Via Ducale piange ma il Borgo S. Andrea non ride

Via Ducale piange ma il Borgo S. Andrea non ride

«Entrambi sacrificati alla incomprensibile e invasiva fellinizzazione della città, ma anche all’improvvisazione nell’affrontare e gestire i temi della mobilità da parte di coloro che hanno scommesso sul monopattino ... selvaggio». Lettera.

La questione del traffico veicolare, con tutte le conseguenze del caso, di Via Ducale e quartiere di riferimento continua a tenerne vivo l’interesse. Fino al punto che tutti i mezzi di informazione hanno dato enfasi e risalto alla notizia che una famiglia del luogo ha deciso di vendere il proprio appartamento per trasferirsi altrove. Traffico, smog, rumori, non compatibili con la qualità della vita che ciascuno di noi si aspetterebbe, specie se dimorante in Centro o in zone immediatamente limitrofe. Comprendo il loro problema, biasimando la scelta di istituire quel percorso per recarsi verso la marina, senza incappare nella bolgia dantesca di via Roma.
Sarà una magra consolazione ma non sono i soli ad essere stati vittima di una sgangherata pianificazione urbanistica e di viabilità, che ha coinvolto anche un’altra zona importante: il Borgo S. Andrea, o Mazzini a scelta.

Tutta l’area non edificata dell’ex Foro Boario è stata già da tempo completamente dedicata a parcheggio intensivo, termine mutuato dall’agronomia, cancellando completamente quello che era il progetto in cui vi erano spazi verdi e per la socialità. Tanto che oggi quella zona è quotidianamente occupata da oltre un centinaio di auto e, oltre a quelle che vi sostano, se ne devono aggiungerne il doppio tra quelle che vi transitano per mobilità, e le altre che arrivano cercando invano uno stallo libero anche transitando pericolosamente contro il senso di accesso delle strade interessate. Terra di nessuno peraltro, con soste selvagge in ogni dove, prive di disco orario laddove richiesto, e senza controlli.
Anche qui smog, rumore, traffico e altre prodezze che si aggiungono nel fine settimana, da parte dei reduci delle fantastiche notti, spesso alcoliche, che si celebrano in Centro, e che vengono a ritirare la propria vettura a tardissima ora. Qui non ci sono centraline che rilevano il grado di inquinamento veicolare.

Ma l’aspetto più buffo è che, immagino, questa destinazione abbia avuto il “placet” dei commercianti del Borgo stesso, credendo che la stessa fosse organica alle loro attività. Nulla di più errato, perché, a stima di chi ci vive, il 95% di coloro che stazionano in quegli stalli si recano nel Centro. Ma vi è dipiù.
I passati importanti ritrovamenti archeologici in via Melozzo da Forlì, sono stati riseppelliti nella completa indifferenza di tutti, specie di coloro che pur potendone giovare, non ne hanno saputo cogliere la grande opportunità; magari inserita in un piccolo contesto “verde”. Evidentemente i ripristinati 14 parcheggi insistenti al di sopra di quella bella scoperta, erano più importanti della stessa; quelle sono le nostre radici culturali, non i rovinati mosaici e qualche laterizio appartenenti ad un edificio termale. Cenere e pietre, come disse qualcuno ormai cessato, ma una grande occasione persa per sempre.
Un filo logico accomuna i due casi, Via Ducale e Borgo S. Andrea: essere stati sacrificati alla incomprensibile e invasiva fellinizzazione della città, ma anche all’improvvisazione nell’affrontare e gestire i temi della mobilità da parte di coloro che hanno ritenuto che si risolvesse con il monopattino selvaggio.

Nel primo caso, l’inversione del senso di marcia – mare/monte – del tratto della Via Bastioni Settentrionali in prossimità del Ponte Tiberio; nel secondo, l’eliminazione dei parcheggi in Piazza Malatesta. Un inciso per coloro che “sic et simpliciter” sostengono che vi siano nostalgici di quei tempi; non è così, astenetevi dal continuare a recitare una litania priva di ogni senso, se non di giustificare i macroscopici errori fatti.
L’ideatore di tutto questo, ora cessato, non ha evidentemente avuto quella “vision” della città che ha sempre vantato. Una visione, termine più consono alla nostra bella lingua, è un qualcosa che guarda oltre le cose di oggi e di domani, ma vede il futuro.
La pianificazione futura di una città deve essere opera di bravi e competenti tecnici specializzati, mancati a Rimini per la presunzione di poterli sopperire.
Ed ecco che scontiamo l’assenza dei parcheggi scambiatori al di fuori del Centro, dei collegamenti sostenibili e della mancata realizzazione della soluzione alla chiusura del Ponte Tiberio che, semmai avverrà, costituirà l’ennesima raffazzonata scelta che porrà in crisi un’altra zona della città. Della capacità di tenere lontano le auto dai nostri luoghi più importanti.

Patiamo pure l’assente visione urbanistica della città anacronistica rispetto i tempi, e di cui ancora non si scorge neppure all’orizzonte la possibilità di attuare un serio piano funzionale.
Per contro assistiamo invece a ciò che accadrà all’area ex Fox in cui, sebbene vi siano già presenti molti parcheggi auto, se ne sbandiera come dono alla città la costruzione di altri annessi ad una struttura commerciale per incrementarne il numero. Ma non si dice che verranno per lo più utilizzati dalla stessa e che, inoltre, aumenterà il traffico in quella zona già fortemente congestionata; è questa la “vision” o piuttosto “short-sightedness”, anche detta miopia per in non anglofoni?
Quindi abitanti di Via Ducale, fatevene una ragione e pensate, se ci riuscite, che il vostro grave sacrificio serve alla causa della fellinizzazione della città, se vi frega qualcosa in merito. Del resto, qualcuno avrà pur votato le precedenti amministrazioni, e l’attuale in continuità nonostante le promesse disattese, magari solo per quell’adorazione a prescindere per gli uomini “del fare”; ma esso non deve mai essere fine a sé stesso come di fatto si è visto in tanti, troppi, esempi. Ma deve avere sempre dei risvolti pratici, perché diversamente il conto lo pagano poi tutti i cittadini che restano anche quando gli uomini del “fare” se ne sono andati.

Salvatore de Vita

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