Rimini saluta e ringrazia Vittoria Maioli Sanese

Rimini saluta e ringrazia Vittoria Maioli Sanese

Il funerale in una Cattedrale gremita: tanta emozione e una infinita riconoscenza per una donna che lascia una testimonianza luminosa di servizio e di dedizione alla comunità. La famiglia al centro del suo impegno. Nicola Sanese: «Il mio è un arrivederci, mio carissimo amore».

La notizia la esprime la protagonista stessa che ora non è più qui. Vittoria Maioli Sanese è morta giovedì 18 gennaio a causa di un aggressivo tumore che l’ha portata via nel giro di sei mesi dalla sua scoperta. In aprile aveva festeggiato gli 80 anni con una numerosa schiera di amici e parenti. Le complicate analisi cliniche e gli accertamenti nel giro di breve rilevano che il male è in fase avanzata, al punto che ai medici non resta altro da fare che dire alla paziente che non manca molto all’ultimo respiro. Eppure Vittoria non si incupisce e con la solita intensità di vita e fede scrive in una lettera inviata agli amici del Movimento di Cl riuniti nel ritiro d’Avvento: “…all’improvviso sono stata invasa da mille domande, che fondamentalmente posso sintetizzare in una domanda di senso. Come voglio questo tempo che è per me? È davvero il mio tempo e la mia vita? Ho già ricevuto una grande grazia: fin dall’inizio non ho mai pensato che fosse contro di me, che fosse un nemico, anzi, da accogliere e da vivere fino in fondo. Quello che sto vivendo non ha intaccato nemmeno per un secondo la mia serenità e la mia certezza, anzi è come aumentata la mia letizia perché questo ospite inatteso permette di trovarmi faccia a faccia con Cristo presente. Presente dove? Mi è evidente che spesso io, come tanti, rischiamo di relegare Cristo in una certezza che ha la nobiltà di essere intellettuale e rischiamo inoltre anche di avere un sentimento emozionale che ci appaga. Ma io, con tutta me stessa, dove sono? Quello che provo e capisco non esaurisce la totalità del mio essere. C’è qualcosa che si affaccia alla mia mente ed è un modo nuovo e direi anche sconvolgente di concepire me stessa. Ho sempre pensato che il punto centrale del nostro esistere e della nostra libertà è il modo come trattiamo noi stessi e perciò anche gli altri. Ora questo non basta più. Ho capito che resta comunque una distanza tra me e Cristo. Ora questa distanza non regge più perché Cristo o diventa il senso profondo e la consistenza del mio male oppure questo stesso male diventa un nemico”.
Vittoria è nata il 28 aprile 1943 in una famiglia numerosa (otto fratelli, fra questi anche don Giuseppe, morto nell’aprile 2016) che mamma Anna ha cresciuto in una fede letteralmente “impastata” nelle ottime tagliatelle che metteva spesso in tavola. Sposata con Nicola Sanese, ex sottosegretario e parlamentare, per il quale ora la pur estesa casa della via per Montescudo dove lei viveva insieme alle famiglie di alcuni figli è diventata “troppo grande”, come mi ha risposto l’altra sera Nicola al rosario per la moglie quando gli ho chiesto “come stai?”. Avevano sei figli, due dei quali adottivi. La figura pubblica più in vista era dunque il marito ma Vittoria, che ha avuto con lui uno splendido rapporto di coppia, di compagnia e amicizia vera, non avrebbe sfigurato come “ministro della famiglia” (oggi dovrei scrivere “ministra”, secondo un politicamente corretto che forse lei stessa avrebbe rifiutato, o anche no, non so). Tuttavia il suo impegno l’ha portata a frequentare altri palazzi.
A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 insieme al marito Nicola erano dell’Azione Cattolica. Nel 1970 fondò il Consultorio famigliare di Rimini (Ucipem), che ha continuato a dirigere fino alla fine. Insieme al marito furono a capo di un gruppo di giovani coppie. A questi Vittoria propose la formazione di una comunità di aiuto alla vita famigliare fondata sulla fede. C’erano tra gli altri Carla e Gianni Neri, Gianni e Carla Gasperoni, Clara e Paolo Gabellini, Settimio e Giannina Rinaldi, Rolando e Paola Gaspari, Paolo e Angela Arcangeli. Alcuni di loro descrivono i tratti salienti della personalità di Vittoria: “era una donna di grande fede, creativa, appassionata, accogliente e autorevole”. A proposito di accoglienza, risale a quel tempo l’impegno di alcune di queste famiglie a prendere in casa bambini abbandonati, che, partoriti all’allora ospedalino (in Corso d’Augusto) venivano poi lasciati all’Aiuto materno (anche questa una struttura che oggi non c’è più).
Paolo Gabellini, dal canto suo, sottolinea anche le difficoltà: “Era interessante il metodo che usava fra noi quando i nostri incontri incominciavano spesso col racconto delle litigate all’interno della vita di coppia e coi figli. Lei aveva sempre idee chiare sul come affrontare queste situazioni. Alla fine del primo anno me ne volevo andare perché in pratica non avevo capito granché per non dire niente, poi nell’anniversario del mio matrimonio ci regalò un mazzo di fiori. In quel momento mi sono sentito accolto e sono rimasto”. In questo gruppo la messa settimanale veniva celebrata all’inizio da don Vittorio Maresi, che ancora oggi è ospite della casa del clero, don Luigi Tiberti e don Giancarlo Ugolini, che non ci sono più. A quel tempo il gruppo sistemò anche la canonica e la chiesa di Bagnolo che veniva utilizzata soprattutto nei weekend e nei periodi di ferie. In quella casa venivano accolti anche bambini e adulti del luogo. Fra questi anche il piccolo “Concettino” che oggi è parroco della chiesa della Colonnella. Poi quella dimora e quella chiesa furono cedute alla comunità Papa Giovanni di don Oreste Benzi che ancora oggi ospita una casa d’accoglienza per ragazzi con problemi. Verso la fine degli anni ’70 questo gruppo di famiglie assume una fisionomia sempre più vicina a Comunione e Liberazione.
L’oggi e l’attualità di Vittoria Sanese sono espressi dalla numerosa schiera di figli, nipoti e pronipoti e dall’indicibile conta di amici. Punto di riferimento per Comunione e liberazione e per l’intera chiesa di Rimini e non solo.
Nella sua professione di psicologa si è occupata di coppie e famiglie. A questo proposito è importante precisare un particolare a cui lei teneva molto e che rivela la sua metodologia di affronto dei problemi coniugali. La coppia, diceva qualche volta ricordando Giovanni Paolo II, è fondata sulla libertà e la prima vocazione è insita nel nostro corpo che dovrà rispondere al destino che Dio ha pensato per ciascuno. La libertà totale dovrà essere esercitata da ciascuno dei due. Per esempio, aborriva o meglio si accendeva molto nel dire di non usare il “plurale”, come succede generalmente nel rapporto di coppia, e suggeriva di usare invece il singolare. La coppia, diceva, si fonda sulla “diversità”, non sulla “differenza”. Sembra una distinzione di poco conto ma, a pensarci bene, la “reciprocità” totale e libera tra i due è in questo modo paritario: entrambi hanno bisogno di essere capiti, comprendersi e amarsi nello stesso modo. Questo perché? Perché nella coppia, la prima “terzietà” che appare non sono i figli ma proprio quel tipo di rapporto tra i due. Non lo diceva spesso in modo esplicito, piuttosto faceva semplici esempi di vita quotidiana, ma è sempre stato chiaro per lei il rimando alla fede, come testimonia la lettera citata sopra.
Migliaia di coniugi in crisi, perlopiù insieme ma anche singolarmente, hanno fatto tesoro della sua consulenza psicologica e pedagogica. Oltre al lavoro clinico, ha guidato per anni gruppi di riflessione e formazione di genitori, operatori sociali, educatori. Ha scritto articoli e libri pubblicati dalla Marietti sui temi della coppia e del rapporto genitori e figli. Il sindaco di Rimini ha mandato un messaggio in cui, fra l’altro si legge: “…una personalità che attraverso il suo costante impegno in campo sociale e culturale ha lasciato la sua impronta importante nella comunità cittadina e in particolare nella storia del movimento di Comunione e Liberazione e del Meeting, dedicando la sua vita ad un tema fondamentale come la famiglia e le relazioni. Mi stringo ai suoi cari e ai tanti che l’hanno amata”.
Vero è che anche per il Meeting lei fu, assieme al marito Nicola Sanese, una delle protagoniste nella fondazione e nella sua costruzione fin dalla prima edizione in un settore come la ristorazione, che peraltro sembrerebbe piuttosto lontano dalla sua professione. Ma così non è. Infatti sulle sue doti di accoglienza e abilità in cucina si potrebbe aprire un altro capitolo della sua biografia.

Il mio è un arrivederci, mio carissimo amore: le parole di Nicola Sanese

È stato il vescovo emerito Francesco Lambiasi a presiedere la celebrazione funebre di Vittoria Maioli Sanese in una cattedrale stracolma di amici. Insieme a lui all’altare concelebravano tanti sacerdoti a partire dal vicario don Maurizio Fabbri, il parroco della chiesa del Villaggio Primo Maggio – frequentata dai coniugi Sanese – don Tarcisio Tamburini, diversi amici preti del movimento di Cl. Nella prima fila era seduto Nicola Sanese coi sei figli Paolo, Nicoletta, Silvano, Andrea, Maurizio e Stefano.
Lambiasi nell’omelia (nella quale ha anche riferito i saluti del vescovo Nicolò, assente per impegni a Genova), ha parlato di Vittoria e della scelta delle letture compiuta dai famigliari, che ha definito “azzeccate”, perché “scelte con intelletto d’amore”. La parola vera che ci voleva. I discepoli di Emmaus che incontrano Gesù dopo la morte, che si accosta a loro senza che lo riconoscano se non quando Lui spezza il pane. Poi sparisce dalla loro vista e i due dicono: “Ma non ci ardeva forse il cuore quando parlava?”
“Tante volte nella nostra vita, per un dolore improvviso e lancinante, facciamo l’esperienza del buio. E preghiamo con la più bella preghiera del Nuovo Testamento: “Resta con noi Signore perché si fa sera”. Qui l’esperienza di Vittoria, che ha vissuto insieme a Nicola per 58 anni, esprime quello che possiamo dire il Quinto Vangelo, oltre ai quattro canonici”, ha commentato Lambiasi. “È quello che il Signore scrive con la nostra vita, in noi e nelle persone che conosciamo. Siamo così in tanti qui perché abbiamo la stessa certezza dei discepoli di Emmaus: non ci ardeva forse il petto quando Lui ci spiegava le scritture? Quando ci blocchiamo, il nostro cuore raggelato si riaccende con le Sue parole. Nei miei quindici anni di episcopato ho avuto tutto sommato poche occasioni d’incontro con la Vittoria, che sentivo proprio come una sorella. Oltretutto era sorella di un prete anche a me molto caro, don Giuseppe. In quegli incontri con la sua vita spezzava il pane, come succede nella messa per riconoscerlo. Non si è mai spenta in lei la fiamma della fede. Non hai mai vissuto l’assopimento o l’addormentamento della fede. All’inizio nell’Azione Cattolica, poi nel movimento di Comunione e liberazione, che tanti di voi qui presenti condividete. Questo mi sembra il testamento spirituale di nostra sorella Vittoria: la fede si diffonde se la si rinnova continuamente, come l’amore che la fede anello nuziale, appunto rappresenta”.

A fine della messa è stato don Claudio Parma a tracciare un affettuoso profilo di Vittoria nella certezza che “anche nel dolore che ora si sente, la sua vita si è compiuta. Che ora è davanti al suo Signore che ha sempre amato sin da bambina. È stata madre di uno stuolo interminabile di figli oltre ai suoi sei a cui ha dato speranza per vivere. Solo tu Nicola carissimo sai quanto la sua mano dolce ti sia stata accanto per donarti l’aiuto di tante cose belle che hai realizzato per te stesso, per i tuoi familiari, il movimento di Comunione e liberazione, per la città di Rimini e l’Italia tutta. Vittoria ti ha sempre sostenuto nella tua presenza pubblica”.
Ha poi preso la parola un inedito e commosso Nicola Sanese che ha più volte chiamato Vittoria “amore mio carissimo”: “In questa stessa cattedrale davanti al Signore ci siamo uniti in matrimonio 58 anni fa. Con Lui e accanto a Lui è iniziato il cammino della nostra famiglia. Poi sono arrivati Paolo, Nicoletta, Silvano, Andrea, Maurizio, Stefano, con cinque meravigliose nuore e un genero, il preferito, come lo chiamavi tu, anche perché unico. Poi venti nipoti, undici pronipoti nati in nove nuove famiglie. Insomma quello che abbiamo chiamato il casato, di cui oggi fanno parte 56 persone. I numerosi amici e persone che hai seguito nel loro cammino e che hai continuato a seguire fino a sabato scorso. Decisivo per noi due è stato l’incontro con don Giussani che ci fece sperimentare il valore reale e concreto dell’appartenenza a Cristo, istante per istante nella grande comunità della Chiesa. Infine questa pesante malattia che ti ha consumato da giugno a giovedì scorso. Ma tu hai definito il morbo un ospite e la malattia l’hai vissuta come dono del Signore. Questo è stato il compimento del miracolo nella tua vita per me, per il casato, per la Fraternità, per la moltitudine di amici e per le persone “angeli” che ti hanno accudito in questi mesi. Nel Credo cattolico noi professiamo la “resurrezione della carne”. Perciò il mio è un arrivederci, mio carissimo amore. Ora continua a seguire ciascuno di noi, insieme ai nostri cari già in Cielo. A Dio mia cara Vittoria”. Nella messa sono stati eseguiti alcuni canti davvero belli, tra cui un canto finale dal titolo “La festa sta per cominciare”.

Serafino Drudi

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