“Rimini ha perso il treno della riqualificazione turistica ed è caduta in basso”

“Rimini ha perso il treno della riqualificazione turistica ed è caduta in basso”

Le responsabilità degli amministratori comunali e della potente lobby degli albergatori

Alberghi di 20, 30 o 40 camere oggi vanno all’asta a 300 o 400mila euro, una decina d’anni fa sarebbero costati un milione, un milione e mezzo. Molte strutture in svendita a Rimini. Il motivo? "Non esiste al mondo un imprenditore che investa soldi per acquistare e ristrutturare un hotel che poi non produce un reddito adeguato". E così aumentano gli alberghi chiusi. A Riccione è tutta un'altra musica. "Ma ormai anche Misano e Cattolica hanno superato Rimini". Intervista all'immobiliarista Giuseppe Bigiarini.

A sentire Giuseppe Bigiarini, storico immobiliarista riminese, il treno del rinnovamento e riqualificazione del turismo di Rimini è stato ampiamente perso. Questa defaillance accadde negli anni ’90 quando invece la riqualificazione era ampiamente possibile, anzi già irrinunciabile. Oggi, dopo una perdurante crisi economica che ha lasciato ferite ancora visibili, la defaillance sembra strutturarsi in una vera e propria depressione e la ripresa appare sempre più ardua, come dice efficacemente Bigiarini in questa intervista, che non lamenta solo la scarsa sensibilità della classe politica-amministrativa, ma anche le sviste delle associazioni di categoria degli albergatori.

Bigiarini, perché abbiamo perso il treno della riqualificazione turistica?
“Verso gli anni ‘90 io, in rappresentanza di un centinaio di operatori del settore immobiliare, incontrai l’allora sindaco Giuseppe Chicchi (si stava discutendo della variante al Piano regolatore generale della città) a cui sottolineai la necessità di interventi radicali in tutta la fascia turistica offrendo la possibilità di riqualificare con accorpamenti di comparti e incentivi. Chicchi allora mi fece presente che gli albergatori erano una lobby potente e che non avrebbe potuto e voluto ingaggiare una ‘battaglia frontale’. Io semplicemente replicai che quella norma sarebbe andata proprio nell’interesse degli albergatori e di tutta la città. Ma ricordo anche di un incontro con l’allora presidente Maurizio Ermeti che avevo sollecitato a chiedere all’amministrazione più coraggio e una sua risposta piuttosto attendista… Io credo che anche l’Aia abbia le sue colpe, nel senso che dovendo e volendo tutelare gli interessi di tutti, ha finito per difendere solo il ‘proprio orticello’, senza però rendersi conto che il tempo delle strutture senza parcheggio, senza piscina, anche se con l’ottima cucina magari affidata alla mamma azdora, avevano le ore contate”.

Politica e imprenditori, entrambi responsabiliti?
“Sì è così, anche se per la verità le responsabilità più gravi possono addebitarsi agli amministratori che si sono dimostrati poco lungimiranti a Rimini”.

E volendo allargarci anche agli altri comuni turistici costieri?
“L’unica eccezione resta quella di Riccione. Riccione fece una norma molto intelligente: alle pensioni sotto le venti camere è stata data la possibilità di trasformarle in appartamenti. Compresero che era finito il tempo delle pensioncine gestite familiarmente ed era arrivato il tempo di gestioni più manageriali. Riccione praticamente espulse così dal mercato tutte le strutture sotto le 20 camere. Gli alberghi rimasti hanno avuto lo stimolo alla riqualificazione, che hanno fatto davvero, migliorando le loro strutture”.

Giuseppe Bigiarini. “O si riqualificano le strutture oppure il patrimonio alberghiero della città sarà sempre più degradato”

Risultato?
“Oggi chi va in un albergo a Riccione paga dai 70 ai 100 euro al giorno. Un cliente a Rimini paga 30-40 euro in strutture analoghe”

Allora, in teoria Rimini dovrebbe essere più appetibile di Riccione, non va bene?
“No non è così, almeno a medio termine e soprattutto in momenti di crisi. Non è così se ci si vuole adeguare al mercato turistico puntando più sulla qualità che non sulla quantità. A Rimini ci sono strutture piccole a volte con offerte inadeguate o comunque altre volte si sono trasformate in residence, che generano ulteriori problemi, di ordine pubblico e di decenza. A parte alcune eccezioni lodevolissime, la maggioranza degli alberghi di Rimini è in una condizione al limite dell’accettabile per le esigenze del turista odierno, che vuole ristorante, camere e bagni adeguati almeno allo stesso livello di quelli che ha in casa propria. Chi verrà in vacanza in una città dove si trovano ancora pensioni con il bagno comune nel corridoio? Ma al di là di questo si cominciano a fare prezzi stracciati risibili”.

Ma come si è arrivati a questa situazione, partendo dalla ‘capitale europea del turismo’?
“Tutti hanno dormito sugli allori. I politici sono stati poco lungimiranti e gli albergatori anche, visto che spesso si sentiva dire: finché abbiamo il sole e il mare avremo anche il turismo”.

Ma come si valuta il valore economico di un albergo?
“Fino a una decina d’anni fa nella riviera l’albergo era una sorta di status simbol. Con la crisi cominciano i guai. Ora in tutto il mondo e perciò anche sulla riviera adriatica, l’attività economica di una struttura ricettiva si valuta dalla rendita. Cioè il valore di un albergo è il quantum capace di produrre reddito. Ma gli alberghi di Rimini, parlando ovviamente in generale, non sono in grado di produrre un reddito adeguato: è questo il problema. O si riqualificano le strutture oppure il patrimonio alberghiero della città sarà sempre più degradato”.

Ci fa qualche esempio?
“In questo momento sono circa una decina gli alberghi all’asta. Ma le aste vanno costantemente deserte e alberghi di 20, 30 o 40 camere te li ritrovi all’asta a 300 o 400mila euro; questi sono gli stessi alberghi che una decina d’anni fa sarebbero costati un milione, un milione e mezzo. Ma quand’anche un imprenditore comprasse queste strutture e spendesse una cifra doppia o anche tripla nella riqualificazione, viene il momento in cui si domanda: ‘questo albergo quanto mi rende?’ Il conto economico non reggerà perché poi vendere camere a 30-40 euro al giorno non offre margini. Tra le strutture all’asta c’è anche un grande hotel con quasi 100 camere ora chiuso, che anni fa costava una quindicina di milioni di euro (anzi una perizia della banca valutava il suo valore sui 16 milioni di euro) che oggi sta andando all’asta per 6,5 milioni. Se l’asta va deserta, la cifra cala ulteriormente del 20 per cento. A Pesaro un albergo è stato venduto a quasi 6 milioni ma incassava tre milioni l’anno. In questo caso il calcolo economico e i margini operativi cominciano ad essere importanti. Un altro esempio: un mio cliente che aveva un appartamento turistico (due camere, soggiorno, garage) in zona mare ha voluto trasformarlo in un B&B che ha riempito solo praticamente per poco più di due mesi estivi. D’inverno niente. Con una piccola indagine telefonica ho scoperto che i clienti che dopo la prima volta sparivano erano semplicemente andati nell’albergo vicino a quattro stelle, dove si pagavano 34 euro per la pensione completa, contro i 60 euro al giorno nel B&B”.

Quanti sono gli alberghi in vendita a Rimini?
“A prezzo pieno di 5-6 anni fa, arriviamo quasi al 90 per cento delle strutture. Ai prezzi odierni qualche centinaio ma le vendite effettive sono pochissime. Per fare un esempio, la mia agenzia ne ha venduti due o tre ad un prezzo simile a quello delle aste. Un alberghetto con 24 camere lo abbiamo venduto recentemente a 370mila euro. Un altro da 40 camere lo stiamo trattando ora a 500mila euro. Quest’ultimo è lo stesso il cui proprietario aveva rifiutato di vendere ad un compratore che offriva un milione e mezzo circa una decina d’anni fa. Trattiamo anche alberghi ora chiusi a prezzi enormemente inferiori a quelli immaginabili qualche anno fa. Ecco altri numeri: non esiste al mondo un imprenditore che investe nel settore (tra acquisto a ristrutturazione di un albergo, soprattutto se stagionale) due milioni di euro per incassare 300mila euro a stagione. Il reddito giusto per investire non può essere dell’1 al massimo 1,5% come avviene a Rimini ma aggirarsi attorno al 5-6%”.

A Riccione com’è il mercato alberghiero?
“Molto meglio che a Rimini. Intanto perché la stagionalità è allungata e le infrastrutture sono migliorate (basta fare il confronto tra il lungomare e la pista ciclabile tra Rimini e Riccione). Non vorrei infierire, ma credo che anche Misano e Cattolica ormai abbiano superato Rimini. Ma a Riccione le camere d’albergo vengono vendute almeno al doppio di quanto non succede a Rimini. Un mio cliente che veniva dal Sud cercava un albergo da comprare. Ho girato con lui circa due mesi per Rimini col risultato che alla fine questo mio cliente ha comprato un hotel a Riccione, spendendo, è vero, un po’ di più ma avendo un ritorno del doppio di quanto avrebbe fruttato quello di Rimini. L’unico comune costiero che è riuscito ad eguagliare e anche a superare Riccione è Milano Marittima”.

Ma il mercato immobiliare in generale come va?
“Continua a migliorare, nel senso che le compravendite (che sono in riduzione da circa una decina d’anni) hanno assottigliato la riduzione, passata dal meno 5% al meno 1,5%. Ci vorrà qualche altro anno per assorbire la situazione depressiva causata dalle aste giudiziarie. Nella speranza che le banche non vengano costrette dal governo a mettere le sofferenze a bilancio, quindi a mandare all’asta il patrimonio immobiliare offerto in garanzia. Si dice che si tratti di 300 miliardi. Questo sarebbe il colpo di grazia. Mentre il rilancio del mercato immobiliare sarebbe il volano della ripresa economica come è successo in altri paesi. In Spagna per esempio, dove Rajoy ha fatto una legge in cui uno straniero che compra casa nel paese iberico non paga tasse per cinque anni. Ci sono quattro miei clienti riminesi che recentemente hanno venduto casa qui e comprato immobili in Spagna”.

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