Un Malatesta sconosciuto nell’antica chiesa di Spadarolo

Un Malatesta sconosciuto nell’antica chiesa di Spadarolo

Nel '600 Malatesta Garuffi segnala l'epigrafe dedicata a Simona, figlia del «magnifico signore Seniore», dietro l'abside della chiesa di S. Agostino. Ma la possiamo vedere a qualche chilometro dal centro storico.

Attingiamo sempre a ciò che rappresenta la chiesa di S. Agostino, ed alla ricchezza di storia che esprime, per trattare di un’altra importante epigrafe che, però, nel corso del tempo è misteriosamente migrata altrove; dove, ci sì chiederà? Come al solito lo chiederemo all’amico Gianni Rimondini, grazie ad una, diciamo così, piacevole ed edificante “escursione fuori porta”.

Siamo di fronte all’antica chiesa di Spadarolo, posta sulla collinetta che sovrasta la piana riminese, e Gianni mi invita a seguirlo sotto il porticato altrimenti detto “nartece”, laddove mi indica l’epigrafe murata alla destra della porta di ingresso che così recita.

+ HANC DOMUM AD VSVm FRatrum InFIRMORVM EDIFICARI
FECIT ET FULCIRI Pro AnIma SVA ET SVORum NOBILIS DomiNA
SIMONA FILIA QuoDAm MAGNIFICI DomiNI SENIORIS
DOmiNI MALATESTE DE MALATESTIS. QVE
PerFECTA EST . AnNO DominiNI . MCCC.LV
[Trascrizione di Luigi Tonini]

[La nobildonna Simona figlia del defunto magnifico signore Seniore del signor Malatesta dei Malatesta a suffragio delle anime sua e dei suoi fece costruire e rinforzare questa casa ad uso dei frati infermi. Fu terminata l’anno del Signore 1355].

È una domenica mattina e mentre ci troviamo davanti all’epigrafe, a breve distanza si soffermano alcune persone forse incuriosite dalla nostra insolita presenza, e per il fatto che siamo fermi a guardare quella pietra per molti incognita e strana. Sono giovani ed adulti, che sono giunti anzitempo per assistere alla funzione religiosa mattutina. E mentre iniziamo a dialogare, si avvicinano per ascoltare il nostro colloquio.

Gianni ma cosa c’entra questa epigrafe di Simona Malatesta, con la chiesa di S. Agostino?
«Devi sapere che quel manufatto nel ‘600 Malatesta Garuffi lo menziona in un edificio, parte del convento, dietro l’abside della chiesa di S. Agostino in Rimini; ma nell’800 Antonio Bianchi la dice a Spadarolo indicandone la provenienza da quel predetto convento».

Chi erano Simona e suo padre Seniore?
«Bella domanda, alla quale posso rispondere solo con congetture. Seguo Augusto Campana – Le pietre di Rimini, Roma 2012, a cura di Giovanna Campana pp.101-104 – che corregge Luigi Tonini e la sua tradizione proseguita fino ad oggi, che individua in questa Simona la figlia di Malatesta da Verucchio (1212-1312).
Costei appare nel testamento del padre, e risulta sposata a Marco di Cunio. Augusto Campana, evidentemente turbato da una traduzione ripetitiva “Simona figlia del signore del signore del signore Malatesta dei Malatesti”, pensa che il secondo “signore” sia il nome proprio “Seniore”: “Simona figlia del signore Seniore (figlio) del signore Malatesta dei Malatesti”. Afferma che quindi esiste un Malatesta sconosciuto sinora e non altrimenti attestato di nome “Seniore” tra i figli di Malatesta da Verucchio.
Questa seconda Simona del 1355 in effetti sarebbe una nipote di Malatesta da Verucchio…. Ma, vedi Salvatore, la storia dei Malatesta è piena di trabocchetti per gli storici, non ce n’è uno che non commetta errori quando pubblica sui Malatesta. Va bene, parlo per me.»

Anche tu? E dove precisamente.
«Per esempio proprio nel titolo di una mia recente pubblicazione: “Castello mirabilis…”. Mi chiedo con vergogna come ho potuto fare questi due errori, uno di uso di italiano e latino e uno di concordanza: “Castello mirabile” andava bene, ma in latino sarebbe stato “Castellum mirabile” e per fare un solo errore: “castello mirabile” che sembra tutto italiano, ahimè!»

Beh, credo che siano aspetti che possono capitare, ma date le molte discordanze in merito nell’indicare i Signori di Rimini, si dicono Malatesta o Malatesti?
«Per cominciare a risponderti. Inizialmente essi si chiamavano Malatesta sia di nome che di cognome; più tardi usavano di cognome sia Malatesta – per esempio “Sigismondo Pandolfo Malatesta” – sia “dei Malatesti” – per esempio Carlo (de)i Malatesti.
Ti faccio un esempio pratico. Mario Rossi è un signore qualsiasi, Mario dei Rossi, è qualcuno che appartiene alla nobile famiglia dei Rossi. Il cognome “dei Malatesti” traduce, malamente, il latino “de Malatestis” che tradotto alla lettera sarebbe “delle male teste”. Gli storici di Rimini, dal Clementini (1617), usano “Malatesti”, quelli di Verucchio e altri invece usano “Malatesta”, tanto per creare delle distinzioni inutili.»

Alla fine emerge tra i presenti la totale ammissione di essere completamente all’oscuro sia del significato, che della storia di quella lapide; ma soprattutto lo stupore del perché si trovi tanto lontano dal suo luogo di prima collocazione. Poi alcuni giovani rilevano il fatto che in prossimità della stessa non vi sia nessuna indicazione – una targa ad esempio – che non solo ne dia agevole lettura e spieghi il significato, ma anche menzione del luogo della originaria apposizione; in sostanza, tutti concordano che sarebbe dovuto un maggior risalto a quel pezzo di storia riminese. La funzione sta per iniziare, ed il piccolo capannello si accinge ad entrare in chiesa, salutandoci e ringraziandoci. È sempre confortante assistere all’interesse per questi temi, allorquando si creano queste occasioni; e questo dimostra inequivocabilmente che se si producono, suscitano grande interesse e partecipazione.

Incuriosito come al solito, cerco sul web notizie della nobildonna in questione. Ed ecco che su Wikipedia trovo un breve excursus, suffragato dalla citazione di due fonti bibliografiche: L. Tonini, Storia civile e sacra riminese, volume III, Rimini, 1862, pp. 277-278; Pompeo Litta, Famiglie celebri d’Italia. Malatesta di Rimini, Torino, 1835. Sulla Simona dell’epigrafe, nipote di Malatesta da Verucchio secondo l’ipotesi di Augusto Campana, nessuna informazione.

“Simona, ultima figlia di Malatesta da Verucchio, sposò in prime nozze Marco di Cunio, figlio del conte Rainerio. Nel 1324 risulta essere vedova: al 3 giugno 1324 risale una dispensa papale che permetteva a Simona di sposare il conte Taddeo di Pietrarubbia, parente di quarto grado del defunto Marco di Cunio. Simona risulta ancora in vita nel 1355, anno in cui dispone l’allestimento a sue spese di una infermeria per i Frati Agostiniani di Rimini.” Purtroppo non esistono immagini iconografiche di Simona, sebbene cercate.

Grazie ancora Gianni, concludo, ma quale grande – incompresa – importanza storica ha attraversato ed espresso nei secoli la nostra città.
«È vero Salvatore, nel passato Rimini ha avuto funzioni di maggiore importanza di quelle che ha oggi, e certo i suoi intellettuali dei secoli migliori lo fanno capire, ma anche la gente comune doveva essere fiera di questa primazia, come oggi abbiamo i giovani tifosi delle squadre di calcio che stravedono per quella del cuore. Qualcuno potrebbe biasimare queste emozioni e questi pensieri come un rifugiarsi nel passato. E in effetti il presente ci angoscia con grandi problemi generali la cui soluzione non è alla nostra portata: pandemia, crisi economica, guerra e minaccia atomica, e in loco criminalità, amministrazioni senza cultura e senza rispetto per il Patrimonio culturale. La coscienza storica ed artistica, il recupero del passato – senza sconti per quello di male che a volte ha prodotto – è il retaggio dei popoli che hanno una lunga storia e che possono essere stimolati ad affrontare il futuro con una coscienza di sé più ricca. Inoltre se il presente ci angoscia il passato ci può concedere momenti alternativi di serenità.»
Concordo in pieno; attendo la prossima con piacere, per imparare cose interessanti come sempre.

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