Si discute in maniera accesa di ripubblicizzazione del servizio idrico a Rimini e con l'affidamento a Hera ampiamente scaduto e in regime di proroga s
Si discute in maniera accesa di ripubblicizzazione del servizio idrico a Rimini e con l’affidamento a Hera ampiamente scaduto e in regime di proroga si attendono le prossime mosse. Molto prevedibili, almeno secondo le opposizioni che in consiglio comunale hanno parlato di “patto di ferro fra Hera e Pd”. Riccione affronterà il problema del nuovo affidamento del servizio idrico integrato della provincia di Rimini in un consiglio comunale aperto in programma il 5 marzo. Ma pare che, a proposito di oro blu, la vera posta in gioco abbia ramificazioni molto più sotterranee e non si possano escludere sviluppi clamorosi.
“La vera questione in tema di servizio idrico ruota attorno alla possibilità di privatizzare Romagna Acque”, spiega a Rimini 2.0 l’ex sindaco di Forlì Roberto Balzani (nella foto). “La partita latente, fino ad oggi mai evidenziata nelle discussioni pubbliche, è proprio questa e a mio parere, prima della riflessione sul gestore, la priorità dovrebbe essere quella di preoccuparsi di mantenere in mano pubblica Romagna Acque”. E a quanto pare assicurare anche per il futuro la natura pubblica di Romagna Acque – Società delle Fonti S.p.A, attualmente presieduta dal riminese Tonino Bernabè e totalmente pubblica, potrebbe essere un obiettivo non scontato. “E’ il tema politicamente rilevante e prioritario, che per il momento si è affacciato solo in forma ipotetica, ma io ritengo che sarebbe grave perdere il controllo degli asset, anche se solo parzialmente”, spiega.
Balzani è dell’idea che “Romagna Acque potrebbe occuparsi anche della gestione del servizio idrico su scala romagnola, allineando però le scadenze di Rimini con quelle di Forlì, Cesena e Ravenna”. Su questo aspetto l’ex sindaco invita a “studiare la strada più efficace” per rinvenire la soluzione tecnica migliore, anche tenendo conto delle compensazioni (per Rimini il coordinatore provinciale di Atersir, Stefano Giannini, ha quantificato in 113 milioni di euro il costo degli investimenti effettuati da Hera, nda), che raggiungono cifre considerevoli, basti vedere quello che sta succedendo a Reggio Emilia”. Dove per riappropriarsi della gestione del servizio idrico in capo a Iren, servono 125 milioni di euro.
In Romagna lo scenario dal punto di vista dell’acqua non è omogeneo. “A Forlì, com’è noto, la situazione è diversa da quella di Rimini ma sono stati necessari anni per raggiungerla. Nel caso di Rimini incide anche un aspetto eminentemente locale, vale a dire “l’aiuto” che Hera sta dando, grazie alla sua competenza che va comunque riconosciuta, al Comune sulla questione fognaria, che probabilmente rende il vincolo con Hera più difficilmente scindibile”, chiosa Balzani.
Ma non è tutto. Balzani individua in Atersir l’anello debole che non aiuta a sbrogliare la matassa dell’acqua. “Che sia un’agenzia debole non mi pare in discussione. C’è chi sostiene che sia stata creata con questo limite in maniera involontaria mentre secondo me si è trattao di una scelta. Il modo in cui è stata pensata la struttura di Atersir, con personale prestato dalle Province e da altri enti territoriali e con la possibilità di ritornare in quegli stessi enti, ha privato l’Agenzia territoriale per i servizi idrici e i rifiuti di molte competenze. Nessuno si è preoccupato di mantenere nemmeno il capitale umano in Atersir, che in questo modo e avendo a che fare con una serie infinita di problemi e con due colossi dal punto di vista della “controparte”, come Iren ed Hera, non può adeguatamente adempiere al suo compito”. E se si chiede a Balzani quale cambio di rotta andrebbe attuato, la sua risposta è la seguente: “Finché la Regione non si metterà in testa di potenziarla, Atersir resterà una “scatolina” che non può andare molto oltre ad una attività di tipo formale. Diciamo la verità: la giunta Errani era dell’orientamento che certi temi li dovessero gestire le multiutility”.
Di fatto privando il sistema di un forte regolatore terzo. “Questo è il cardine vero del mercato dei pubblici servizi: senza un regolatore terzo anche le liberalizzazioni o le privatizzazione si traducono in un prelievo di valore incontrollato dalle tasche dei cittadini. Non vi è dubbio che quella sorta di superpotenza rappresentata dalle multiutility sia figlia delle carenze presenti nel pubblico e del totale disinteresse del ceto politico che ha pensato quasi esclusivamente a distribuire poltrone. A me piacerebbe un pubblico capace di operare come fosse una impresa privata, secondo lo spirito della prima municipalizzazione avvenuta in Italia, trasferendo il vantaggio dal punto di vista delle utilità in termini di investimenti o di risparmi in bolletta. Ritengo fondamentale il parametro dell’efficienza, senza il quale anche le migliori vision, ripubblicizzazione dell’acqua compresa, non andranno da nessuna parte”.
Dal governatore dell’Emilia Romagna c’è da aspettarsi un cambio di rotta della Regione in questa materia? “Bonaccini ha una posizione più laica di Errani”, risponde Balzani, “che ha espresso un rapporto molto stretto con il sistema delle multiutility. Il nuovo presidente appare più duttile, cerca probabilmente una via più praticabile e meno ideologica e quindi a fronte di proposte che siano sostenibili economicamente, ritengo lo si possa trovare non schierato a priori a favore di una formula o di un’altra”.
Un consiglio ai Comitati per l’acqua pubblica? “Di non caricare la questione acqua di elementi enfatici, che servono più che altro a costruire una autoidentità di gruppo, perché questo finirebbe col nuocere alla causa. La battaglia deve essere radicale ma senza radicalizzazioni di tipo ideologico, con un approccio concreto e direi anche riformista fondato su solide basi di realtà, altrimenti si rischia di fare l’interesse del Re di Prussia, aiutando chi si vorrebbe combattere”.
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