Ma anche Jamil e il Pd hanno perso per strada molti elettori

Ma anche Jamil e il Pd hanno perso per strada molti elettori

Rispetto alla vittoria al primo turno di Andrea Gnassi nel 2016, il neosindaco non intercetta quasi 4mila voti, la coalizione di centrosinistra quasi 3mila, il partito democratico 4.150. Il Pd perde anche due seggi e la maggioranza sarà condizionata dai civici della "lista Jamil". Nel campo del centrodestra la Lega rispetto alle regionali del 2020 si è giocata 13.550 voti. E adesso continua la bagarre interna. I commenti di Barboni e Barcaiuolo, il botta e risposta Raffaelli-Ravaglioli.

Alle comunali del 2016 Andrea Gnassi fu eletto al primo turno con 37.391 voti pari al 57%. Anche Jamil si è tolto il pensiero senza dover andare al ballottaggio, ma fermandosi a 33.542 consensi, il 51,32%. La coalizione di centrosinistra (Pd, Patto civico con Gnassi, Rimini attiva, Futura, sinistra per Rimini e Italia dei valori-centro democratico) con Gnassi ottenne 34.190 voti e il 55,94. Per Jamil (Pd, Lista Jamil sindaco, Rimini futura e Azione, Rimini coraggiosa, Europa verde) 31.522 schede con la croce sui simboli a sostegno e il 51,14%.
E il Pd, cinque anni fa, aveva portato a casa il 33,46% (20.447) e 13 seggi in consiglio comunale. Ora si ferma al 26,44% (16.296) e a 11 seggi, perchè la lista Jamil se ne accaparra ben 7 (il Patto civico per Gnassi era arrivato a 5). E passata la sbornia del successo sono i numeri, ovvero gli equilibri, a dettare legge. In particolare in un consiglio comunale dove contano quelli che alzano la mano. Praticamente la “lista Jamil” sarà l’ago della bilancia.
Fra i tanti elettori che sono rimasti a casa, insoddisfatti dell’offerta che è stata loro proposta, ce ne sono una valanga sia a sinistra che a destra.
Il centrodestra due giorni fa si è preso la batosta del secolo ma se il confronto avviene con la precedente tornata elettorale ha addirittura migliorato: Marzio Pecci mise in saccoccia 16.380 voti (24,97%) e la coalizione (Lega, Forza Italia, Uniti si vince e Fratelli d’Italia) 16.123 corrispondenti al 26,38%.
Enzo Ceccarelli 21.525 pari al 32,94% e la coalizione (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia-Unione di centro-Noi con l’Italia, Paesani, Frisoni, Popolo della famiglia, Rinascimento Sgarbi) 20.753 (33,67%). Ma la performance delle forze politiche di centrodestra nel 2016 è stata una delle peggiori di sempre. Nel 2011 Gioenzo Renzi accarezzò il 47% e la coalizione si il 34%.
Se invece il raffronto avviene con le elezioni più recenti, ovvero le politiche del 2018 e le regionali del 2020, la musica cambia. In peggio per il centrosinistra, che non elesse né Sergio Pizzolante (27,16%) né Tiziano Arlotti (27,48%) e il Pd non andò oltre il 23,52%.
A parti invertite rispetto alle comunali appena archiviate, il centrodestra invece, mandò a Roma Elena Raffaelli (34,88%) e Antonio Barboni (35,05%). La Lega andò vicina al 20% (contro il 13,46% delle comunali) mentre Fratelli d’Italia non superò il 4% (contro l’ultimo bottino del 13,77%) e Forza Italia se la passò bene con circa il 12%.
Alle regionali che hanno portato alla riconferma del presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini è stata una calamita per il 48,75% degli elettori a Rimini, e il Pd ha sfiorato il 33% (32,85% contro il 26,44% odierno).
La candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni attrasse quasi il 46% dei consensi, e la Lega fece il botto: 31,64%. Mettendo vicini i numeri del 2016 e del 2020 salta all’occhio che la Lega si è alleggerita di 13.598 voti, in parte ceduti a Fratelli d’Italia, in parte andati ad ingrossare il serbatoio dell’astensionismo, ma solo uno studio approfondito sui flussi elettorali potrà intercettarne tutte le destinazioni.
Ma se si volesse indugiare sui tracolli, sarebbe anche troppo facile guardare alla polvere di 5 stelle: alle politiche del 2018 ben il 30% dei consensi, alle regionali del 2014 il 17% e a quelle del 2020 un debolissimo 5%. Ma il 2,45% delle comunali (alleati di Gloria Lisi) segna davvero un’estinzione.

Delusione per quanto riguarda i primi commenti al risultato della debacle in casa centrodestra. Antonio Barboni aveva «previsto tutto» anche «la possibilità di perdere al primo turno», ma per un leader politico, per di più con un posto di primo piano essendo il portabandiera del centrodestra in parlamento insieme a Elena Raffaelli, è un po’ poco il titolo di indovino. Il coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, Michele Barcaiuolo, invece, gongola perché il partito di Giorgia Meloni ha fato man bassa di voti, il problema è che ha cannibalizzato la Lega e se poi perde la colazione è la vittoria di Pirro.

Ancora meno comprensibile è il commento di Elena Raffaelli, che torna a “bastonare” Alessandro Ravaglioli, mettendolo di fatto alla porta, e che difende la scelta perdente di Ceccarelli: «Alessandro ‘Dodo’ Ravaglioli prende un abbaglio dietro l’altro. Evidentemente il fallimento come aspirante candidato sindaco a Rimini lo fa vaneggiare. Abbiamo letto messaggi che ‘Dodo’ ha inviato a destra e a manca con l’invito a sabotare il candidato sindaco del centrodestra, Enzo Ceccarelli. Atti ottusi e vendicativi che, da un lato, delegittimano le aspirazioni di Ravaglioli e, dall’altro, confermano la lungimiranza del centrodestra ad optare per Ceccarelli, persona di eccezionale umanità, preparata e seria. Abbiamo perso la tornata elettorale, ma con onore. E non possiamo che essere soddisfatti del risultato della Lega che si attesta al 13,46 per cento, segno che la militanza ‘buona’ ha lavorato a testa bassa. Due le verità che emergono dalle azioni di disturbo elettorale di ‘Dodo’ Ravaglioli. In primo luogo, Ravaglioli ha tradito lo spirito della Lega, al cui interno si discute anche animatamente prima delle scelte ma poi si marcia uniti per arrivare al risultato. In secondo luogo, ‘Dodo’ ha travisato un principio basilare della Lega, quello di non prestarsi al vecchio schema consociativo della finta opposizione. Ravaglioli è stato smascherato grazie all’arroganza dei suoi messaggi. Rivela, infatti, con chiarezza quale sarebbe stato il suo obiettivo: una blanda campagna elettorale di facciata per dare strada libera al candidato della sinistra. Un tradimento perpetrato ai danni del nostro elettorato. Della Lega si potrà dire tutto, ma non che non segua con coerenza i propri principi basilari declinati sui territori a seconda delle esigenze della gente. Ravaglioli ha deluso, si è messo fuori da solo non comprendendo che l’elettorato alternativo alla sinistra pretende chiarezza e coraggio dai propri eletti, rigettando il ripetersi di schemi ambigui decisi a tavolino. Ne tragga le dovute conseguenze».

Non si è fatta attendere la replica di Ravaglioli, che sfida l’onorevole di Riccione ad «un dibattito pubblico davanti a tutta la militanza della Lega, in TV, dove vuole lei, così vedremo dove sta la ragione», le ribalta addosso l’accusa di tradimento (dello «spirito leghista»), le rinfaccia di essersi inventata «una candidatura priva di ogni fondamentale della politica, avversata da tutte le forze del centrodestra ed accettata solo per sfinimento dopo sette settimane di tira e molla». E difende anche il proprio passato politico: «La mia Forza Italia in ogni tornata amministrativa prendeva più voti che alle politiche e mai è andata sotto il 20% raggiungendo anche un picco del 30.5%».
Scrive: «L’onorevole inesistente riccionese mi attribuisce il potere magico di spostare il 13% dei voti (differenza tra il risultato della Borgonzoni e Ceccarelli) su Rimini attraverso WhatsApp visto che nelle due settimana precedenti al voto sono stato all’estero per lavoro ed in ospedale per un intervento chirurgico. Per quanto riguarda la “blanda” campagna elettorale vorrei ricordare che Ceccarelli verrà ricordato per due “proposte”: la riapertura al traffico del Ponte di Tiberio e la ricostruzione dell’Isola delle Rose. Quindi deduco che se si fosse votato un mese dopo (come auspicato dall’On. di Forlì) magari Ceccarelli sarebbe stato ricordato per aver proposto il trampolino olimpico per i giochi invernali alle Grazie di Covignano».

E sempre a proposito di commenti va segnalata l’analisi di Carlo Rufo Spina, eletto in consiglio comunale con Fratelli d’Italia, che non tergiversa a partire dal titolo: «Abbiamo perso».
«Lo dobbiamo ammettere chiaramente e senza attenuanti, ancora, dopo 75 anni di monocolore, noi dirigenti e politici di centro-destra non siamo stati in grado di presentare una coalizione abbastanza forte, e con sufficiente anticipo, da spingere i nostri concittadini a votarci per amministrare la città», attacca. «Perché se è vero che la sinistra governa Rimini almeno da 15 anni (cioè dalle elezioni 2006 – ultime 4 elezioni) con solo 37mila/33mila voti, che – cascasse il mondo – ci sono sempre, senza alcuna defezione, è altrettanto vero che noi dobbiamo avere l’imperativo categorico di portare a votare ben più di 65mila/68mila Riminesi, perchè con quei numeri la sconfitta è sempre certa. Non è un caso che alle regionali 2020, ovvero quando riuscimmo con più incisività a portare a votare 76mila Riminesi, la partita dei rapporti di forza fu 48% a 45%, cioè quasi pari, in una parola giocabile».
Prosegue Spina: «Allora parlammo di “città contendibile” ed è vero: questa città ha dimostrato a più riprese di esserlo varie volte nel passato; se non ci siamo ancora riusciti, la colpa è solo nostra. Insomma, dobbiamo lavorare coordinati per creare una coalizione credibile che, partendo con almeno 2 anni di anticipo, sappia svegliare dal torpore e portare a votare almeno 80/85mila Riminesi: solo così potremo finalmente ambire a imprimere su questa città la nostra visione e il nostro progetto di bene comune. Ed ora, solo ora, ringrazio i miei elettori per la riconferma come consigliere comunale, un alto ufficio che cercherò di onorare con la consueta fermezza e incisività, favorita dalla grande affermazione di Fratelli d’Italia, primo partito di centro-destra, cui compete ora l’onere di condurre e trainare la coalizione. Ringrazio Enzo Ceccarelli per il grande impegno profuso in questo breve mese di campagna elettorale: 33% contro 51% è una sconfitta netta, ma non una debacle, quale quella del 2016, quindi è una buona base di consenso da cui ripartire, perché vuol dire che 1 Riminese su 3 che ha votato ha avuto fiducia in noi: la missione è farla avere anche ai 4,5 riminesi su 10 che sono rimasti a casa: troppi, veramente troppi! Ne approfitto per rivolgere un saluto ai miei 7 colleghi, vecchi e nuovi, in consiglio comunale: amici di partito e colleghi della Lega: il centro-destra a Rimini siamo noi e riparte da noi! Buon lavoro! Viva Rimini!»

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