Se la stazione riflette i problemi di una città, a Rimini c’è di che preoccuparsi

Se la stazione riflette i problemi di una città, a Rimini c’è di che preoccuparsi

I servizi per i viaggiatori internauti? Assenti. Quelli igienici? A pagamento. Ufficio cambio valuta? Non c'è. Edicola? Provare per credere. All'esterno le cose non vanno meglio. Ma una meta turistica si misura dal luogo in cui partono e arrivano un gran numero di viaggiatori.

Quando incontro gli amici che in dettaglio mi segnalano ciò che vi dirò, uno dei tre esordisce così:
«Se a Rimini non fossimo abituati a ritenerci dei fenomeni, a considerare questa città come la capitale del turismo, la patria dell’ospitalità, dell’accoglienza e della cordialità, tutti termini da tempo svuotati del loro antico significato, certe manchevolezze si potrebbero quasi giustificare. Ma questo, ribadisco, solo se vivessimo in un paesino defilato, senza troppe pretese e nessuna reputazione turistica alle spalle. In tal caso, forse le carenze sarebbero meno incoerenti rispetto alla marcia di altre città europee. Mi spiego meglio e ti segnalo una serie di imperdonabili disservizi lamentati dai turisti all’interno della stazione ferroviaria che, come sai, da pendolare frequento con assiduità. Sappiamo tutti che gli elementi nodali di un centro turistico degno di questo nome sono la viabilità e i parcheggi, ma soprattutto il flusso dei turisti in entrata e in uscita. Mentre sui primi due aspetti non mi pronuncio nemmeno, escludendo gli aeroporti, sempre molto decentrati per ovvie ragioni di logistica, il luogo principe in cui la città accoglie gli ospiti è la stazione dei treni. Per questo mi meraviglia il fatto che proprio là, dove sarebbe opportuno mettere in mostra l’argenteria più luccicante di famiglia, le cadute di stile siano innumerevoli e i disservizi tanto incomprensibili quanto banalmente evitabili».

Quasi in coro, i tre cominciano a snocciolarli uno per uno. Verifico di persona quanto mi raccontano. Non che non mi fidi, ma intendo immedesimarmi nei disagi del viaggiatore. Confermo che non sono pochi. Per cominciare, per ipotesi, scendi dal treno. Provieni da un paese extra UE. Vorresti cambiare la tua valùta in euro? Non esiste un ufficio cambio. Hai necessità di contanti? Un tempo c’era un bancomat. Ora non più. Puoi ripiegare sul web. Magari per cercare i due servizi appena menzionati. Peccato, di collegarsi a internet tramite “Wi-Fi” non se ne parla. Non ho la neo-sindrome da disconnessione (nomofobìa), ma volendo trovare una soluzione, vengo a sapere che su www.riminiwifi.net/dove/ il luogo di una possibile connessione è indicato così: “Stazione ferroviaria su facciata est palazzina ex APT in P.le Cesare Battisti n.1/a”. Ci provo. Il mio telefono non rileva il segnale promesso, ma se anche la colpa fosse dell’apparecchio, all’interno della stazione non vedo avvisi di sorta che indichino al viaggiatore dove dirigersi per captarlo. Però, se per consolarmi volessi almeno ricaricare la batteria del cellulare, le prese sì, quelle ci sono. Che lusso. Se dentro vi circolasse anche la corrente, sarebbero perfette.

Dell’unico ufficio informazioni presente nella sala biglietteria, lamentano che sia quasi sempre intasato di gente. Le attese sono lunghe (carenza di personale?). Capisco, sono periodi difficili, ma tanto per dire, durante le due mattine in cui sono andato avanti e indietro sulla banchina del primo binario, non ho mai incrociato neppure un solo ferroviere al quale chiedere una minima assistenza o un’informazione spicciola. Un costante affollamento si percepisce invece nella sala d’aspetto, un semplice corridoio, un budello di transito con la bellezza di ben 25 sedute. I disagi e la congestione nei periodi di punta sono facilmente immaginabili. Rimini passa per essere una città creativa. In futuro non escludo aste per l’assegnazione dei preziosi scranni ai migliori offerenti. Avvisate la Christie’s.

Passeggiando sulla banchina, noto che i servizi igienici sono a pagamento. Entro e chiedo alla signora alla cassa se ne esistano di gratuiti. Replica di no, ma che “si può sempre andare al bar”. Tradotto, temo che nei paraggi il bar sia, suo malgrado, l’unico “pisciodromo” gratuito.

A proposito di bar, in realtà ce ne sono due, ma uno di essi ha le vetrate serrate. Gli spogli arredi che si vedono in trasparenza, mettono tristezza. Dicono che il locale sia fermo per mancanza di personale. In tutti i casi, è sprangato. Nei periodi di grande afflusso turistico, la defezione causa sicuramente un aumento di attese e file. E ancora una volta, ne fanno le spese i viaggiatori. Mentre faccio questa considerazione, sono esattamente le ore 12:18 del primo venerdì di settembre.

Non pago della barzelletta in cui sono immerso, vado a comprare la Settimana Enigmistica. Sul vetro, lo stagionato cartello reca orari ben diversi, ma l’edicola non è aperta. Di passaggio, qualcuno mormora tra i denti che non è la prima volta. Capita molto spesso. Settimana corta? Mancanza di clientela? Strano, perché in questi ultimi mesi lo scalo riminese sembra aver avuto un gran numero di viaggiatori. Se così fosse, lo sfoggio di impreparazione che io stesso ho potuto rilevare, sarebbe quanto mai grave. Roba da mal di testa. Ah, dimenticavo, la farmacia non c’è più. Neppure il supermercato. Forse abbiamo dimenticato che qui si vive di turismo. I servizi, quelli di base, servirebbero. E a noi, il neurologo.

Interpellato circa il flusso turistico su Rimini, il Gruppo Ferrovie dello Stato riporta (sintetizzo) quanto segue:
«Come meta estiva della costa, per quanto riguarda la lunga percorrenza, il maggior numero di partenze e arrivi sono su Rimini. Quest’anno Trenitalia Super Economy ha puntato sulla Riviera in maniera significativa. Le fermate a Rimini sono arrivate a essere fino a 136. Grazie a un accordo tra Trenitalia Tper, la Regione Emilia Romagna e la Regione Piemonte, nei fine settimana da metà giugno (si arriverà fino all’11 settembre) una coppia di treni viaggia da Torino, Asti, Alessandria, verso le spiagge di Rimini, Riccione, Misano Adriatico e Cattolica (e ritorno). L’iniziativa ha avuto un successo tale che in alcuni fine settimana il numero di posti è stato raddoppiato. Complessivamente si dovrebbe chiudere un’estate che supererà le presenze del 2019, anno di riferimento ante Covid».
Dunque, visto che per il trasporto ferroviario Rimini riveste una certa importanza, i fatui servizi interni alla stazione, per chi si muove in treno, impostano una pessima cartolina di Rimini. Speriamo che non arrivi.

A mettere il naso su piazzale Cesare Battisti, le cose non migliorano. Il menù offre selve di biciclette legate ai pali della pensilina mentre tutt’intorno una variopinta tavolozza di personaggi sembrano evasi dagli stencil del graffitaro Blek Le Rat. Quanto a locali di ristoro degni di questo nome, a parte l’Artrov, non vicinissimo, è palude. Fuori dalla stazione, raccolgo la testimonianza di uno spazientito imprenditore locale che mi dice: «Lo sproporzionato piazzale della stazione, arroventato dal sole a causa di totale mancanza di ombra e dove non si ferma quasi nessuno, è praticamente inutile. Anzi, è dannoso perché per poterlo espandere, la carreggiata stradale è stata terribilmente ristretta. La corsia preferenziale dedicata a pullman e autobus è fin troppo ampia. Ciò che rimane del lato sinistro della carreggiata (direzione mare) dedicato ad auto e moto in sosta, oltre che al transito, è molto risicato.

È facile invadere la corsia dei bus, anche a causa dell’inevitabile doppia fila di auto ferme ad aspettare parenti o amici scesi dal treno. La stessa cosa dicasi per la corsia in direzione centro. Anche là si creano ingorghi pazzeschi che sfociano con strombazzate, bestemmie e invettive. Una bolgia. Tutto sotto gli occhi dei turisti. Quando c’era la piccola rotonda, il traffico scorreva senza problemi. Ora, con l’inservibile graticola di cemento frequentata quasi esclusivamente da ubriaconi e sbandati, all’ordine del giorno ci sono risse, teste spaccate e cocci di vetro ovunque. Di notte, sembra di vivere nel Bronx. Non mi vergogno di dirlo: abbiamo veramente paura».

Nel 1995, nel libro “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani (1938-2004), l’autore scrive: «Quale altro posto, meglio di una stazione, riflette lo spirito di un paese, lo stato d’animo della gente, i suoi problemi?».
Dentro e fuori dalla stazione di Rimini, c’è più di un motivo per cui preoccuparsi.

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