non pone gli studenti dinanzi a una scialba raffigurazione comunicativamente statica, ma a un’immagine che pur restando nell’ambito didattico cui è destinato, conduce a un più profondo respiro di speculazione logica. E quindi non si capisce perché mai, negli anni, la sua scultura non sia stata valorizzata e soprattutto perché non sia stata utilizzata dal corpo docente come strumento didattico per il quale è stata creata, come suggerito da logica e vantaggiosa opportunità.

Apprendere Giocando e Giocare Apprendendo. A destra, “Pino” Parini.

Pensandoci bene, non è cosa nuova che chi governa Rimini non abbia un rapporto sereno con le sculture. Quella che raffigura Giulio Cesare è abbandonata, in attesa di giudizio, nell’omonima caserma dismessa.
Poi esistono, ma solo virtualmente poiché mai esposte al pubblico, due statue in bronzo degli imperatori Augusto e Tiberio eseguite dalla fonderia Paoletti di Ancona. Donate alla città dall’imprenditore Roberto Valducci, giacciono inutilizzate da più di vent’anni anni in un deposito comunale. Identica e polverosa sorte è stata riservata alle sculture di Giuliano Vangi e di Alberto Viani (1906-1989), mentre quella di Pino Castagna (1932-2017), dopo aver subìto una decapitazione, attende tuttora l’agognato ricongiungimento.
Il fatto è accaduto appena 44 anni fa. Ma tranquilli, la notte è giovane. Attendo scultorei lumi da una quarantina di giorni appena e se mi lamentassi, verrei accusato di non tenere sufficientemente a freno i reni.

Ora, sperando che questo piccolo contributo di Rimini 2.0 serva a risvegliare l’interesse delle Istituzioni in primo luogo e subito dopo quello degli educatori, sarebbe bello se nel corso del prossimo anno scolastico ai ragazzi della scuola secondaria di 1° grado XX Settembre, per rinverdire l’importanza didattica della totemica creazione, ne fosse finalmente spiegata la funzione. Anche se all’epoca la scultura fu pensata per la scuola elementare, certamente potrebbe far mettere in moto gli ingranaggi mentali anche dei ragazzi più grandicelli.
Un corroborante ritorno all’a b c non fa mai male. Naturalmente, mi metto in prima fila.
Dunque, sulla vicenda dell’opera nata dalle ingegnose mani di Flavio Casadei, l’assessorato alla Cultura del comune di Rimini ora sa tutto e a costo zero. Ma solo per questa volta…

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