Su Rimini qualche svista di troppo nella nuova «Guida rapida d’Italia» del Touring

Su Rimini qualche svista di troppo nella nuova «Guida rapida d’Italia» del Touring

Fresca di stampa, pur mettendo a disposizione una mole di informazioni davvero utili ai viaggiatori, sia nella sintesi dedicata alla regione che nel focus sulla nostra città, presenta imprecisioni e assenze significative.

E’ appena uscita la nuova «Guida rapida d’Italia» del Touring Club. Si compone di tre volumi e il secondo comprende anche l’Emilia Romagna, insieme a Toscana, Umbria, Marche e Lazio.
Il Touring Club Italiano è un’istituzione autorevole e su questo non si discute. Le sue “guide” e cartografie accompagnano da oltre un secolo i viaggiatori e arricchiscono la scoperta di borghi e città. Però se il riferimento è a quest’ultima fatica editoriale, il focus su Rimini lascia a desiderare e, sfogliando la pubblicazione, l’occhio anche appena allenato cade su alcune sviste e sottovalutazioni di non poco conto. E ciò stona, tanto più se si tiene in considerazione quanto annunciato dal Touring: «…rapido non vuole affatto dire frettoloso. Anzi, per arrivare a quel condensato di sapere turistico in tre volumi che è la Guida Rapida ci vuole più mestiere che per scrivere una guida enciclopedica su un territorio ristretto, perché togliere è assai più difficile che mettere, scegliere è più complicato che lasciare, ma è assolutamente necessario». Sì, ma… Rimini è stata liquidata un po’ troppo frettolosamente.

Partiamo dalle pagine dedicate all’Emilia Romagna nel suo insieme dove tutti i territori sono più o meno citati. Più o meno. Nella «cornice storica» vengono menzionate le signorie, i Visconti, gli Este, i Pepoli e poi «altre piccole signorie frazionavano la Romagna…». I Malatesta sono uccel di bosco. Arrivati al capitoletto sullo «sviluppo delle arti» le cose peggiorano. «Rimini ha fra le maggiori testimonianze romane (l’Arco d’Augusto)». Ci sarebbe stato bene quantomeno anche il ponte di Tiberio. Sono i due emblemi di Rimini. I due simboli della città che non a caso si trovano scolpiti nel Tempio Malatestiano.
Si citano le cattedrali di Modena, Parma e Piacenza ma non il Tempio Malatestiano (che compare fra parentesi un po’ più sotto: «Nel procedere del rinascimento arricchiscono il patrimonio artistico della regione le opere di architetti toscani a Rimini (il Tempio Malatestiano di Leon Battista Alberti), Cesena (la Biblioteca), Faenza..». Bisogna andare nello specifico dei monumenti di Rimini per leggere che ci troviamo davanti a una delle più alte creazioni del primo Rinascimento. Ancora più stranamente, «la scuola di pittura bolognese del Trecento (Vitale da Bologna e altri) è tra i grandi momenti dell’arte italiana». Surclassa quella riminese. Ma chi l’ha detto?

Veniamo alle pagine su Rimini (da 108 a 110). Sul Tempio Malatestiano due informazioni … vecchiotte: il «Crocifisso su tavola dipinto da Giotto» viene collocato nella seconda cappella anziché nell’abside. E l’affresco di Piero della Francesca  «attigua alla prima cappella, con angeli reggicortina di Agostino di Duccio».
Del Museo della Città si citano i dipinti di Bellini, Cagnacci, Reni, Giovanni da Rimini, ma non il capolavoro del Guercino “San Girolamo nel deserto”, che si può ammirare grazie al deposito della Confraternita che reca il nome del santo dalmata.
In piazza Cavour viene citata «una fontana cinquecentesca», senza dire che si meritò il commento di Leonardo Da Vinci. Castel Sismondo («avanzi restaurati del castello») costruito «per volontà di Sigismondo Malatesta che si valse, probabilmente, della consulenza di Filippo Brunelleschi»: non sarà per niente felice della zoppicante attribuzione il prof. Rimondini. «Oggi è una importante sede di mostre», ma non lo è più da tempo e sta per diventare Museo felliniano. A proposito del regista, viene ancora segnalata la palazzina di via Nigra, anche se «temporaneamente chiusa» come «sede del museo dedicato al grande Maestro». Di fatto è definitivamente chiusa. C’è poi un cenno a «l’ottocentesco ex Teatro Amintore Galli, gravemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale». Qui la storia secondo la Guida si è fermata, perché il “nuovo” Galli (ex Teatro Vittorio Emanuele II) è stato inaugurato nel 2018.
Trova spazio il Museo degli Sguardi, chiuso almeno dal 2017 (“visita a richiesta” specifica la guida e questo è giusto) ma, in compenso, mancano il PART – Palazzi dell’Arte Rimini, e qui sarà Andrea Gnassi a non essere troppo contento, e il visitor center di Corso d’Augusto 235 «ARimini Caput Viarum».

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