Ripartenza lenta: fotografie dalla Rimini che ci prova e che resta chiusa

Ripartenza lenta: fotografie dalla Rimini che ci prova e che resta chiusa

Locali che hanno deciso di farsi trovare pronti allo sparo dello starter arrivato all'ultimo momento, ce ne sono. Ma tanti per ora restano spenti. Per capire che aria tira, per organizzarsi o per passare la mano.

A maggio inoltrato la Riviera di Rimini si stiracchia e prorompe un lungo sbadiglio di noia come un orso che si risveglia da un’estenuante sonno letargico. Da cosa sia stata indotta la stasi, purtroppo lo sappiamo bene. Tuttavia, nelle intenzioni, la città vorrebbe voltare pagina in fretta, uscire dall’ipnotico “impasse” in cui è rimasta per troppo tempo intrappolata (sembra uno scioglilingua).

Il giorno della libertà (condizionata) è arrivato. Finalmente si possono riaprire le attività e riprendere, almeno parzialmente, la vita di prima. Chi un po’ ammaccato, chi un tantino malconcio, di certo arrugginito e in ritardo rispetto alla consueta tabella di marcia della locomotiva turistica a cui si era abituati. Non è colpa di nessuno. O forse lo sarà anche, ma non è nelle nostre facoltà stabilirlo. E se anche lo fosse, adesso non è il caso e nemmeno il momento di farlo. Ora dobbiamo suturare in fretta le ferite e tentare un colpo di reni. Ci riusciremo?

Nella mattinata del primo giorno di apertura abbiamo fatto un rapido giro partendo da piazzale Cesare Battisti per raggiungere Marina Centro fino a piazzale Marvelli. Un carotaggio per snasufflare un qualche indicatore della situazione in cui si sta muovendo il tessuto lavorativo del turismo, il grande mare italiano in cui pesca in prevalenza l’economia locale.

In tutta sincerità, la giornata umida e incolore non rallegrava certo l’anima e notare parecchie serrande abbassate, hotel chiusi (anche 4 stelle) o “in fase di ristrutturazione” come abbiamo letto su alcuni cartelli affissi sulle vetrate, non è stato incoraggiante, ma speriamo aprano più avanti.

Per contro, spaziando con l’obiettivo fotografico all’interno di alcuni esercizi non ancora aperti si notava un gran fermento, un via vai di persone al lavoro per rassettare, pulire, riverniciare con la lena che si mette da queste parti, quando si scatena l’adrenalina da lavoro, cosa che normalmente si usa fare ancor prima che inizi la primavera. Quest’anno si parte con almeno tre mesi di ritardo.

Nel frattempo i problemi di Marina Centro, denunciati in più occasioni, non possono che essersi acuiti. È del tutto normale che accada. Le negligenze di chi era preposto a “fare” e “non ha fatto” andranno nell’immenso e indulgente calderone del “con tutto quello che è accaduto… !”. Ne citiamo una per tutte: le colate di cemento attorno ai pini che abbiamo visto ieri mattina, al posto delle benefiche griglie salvapiante di ghisa. Che sarà mai? Non penserete che in momenti di emergenza si pensi al verde pubblico, agli alberi, i veri polmoni del pianeta, a proposito di virus e crisi respiratorie. Nossignori. Gli sventurati pini di viale Vespucci sono pietrificati là, come i “prigioni” di Michelangelo, incastrati nel marmo. Forse ne moriranno. Ci sono orecchie che non vogliono ascoltare: amen.

Torniamo all’argomento principale, della stagione balneare. Prenderà vela, quest’anno? Le prospettive non sono delle migliori. Lo sapevamo. Questi mesi hanno ramazzato via senza compassione molte prospettive di futuro. Come se non bastasse, qualche vampiro concorrente (estero) pare stia cercando di dirottare altrove il turismo straniero tradizionalmente legato all’Italia e a Rimini in particolare. Essere stati primatisti europei di Covid–19 non aiuta e probabilmente non invoglierà a trascorrere le vacanze qui da noi. Se poi ci si mette pure una bieca concorrenza, le cose si complicano ulteriormente.

Quanto a complicazioni, la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, pardon… le operazioni in piazzale Kennedy per il Psbo non sono ancora terminate (si parla della prima metà di giugno. Sarà vero?) e l’hotel Bellevue, molto vicino al cantiere per il momento risulta chiuso. Che dipenda anche dai lavori del Duomo? Mah, sicuramente non giova nemmeno il fatto che a fianco ci sia un ex albergo, l’hotel Milano, per restare in àmbito meneghino, chiuso da molti mesi e in costante, inesorabile degrado. Un vero peccato: siamo in prima linea.

Rimanendo sulla medesima linea, abbiamo contato almeno tre grandi alberghi ancora chiusi. Anche la palazzina dell’Embassy non pare essere ancora in pista, così pure il Caffè Pascucci a differenza di tanti altri esercizi già attivi, come il Caffè delle Rose o in fase di apertura. Per contro, un negoziante a cui abbiamo chiesto come stesse procedendo la giornata d’esordio, ci ha detto a tutta chiostra di avere appena venduto un paio di scarpe. Le prime di una lunga serie, gli abbiamo augurato.

Avvicinandoci a piazzale Marvelli, l’ex Galleria Savoia e bar annesso (da tempo chiusi), continuano a dare il peggio di sé con un rottame di bicicletta saldamente incatenato a un cilindro di ferro all’inizio del corridoio di ingresso. Sembra arredare l’anticamera di un trenino fantasma del luna park. Rimuoverlo? Guai al mondo.

I negozi che stanno per aprire, sul lato opposto della strada, devono trarre il dovuto giovamento dall’augusta presenza di siffatto velocipede. Non ci siamo proprio. Un giorno o l’altro pubblicheremo tutta la collezione fotografica di biciclette/rottami scattata in giro per Rimini. Ma durante il tour dell’overture, non abbiamo notato solo serrande chiuse e locali scalcagnati.

Per esempio, poche centinaia di metri dopo il granitico “Artrov” di Riccardo Bianchini in cui sedevano in serenità persone intente a far colazione, abbiamo avuto modo di apprezzare il locale super attrezzato e molto bello e luminoso di un parrucchiere per signore con tanto di camminamenti, visiere, guanti e tutti gli accessori per accogliere in sicurezza le clienti. Poi altri negozi in ordine, pronti a scattare dai blocchi di partenza con il loro miglior vigore.

Ma il segnale che ci ha maggiormente dato un filo di moderato ottimismo è il cartello appeso alla ringhiera di un albergo in corso di riapertura che recita: “cercasi cameriera ai piani”. Una richiesta che pare emergere dal pentolone di un passato vicino, ma dimenticato assai in fretta, colmo di opportunità di lavoro, grane e fatica, ma anche appagamento e benessere. Ci rendiamo conto di essere a un passo da uno scivolone nella retorica, ma con i tempi che corrono, una richiesta del genere ha quasi la stessa valenza della nascita di un panda in cattività. Quell’invito a telefonare per un posto di lavoro rappresenta una bella nota di ottimismo. Del resto, l’ottimismo e l’auto incoraggiamento è parte del nostro carattere battagliero e mai domo di noi romagnoli del sud, come dicono.

E lo sprone o meglio, l’auto sprone abbiamo avuto modo di fotografarlo un paio di giorni fa nel borgo San Giuliano. Era sul cofano di una bella 500: TIN BÒTA, REMIN.

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