Scoperta un’epigrafe del 1700 nel Santuario della Madonna della misericordia

Scoperta un’epigrafe del 1700 nel Santuario della Madonna della misericordia

Il rettore don Sebastiano Benedettini qualche tempo fa ha deciso di far rimuovere l'edera che ricopriva interamente il muro di cinta dell'orto/giardino della canonica che dà su via Bastioni Meridionali. Ed è venuta alla luce una bella e importante iscrizione lapidea.

Un pomeriggio di qualche giorno fa, Marco Ferrini (ex presidente della Confraternita di San Girolamo) mi chiama per segnalarmi che su un muro di cinta della chiesa di Santa Chiara è stato trovato qualcosa che merita di essere visto e proposto all’attenzione dei lettori di Rimini 2.0. Dopo un quarto d’ora e con il permesso del rettore don Sebastiano Benedettini, siamo insieme sul luogo del ritrovamento: il Santuario Madonna della Misericordia, detta di S.Chiara. La chiesa sorge nell’omonima via, a meno di un tiro di giavellotto (se preferite, “pilum”) dall’Arco d’Augusto.

La chiesa di Santa Chiara a Rimini.

Eretto nel XIV secolo dalle monache Clarisse che vivevano nell’attiguo monastero di Santa Maria degli Angeli, l’attuale luogo di culto viene edificato nel corso del 1850 in forma neoclassica dall’architetto riminese Giovanni Benedettini. Tempi di esecuzione: sei mesi appena. I fondi per la costruzione si trovano grazie alle copiose offerte piovute dai fedeli. La costruzione si rende necessaria perché si decide di sostituire la preesistente chiesa, diventata troppo piccola per il grande afflusso di devoti che vogliono vedere l’immagine della Madonna della Misericordia, dipinto datato 1796 del pittore riminese Giuseppe Soleri Brancaleoni (1750-1806).

La miracolosa immagine della Madonna della Misericordia. Per gentile concessione dell’utente eBay “michelangelo2849”.

Come ben noto, il quadro è la copia di una immagine “miracolosa”, opera di Giovan Battista Costa detta “Mater Salvatoris”, collocata nell’Oratorio di San Giovannino della Confraternita di San Girolamo. Tanto interesse e venerazione nascono dal movimento degli occhi della Madonna. Lo strabiliante fenomeno viene notato sulla tela il pomeriggio dell’11 maggio del 1850 per poi ripetersi varie volte, come affermano le cronache del tempo, durante gli otto mesi successivi. Pio IX ( 1792-1878), il marchigiano G.M. Mastai Ferretti (l’ultimo “Papa Re”), attraverso il Vescovo diocesano fa avviare l’iter processuale per verificare l’autenticità del presunto miracolo. Il prodigio si stabilirà essere stato tale in virtù di un centinaio di deposizioni giurate. Lo stesso Pontefice, il giorno di ferragosto del 1850, esige che “in suo nome e con la sua autorità” la sacra immagine venga coronata e dona al santuario riminese una cornice in oro, argento e pietre preziose per contenervi la tela raffigurante la Madonna della Misericordia. Ora non parleremo di oro, ma di un elemento assai meno nobile, non per questo meno attraente: la pietra. Un materiale che ha scritto e su cui si è scritta la storia del mondo.

La Madonnina nella chiesa di Santa Chiara.

Da 197 anni la cura della chiesa è in carico ai Missionari del Preziosissimo Sangue, tuttora custodi del Santuario. Don Sebastiano, il rettore, qualche tempo fa dispone la rimozione dell’edera che ricopriva interamente il muro di cinta dell’orto/giardino della canonica che dà su via Bastioni Meridionali.

Le possenti mura fatte costruire della monache per ampliare la clausura includendovi l’orto.

L’eliminazione del rampicante fa emergere dal torpore del tempo un’iscrizione lapidea del XVIII secolo, rimasta celata sotto la protettiva custodia della coltre verde. È chiaro che la notizia del ritrovamento non monopolizzerà la ribalta delle cronache internazionali, ma è pur sempre interessante scoprire e diffondere testimonianze locali provenienti dal passato. Nel caso specifico, il reperto è “parlante”. Nel senso che essendo un’epigrafe, per ascoltare la voce del tempo andato, basta tradurre il testo in latino per comprendere i motivi, come nel caso di specie, che hanno spinto a edificare un muro di cinta così alto, apparentemente superfluo che in realtà superfluo non era. Malauguratamente, in questa città attraversata da significativi capitoli storici che ne hanno lasciato tracce tangibili è capitato e accade tuttora che ritrovamenti pur considerevoli, ma non funzionali a progetti “sindacocentrici” (come da definizione dello storico dell’arte Giovanni Rimondini) finiscano nell’oblìo. Storia, identità e memorie rinnegate e affogate in una collosa mistura di cemento e vanagloria.

Meglio dunque tornare all’epigrafe settecentesca, tornata visibile e saldamente ancorata (a cura di don Sebastiano) al muro di mattoni da quattro robusti sostegni di ferro. Giovanni Rimondini, studioso e conoscitore di storia dell’arte, non esclude che l’iscrizione lapìdea possa anche essere una targa romana “di recupero” e avere pertanto sul retro una scritta risalente a quell’epoca. Quando questa è stata scoperta, in un primo momento le sono stati applicati due sostegni provvisori prima di apporre quelli ora visibili, ma non è mai stata defissa, quindi non è dato sapere se l’ipotesi del professore trovi riscontro. In futuro, chissà. Quando gli ho inviato una foto del ritrovamento, ho domandato all’amico Rimondini la cortesia di tradurne il testo.
Questa la sua risposta:

«L’epigrafe, graficamente è piuttosto bella e il testo ben costruito».
Ecco la trascrizione:
D.O.M.
MONIALES.SVB.TITVLO.DIVAE, CLARAE.
OB.ANGUSTIAS.COENOBI.SVI.HORTUM.
HUNC.IN.CLAUSURAM.REDACTUM.MURIS.
VNDIQUE.CIRCVMDARI.FECER[VNT].IMPENS[A].SVA.
A[NNO].D[OMINI]-MDCCXXXVIII.ALTIT[VDINE].EXTER[NA].PED[VM].XIII.
AVCTORIB[VS].RENATO.MASSA.ARIMINI.EPIS[COPO].
ET.IVL[IA].GELTRVDE. GENGHINIA.ABBATISSA.
ANGELIN[NVS].GERVASONIVS.ANGELLINVS. SYNDAC[VS].
OPVS.CVRAVIT.ET.SPATIO.XVI.MENS[IVM].ABSOLV[IT]
IOSEPH.BATTARRA..CAEMENTARIOR[VM].MAGIST[ER].

E questa, la traduzione:
In onore di Dio Ottimo Massimo
le monache Clarisse per la ristrettezza del loro convento nell’anno del Signore 1738, a proprie spese, fecero circondare questo orto, incluso nella clausura, da ogni parte con muri alti all’esterno 13 piedi. Col permesso del vescovo di Rimini Roberto Massa e della badessa Giulia Geltrude Genghini, il sindaco del convento Angelino Gervasoni Angelini curò l’opera e nello spazio di 16 mesi la realizzò il capomastro Giuseppe Battarra.
«Le monache hanno deciso di ampliare la clausura includendovi l’orto, il vescovo e la badessa hanno dato il loro consenso. Il sindaco o curatore degli affari del convento ha avuto il compito di realizzare l’opera che ha eseguito il capomastro», conclude Rimondini.

Le monache Clarisse per la ristrettezza del loro convento nell’anno del Signore 1738, a proprie spese, fecero circondare questo orto, incluso nella clausura, da ogni parte con muri alti all’esterno 13 piedi.

Ora sappiamo perché è stato eretto quel muro. Se si fosse ascoltato il parere di quanti amano veramente Rimini, chissà cosa e quanto avrebbe potuto raccontare il fossato che circonda Castel Sismondo e quanto avrebbero rivelato, gli scavi di piazza Malatesta se fossero stati approfonditi e… e forse è meglio lasciar perdere. A proposito, la Madonna della Misericordia si festeggia il 12 maggio…

COMMENTI

DISQUS: 0