Morrone fa volare Jamil a palazzo Garampi al primo turno

Morrone fa volare Jamil a palazzo Garampi al primo turno

Un risultato disastroso per il centrodestra a Rimini, figlio di scelte sbagliate e di prove muscolari tutte interne ai partiti. L'elettorato di riferimento ha risposto non andando a votare o votando in buona parte per altri.

Disastro su tutta la linea. La linea è quella imposta da Jacopo Morrone dopo mesi di ricerca tortuosa di un candidato sindaco del centrodestra che alla fine è stato individuato in Enzo Ceccarelli. Imposta, sarebbe meglio dire, a buona parte del campo alternativo alla sinistra. Un nome ufficializzato sotto ferragosto, in zona Cesarini, quando ormai gli altri papabili in lizza erano stati bruciati, uno dopo l’altro, sul falò delle vanità personali, degli sgambetti, dei colpi bassi e della volontà di comando. Della voglia di perdere. Non si è ben capito quale sia stato il criterio seguito dall’uomo forte della Lega fino a ieri, ma che da oggi si trova in altrettanto forte difficoltà anche all’interno della Lega, dove la scivolata dovrebbe aprire la strada ad una sana ma radicale riflessione.
Il forlivese non conosce Rimini ma ha dato ugualmente prova di voler pilotare e procedere a testa bassa, spinto ora da una lista civica, ora da un’altra. Facendo leva sui soliti argomenti gridati.
Chi ha pensato di poter vincere a Rimini dopo il decennio Gnassi con un candidato “straniero” uscito dal cilindro all’ultimo momento, ha dimostrato di non saper maneggiare l’abc della politica.
Sia chiaro, Enzo Ceccarelli, sul quale abbiamo subito scritto «speriamo che il candidato non sia né l’ex sindaco di Bellaria e né uno dei soliti politici, altrimenti il centrodestra non andrà nemmeno al ballottaggio», ci ha messo anima e corpo nel poco tempo a disposizione e ha fatto il possibile. Ma ha sbagliato tutto chi l’ha chiamato a indossare la maglia del centravanti con la motivazione, risibile, del suo precedente da bravo amministratore.

La prima frattura creata da Morrone è stata all’interno della Lega, con il trattamento riservato ad Alessandro Ravaglioli, che era gradito anche a diversi esponenti leghisti. Avrebbe vinto Ravaglioli se gli fosse stato consentito di correre? Molto probabilmente no, ma averlo fatto fuori con una “coltellata” politica sui giornali, ha creato ulteriori problemi. I voti andranno studiati, ma non è azzardato dire che anche le ripicche personali abbiano favorito il pessimo risultato, ovvero che nel centrodestra non pochi si siano espressi col voto disgiunto per punire Morrone. Nel centrodestra ha prevalso la competizione interna, in una sorta di cannibalizzazione dei consensi soprattutto fra Lega e Fratelli d’Italia, e questi ultimi pare abbiano avuto la meglio sia prendendo come parametro le precedenti comunali, che le politiche del 2018 che le regionali del 2020.
Una importante fetta di elettorato del centrodestra ha optato per l’astensione, mai così alta a Rimini, perché non ha accettato né il candidato e né il rischio di una compagine rissosa a palazzo Garampi. E’ una lezione che però i leader del centrodestra non vogliono proprio interiorizzare, continuando imperterriti sulla strada della sconfitta garantita.
A spingere in questa direzione, ancor più che in passato, sono stati anche i toni (soprattutto sui social) utilizzati da alcuni esponenti del centrodestra. Lo scontro personale, quando non l’offesa e l’insulto, sparando alzo zero un giorno sì e l’altro pure, hanno impaurito più che convinto a sostenere quella proposta.
Ma lo spoglio ha riportato tutti coi piedi per terra: chi era certo di un grande risultato, come Lucio Paesani, e per mesi ha affrontato tutti a muso duro, si è ritrovato con qualche centinaio di preferenze e meno del 2%.
Un discorso a parte meritano i 5 stelle, che sono andati vicini alla débâcle a Cattolica, perdendo al primo turno dopo cinque anni di amministrazione, e che sono stati praticamente doppiati dai No vax a Rimini. Il bottino col quale tornano a casa il senatore e la deputata penstastellati è il classico sacco di pive. E’ ormai abbastanza evidente che il movimento 5 stelle non abbia più alcuna possibilità di sopravvivere autonomamente ma solo quella di diventare un partito sistema a fianco del Pd, e invece a Rimini si è messo a fianco di Gloria Lisi con la benedizione di Conte. Ma la base 5 stelle non ha atteso gli “ordini” dall’alto ed ha votato principalmente per Jamil.
Gloria Lisi si accreditava di un risultato ben diverso, e addirittura mirava al ballottaggio, ma è stato un miraggio. Abbandonata dal mondo cattolico curiale, che ha scelto Jamil, ha pescato probabilmente più a destra (soprattutto fra quanti avevano un conto aperto con Morrone) che a sinistra. Ma che non potesse arrivare lontana era apparso subito abbastanza chiaro agli osservatori politici più rodati perché la sua forza è stata quella di essere stata una pedina della giunta Gnassi, in rappresentanza di un certo mondo cattolico e del volontariato impegnato nel sociale, e non certo di aver brillato di luce propria dal punto di vista della pratica amministrativa e della lungimiranza politica.
Si apre una fase impegnativa per Jamil Sadegholvaad, stretto fra la continuità e la necessità (ma anche la promessa, da lui più volte ripetuta nel corso della campagna elettorale) di cambiare metodo di gestione rispetto al suo predecessore, così come di gestire partite difficili che si ritroverà da subito fra le mani, alcune direttamente ereditate da Andrea Gnassi.

Il primo commento a caldo di Ceccarelli: «I Riminesi hanno scelto e hanno scelto per ben due volte. La prima non andando a votare, con una percentuale di affluenza che è tra le più basse storicamente registrate in città. La seconda votando in maggioranza la coalizione di centrosinistra, anche se il risultato non è ancora definitivo. Naturalmente accettiamo il risultato delle urne, questa è la democrazia.
Certo, dispiace per la scarsa affluenza al voto, che è stata decisiva per il risultato finale. Si è trattato di un fenomeno nazionale che andrà analizzato in profondità per capire questa disaffezione per la democrazia dei cittadini, di cui la politica è responsabile.
Dispiace anche che la coalizione di centrodestra e le liste civiche non abbiano raggiunto il ballottaggio che era il nostro obiettivo. Su questo punto ritengo che sia stato decisivo il risultato ottenuto da Gloria Lisi, sotto le aspettative, e il fatto che una buona parte del Movimento 5 Stelle abbia deciso di votare direttamente Sadegholvaad, senza seguire le indicazioni dei parlamentari pentastellati. Sono stati quei pochi punti percentuali che hanno provocato la grande differenza tra un’elezione al primo turno o un ballottaggio.
Per quanto mi riguarda ho un grande rammarico: cioè che la scelta della mia candidatura sia arrivata tardi, a un mese dal voto. Sono convinto che più tempo a disposizione avrei avuto la possibilità di fare conoscere meglio le mie proposte. Peccato, ma anche in questo caso è inutile recriminare, sapevo che era un’impresa difficile e queste poche settimane hanno rappresentato una sfida bellissima. Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine e tutti i riminesi che mi hanno mostrato amicizia e condivisione per le nostre proposte politiche.
Ringrazio anche i partiti che mi hanno sostenuto. E devo dire che, nonostante le inevitabili polemiche che seguiranno, è stato raggiunto un buon risultato, soprattutto da parte delle strutture più organizzate. La battaglia continuerà in consiglio comunale e i nostri eletti con la loro opposizione contribuiranno a rendere Rimini sempre più bella e funzionale, se la compagine di centrosinistra saprà approfittare di questa opportunità.
Grazie a tutti, è stata una bellissima esperienza».

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