Restaurano la statua di Cesare per lasciarla dov’è: un’altra macchia nella candidatura di Rimini a capitale della cultura

Restaurano la statua di Cesare per lasciarla dov’è: un’altra macchia nella candidatura di Rimini a capitale della cultura

Una recente determina dirigenziale ha stabilito che il prestigioso bronzo verrà restaurato e poi ... «l’Agenzia del Demanio ha espresso orientamento favorevole a riaccogliere a fine lavori la suddetta statua nel contesto della riqualificata “Cittadella della Sicurezza”». Sembra un destino segnato. Un pessimo esempio di "cancel culture" istituzionale.

Il Comune di Rimini – Settore Sistemi Culturali di Città – nella determina Dirigenziale n° 1689 del 27/06/2023, richiamate deliberazioni, articoli, premesse e varie burocratiche considerazioni del caso, in soldoni comunica ai riminesi che la statua bronzea raffigurante Giulio Cesare, dopo adeguato restauro verrà collocata dov’era prima. Ma non prima – prima – prima, cioè caserma → greto del Marecchia → Piazza Tre Martiri. Solo “prima”, vale a dire presso la ex caserma, ora in carico all’Agenzia del Demanio regionale. L’immobile, acquisito dopo la dismissione da parte del Ministero della Difesa, verrà demolito per edificare una sede unica per gli uffici della Questura, Guardia di Finanza, Polizia Stradale e Corpo Forestale dei Carabinieri. Peccato, perché soltanto gli agenti e qualche birbaccione portato entro le mura del presidio per accertamenti o identificazioni, potranno ammirare la statua originale del Divo Giulio (A.D. 1933).
Il Generale rimarrà dove è stato negli ultimi settanta anni, vale a dire al civico 66 di via Flaminia. Fine della saga. Vorrà dire che per ammirare la statua, i turisti dovranno farsi arrestare. E non è istigazione, solo celia.
Torno alla determina. Un capitolo parla chiaro:

PREMESSO che:
● l’Amministrazione Comunale annovera, tra i manufatti di interesse artistico e culturale di proprietà, il monumento in bronzo raffigurante Giulio Cesare (XX sec.) attualmente ricoverata presso l’“Ex Caserma Giulio Cesare”;

● l’area “Ex Caserma Giulio Cesare” sarà oggetto nell’imminenza di un intervento di riqualificazione per divenire la “Cittadella della Sicurezza”;

● con nota acquisita al ns prot 3202 del 02/03/2023, l’Agenzia del Demanio, Direzione Regionale Emilia-Romagna Area Governo del Patrimonio Servizi Territoriali Bologna 3, in vista dell’imminente avvio dei lavori di demolizione dei fabbricati della “Ex Caserma Giulio Cesare”, ha sollecitato al Comune di Rimini, in qualità di proprietario, la rimozione dal sito della statua in bronzo raffigurante Giulio Cesare (XX sec.);

● durante i sopralluoghi condotti dal personale specialistico dei Musei Comunali è emersa la necessità di sottoporre a restauro il monumento bronzeo al fine di preservarne l’integrità anche in previsione delle future esposizioni all’aperto;

● che l’Agenzia del Demanio ha espresso orientamento favorevole a riaccogliere a fine lavori la suddetta statua nel contesto della riqualificata “Cittadella della Sicurezza”;

RAVVISATE
● l’urgenza di movimentare il suindicato monumento bronzeo per ottemperare alle suddette richieste dell’Agenzia del Demanio;

● la necessità di sottoporre la statua ad analisi diagnostiche preventive al fine di definire la metodologia d’intervento di restauro conservativo; […].

A quanto pare non è dunque previsto il ritorno nella storica piazza dove il bronzo, dono di Benito Mussolini, fu sistemato nell’ A. XI. E.F. (come da iscrizione sul piedistallo). Qualcuno stenterà a crederci, ma il motivo per cui una parte della politica riminese non ne digerisca la presenza è la convinzione che sotto sotto, tra i fregi della lorica di Cesare si celino turpi rigurgiti fascisti. Che sia colpa dello iodio? In un virgolettato riportato da un giornale locale due anni fa, in un passo, citando un comunicato della locale Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, si legge: «[…] Ma questa statua fu donata alla città di Rimini da Benito Mussolini. È forse questa la storia della statua che si vorrebbe ricordare ed onorare? Alla statua di Giulio Cesare qualcuno vuole dare un valore storico e politico legato a colui che la donò a Rimini. Per questo la nostra opposizione è forte e decisa». Siccome non è mia abitudine fare di tutte le ANPI un fascio (sic!), cito assai brevemente un paio di passaggi (questi sì, illuminati) che il presidente di una sezione che non cito, ma di cui posso fornire qualsiasi prova, risponde ad una mia provocazione e scrive via e-mail: «Secondo la tua logica dopo il 25 Luglio del ’43 oltre che le statue del duce andavano abbattute tutte le opere pubbliche, strade, ponti, edifici ecc. realizzate durante il ventennio? L’EUR a Roma andrebbe raso al suolo? Così come lo Stadio dei Marmi adiacente allo Stadio Olimpico anch’esso edificato nel ventennio?» e conclude: «Il fascismo va combattuto nelle idee e nei modus operandi, non avversando opere murarie realizzate con il contributo di validi architetti che piaccia o non piaccia, hanno fatto la storia dell’urbanistica italiana per un periodo del secolo scorso». Esemplare. Sono questi, i giudizi equilibrati e di ben altra caratura di cui si ha bisogno. Del resto, come più volte scritto, diversi personaggi della cultura locale di indubitabile fede antifascista ritengono che la statua di Giulio Cesare fusa dalla rinomata Fonderia Laganà con sede sia a Napoli che a Roma, andrebbe sistemata in piazza Tre Martiri, centrale e prestigioso luogo ad essa deputato dalla Storia. Non farlo significherebbe sottrarre al patrimonio artistico della Rimini romana un monumento che deve essere riconsegnato alla città e ai visitatori. Di per sé, l’idea di piazzare una statua di Cesare presso la futura Cittadella della Sicurezza, non sarebbe del tutto peregrina, ma solo se la candidata fosse quella regalata alla città nel 1995 dal Rotary Club di Rimini che storicità a parte, è bisognosa anch’essa di restauro ed è obiettivamente di qualità inferiore.
Come fosse ieri, ma esattamente un anno fa, per poco meno di undici milioni di euro, una fusione postuma de Il Pensatore di Auguste Rodin (1840-1917) è battuta all’asta da Christie’s, a Parigi. Il 30 giugno, sull’albo pretorio del Comune di Rimini compare la determina di cui sopra con il destino di un bronzo di non altrettanto valore economico, ma di notevole significato storico e culturale. Il parallelo tra i due bronzi è immediato. Rimini si candida a “Capitale italiana della cultura” per il 2026. Immaginatevi l’opera di Rodin e i nostri amministratori pubblici nella stessa posa che pensata dopo pensata, infine partoriscono quella del secolo: seppellire agli occhi di cittadini e turisti l’emblema della nostra storia, il simbolo del valore strategico che Ariminum rappresentò per Roma e la considerazione che più di un imperatore ha avuto per questa città. Superfluo citare nomi e monumenti rimasti a testimonianza per onorarne gesta e memoria. Sepolture e sfregi sono all’ordine del giorno. Una considerevole parte di un anfiteatro romano che da decenni attende di essere riportato alla luce, potrà mai essere tenuto in ostaggio da un asilo? Si può concepire di bucherellare mura medievali e malatestiane per inserirvi passerelle? E cementare il fossato di Castel Sismondo e piazza Malatesta è cosa saggia? Invariabilmente, la risposta è sì. Mi fermo, solo per non infierire. Ma nonostante tutto si avanza una candidatura che definire velleitaria è poco. E infine, del confinamento del Divo Giulio, il Ministero della Cultura a Roma, a cosa penserebbe? A un nuovo cesaricidio?

Fotografia: Cesare ancora nell’ex Caserma nell’imminenza dei lavori di demolizione. Gli abbiamo fornito una falce per tagliare le erbacce che gli hanno lasciato crescere intorno. Al martello penseremo più avanti…

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