Botta: «Siamo stati alla mercé dei problemi interni alla Lega in tutta la Romagna e in particolare a Rimini». Risposta: «Quando la casa dei moderati prende il 2%... beh, bene che abbia vinto Jamil». Ma l'onorevole forlivese si è anche difeso scaricando sul «tavolo nazionale» e sui candidati locali che non hanno voluto metterci la faccia, come il senatore Barboni. Il sindaco di Rimini si è goduto «lo spettacolo» e si è espresso in maniera dissonante dalla sinistra sul tema dello ius soli. Mentre sulla fusione tra le fiere di Rimini e Bologna è apparso più cagnoniano che gnassiano.
«Nel centrodestra bisogna aprire una grande riflessione: a Rimini abbiamo subito una sconfitta molto pesante, eravamo l’unica città in tutta la Romagna realmente contendibile, con un sindaco che terminava il proprio mandato e un centrosinistra spaccato con due candidati, mentre il centrodestra veniva anche dalle vittorie dalle elezioni regionali e politiche…, abbiamo perso la vera opportunità». Così Filippo Zilli (Fratelli d’Italia) negli studi di Talk24 (Teleromagna), un una riflessione sulla debacle delle forze alternativa alla sinistra in occasione del voto del 3 ottobre a Rimini che a tratti si è incendiata. «Ceccarelli è stata una scelta che sicuramente abbiamo pagato, non voglio dire che era la persona sbagliata perché è stato un grande candidato sindaco che ha fatto un grande lavoro sul territorio, ma partiva da un difetto di territorialità legato alla difficoltà di conoscenza di Rimini mente dall’altra parte avevamo un candidato, oggi sindaco, più che rodato, che veniva da 13 ani di esperienza amministrativa nella nostra città».
Ma il vero scontro nella analisi del risultato lo si è avuto fra il rappresentante ravennate di Forza Italia, Alberto Ancarani, e quello della Lega, Jacopo Morrone.
Ancarani ha confermato l’assist di Zilli: «E’ vero, Rimini era l’unica città contenibile in Romagna e da quello che mi hanno detto tutti i miei colleghi di partito, anche riminesi, lì c’è stata purtroppo una grave mancanza di visione rispetto alla candidatura. Persona assolutamente degna Ceccarelli, ma inadeguata ad essere il miglior candidato possibile per tutto il centrodestra riminese, e non di quello di Bellaria di cui era stato sindaco, tanto per essere chiari. Se si arriva sei mesi prima del voto e il principale problema è fare la guerra ai tuoi colleghi di partito perché hai paura che si candidi a sindaco uno che magari, pur essendo sempre vicino alla Lega non è però della tua corrente interna e quindi temi di perdere potere…, perché questo è quello che è accaduto purtroppo. E’ mancata lungimiranza da parte della Lega, siamo stati alla mercé dei problemi interni alla Lega in tutta la Romagna e in particolare a Rimini».
Morrone ha naturalmente offerto una diversa visione della sconfitta, ma scaricando molto su altri rispetto al proprio ruolo da “regista”: «Non è andata come dice Ancarani. Anche a Rimini abbiamo pagato un tavolo nazionale, l’indecisione di alcuni partiti compreso quello di Forza Italia che ha sempre posticipato qualsiasi tipo di scelta». Non è mancato un affondo rispetto a chi non ci ha messo la faccia: «Io avevo dichiarato che anche il senatore Barboni si sarebbe potuto candidare, il problema è che probabilmente alcuni candidati preferiscono altri ruoli e quando devono metterci la faccia, il coraggio a candidarsi a sindaco della propria città, si tirano indietro». Quindi l’ha buttata sulla assenza di una leadership riconoscibile e radicata nel centrodestra riminese: «Quando la casa dei moderati prende il 2%… beh, bene che abbia vinto Jamil. Si vince quando si crea una classe dirigente e la fiducia da parte dei cittadini nell’alternativa. Abbiamo cercato di creare questo ma non ci siamo riusciti». Parole di pieno sostegno a Ceccarelli: «E’ stato il primo sindaco di centrodestra in provincia di Rimini, dotato di grande capacità e conoscenza, a detta di tutti i leader nazionali un ottimo candidato. Però quando i partiti che devono portare acqua al mulino non riescono a farlo … e il Pd questa volta ha preso tanti voti. Non era così semplice vincere a Rimini. Io conosco bene il territorio di Rimini ci sono stato tutta l’estate». Dichiarazioni che però non tengono conto nemmeno dello scarso risultato ottenuto della Lega, che a Rimini ha perso, rispetto alle comunali del 2016, ben 13.598 voti, e moltissimi anche se si guarda alle più recenti elezioni regionali e politiche.
Un duello, quello disputato dai rappresentanti del centrodestra negli studi televisivi qualche giorno fa, che ha fatto dire a Jamil Sadegholvaad, col sorriso sulla bocca, «uno spettacolo».
Dal sindaco di Rimini è venuta una presa di posizione inattesa, ed anche fuori asse rispetto alla sensibilità della sinistra, sullo ius soli: «se viene interpretato come automatismo per chi nasce in Italia non mi vede particolarmente favorevole. Deve essere concessa la cittadinanza a chi cresce nel nostro paese, a chi frequenta le nostre scuole, a chi dimostra di volere realmente questa integrazione in Italia. Non credo negli automatismi, ma il tema deve essere affrontato perché non possiamo gioire delle seconde generazioni solo quando vincono le medaglie d’oro alle olimpiadi».
Altro argomento di confronto è stato quello della fusione tra le fiere di Rimini e Bologna. Gnassi figura autorevole per guidare la fiera unica, gli è stato domandato? E qui Jamil è sembrato più cagnoniano che gnassiano: «Gnassi è uno straordinario amministratore e quindi può fare bene in tanti contesti, però il tema non è quello del nome di chi farà il presidente, ma di vedere se questa fusione è nell’interesse delle fiere di Rimini e Bologna e del sistema emiliano-romagnolo. Da un punto di vista di politica industriale la fusione s’ha da fare e credo sia nell’interesse delle due fiere perché ne nascerebbe il primo gruppo fieristico italiano e il terzo a livello europeo, però non a tutti i costi. Da sindaco non mi sento di dire che questa fusione si debba fare in ogni caso, dovranno essere salvaguardati gli interessi della mia città così come Lepore giustamente salvaguarderà quelli di Bologna. Non sono un campanilista, si deve guardare avanti e rafforzare il nostro sistema fieristico però c’è un tema di governance e di adeguata valorizzazione della Fiera di Rimini in un contesto di fusione con Bologna».
I bolognesi saranno disposti a scendere a patti? «Noi guardiamo Bologna negli occhi, a pari altezza, come loro fanno con noi, quindi non abbiamo alcuna sudditanza perché la nostra è una fiera dalle spalle larghe che possiede tanti marchi/manifestazioni fieristiche di proprietà, a Rimini si affittano pochi padiglioni e si fanno tante fiere che sono di proprietà di Ieg. Sappiamo bene che abbiamo valore nella nostra fiera e lo faremo valere nella trattativa con Bologna».
E Morrone ha rintuzzato: «Non penso che Jamil possa scegliere su Gnassi, visto che quest’ultimo ha portato il primo ad insediarsi in Comune. Mi preoccupa la fusione, se dovessi rilanciare Rimini e la Romagna penserei alla fiera di Milano per dare una spinta. Invito a guardare i conti e i numeri per non affossare la fiera di Rimini, che è una realtà sana e un patrimonio per tutto il territorio romagnolo. Mi fa rabbrividire l’ipotesi di una fusione ordinata dal Pd che vedrebbe la testa della fiera di Rimini spostata a Bologna. Non è vero, caro sindaco, che Bologna ci guarda alla pari, ci ha sempre guardato dall’alto verso il basso. lo sanno gli aeroporti, i porti… Mi auguro che Gnassi trovi altre strade e non si debba ricollocare a capo della fiera».
Servita su un piatto d’oro la stoccata finale di Jamil: «Sentire Morrone parlare di gioco di squadra mi fa sorridere perché sull’aeroporto di Forlì la Lega e Morrone non hanno fatto gioco di squadra visto che tra l’aeroporto di Rimini e quello di Bologna è risorto dal nulla lo scalo di Forlì, evidentemente non si impara mai dagli errori del passato».
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