Rimini come Stoccolma?

Rimini come Stoccolma?

Arrivare al termine di dieci anni di mandato e non avere capito l’anima, il genius loci, il volto vero e non propagandistico d’una città come la nostra. Rimini non è mai riuscita a esser se stessa.

Questa è buona!
Adesso per l’ex sindaco in pectore di Jamil, per l’ormai cittadino qualunque e uomo della strada che studia l’inglese Andrea Gnassi, Rimini è come Stoccolma.
Non più Friburgo: Stoccolma!
In una regressione orgasmica che ci riporta ai tempi che di Svedesi qua ce n’era un ginocchio e non sapevi come sbatterle (ops…), ma insomma, sembrava di vivere in un quartiere di Stoccolma senza bisogno di fare tanti proclami.
Resta che il problema è sempre lo stesso: non avendo mai avuto un’identità degna di questo nome, indipendentemente dai gemellaggi più azzardati e utopici (Ostenda, Miami, Las Vegas ecc.) Rimini non è mai riuscita a esser se stessa: Rimini e basta.
Preda d’una schizofrenia latente tra mare e campagna, Emilia e Marche, San Marino e Italia, turismo e industria, tradizione e modernità che nessun politico di “questa” maggioranza s’è mai preoccupato di risolvere.
Per il semplice motivo che, nella sua ignoranza, non capiva né si rendeva conto dell’urgenza del problema, preoccupata solo di occupare militarmente il borgo per le proprie spartizioni di potere, spogliandolo e saccheggiandolo senza che le sia mai passato per l’anticamera del cervello di pensare a qualcos’altro.
Come risulta ancor oggi dai programmi solipsisti e autoreferenziali con cui i duellanti Gnassi-Melucci, pardon Jamil-Petitti lanciano su un nulla che altroché metterci la faccia e nobilitare la politica come fantasmagoricando dice qualcuno: settarismo personalista e basta
In un trend di supponenza giovanilista e restaurazione veterocomunista di cui il pupillo Jamil e l’apparatnik Petitti sono le propaggini estreme.
Che altroché bene comune e preoccupazione per cogliere non dico l’immagine (che son capaci tutti) ma una volta tanto l’anima, il genius loci, il volto vero e non propagandistico d’una città come la nostra.
Che tra arredi di cartongesso, pacchi del mare che bisogna sempre star lì a rifarli, restauri demodé di Galli e Fulgor in nome d’una museificazione del territorio che col territorio non c’entra nulla, non esiste più.
Grazie a una classe dirigente solo interessata a lotte intestine che avrebbero stomacato e costretto alle dimissioni lo stesso Zingaretti dei tempi belli.
Fortuna che c’è la destra!
Eh già, fortuna che c’è la destra…

«La nostra Stoccolma»
«Prima ridevano… dicevamo andate a Copenaghen a vedere perché si vive meglio la qualità della vita, e si rideva…andate a Friburgo e si rideva… andate a Stoccolma… Oggi l’abbiamo fatta in romagnolo la nostra Stoccolma. E qui sulla piazza sull’acqua c’è partecipazione, centinaia migliaia di persone…»
Andrea Gnassi, 11 maggio, conferenza stampa di presentazione di Giardini d’Autore

Fotografia di Uschi Leonhartsberger-Schrott da Pixabay

COMMENTI

DISQUS: 0