Viaggio nei quartieri di Rimini: partiamo da Borgo Marina

Viaggio nei quartieri di Rimini: partiamo da Borgo Marina

Ha subìto uno stravolgimento radicale e da anni mostra tutti i problemi denunciati più volte dai residenti senza che nulla si muova. Accanto a qualche recente segnale di risveglio, convivono situazioni di degrado, che prendono il sopravvento. Ci si lamenta spesso delle periferie, ma qui siamo alle porte del centro storico e le cose non vanno meglio. Alcuni interventi migliorativi potrebbero essere immediati. Si spera che qualcuno in Comune ci pensi.

Rimini ha quattro Borghi da tempo immemore, sui quali si è scritto tanto della loro storia a cura di eminenti storici locali passati e presenti, per cui tralascerò di ritornare su questo argomento in quanto non potrei aggiungere altro. Anche perché non potrei mai ragguagliare le loro competenze.
Facciamo invece una passeggiata per quei luoghi (per buona parte di essi conservo un passato ricordo poiché frequentati a vario titolo), e guardiamo ciò che sono oggi. Cominciamo dal Borgo Marina, anche se oggi non appare molto facile da individuare, date le innumerevoli sostanziali trasformazioni che ha subito nel tempo, ed in particolare per quella parte che ha subito le maggiori alterazioni.
Prenderemo pertanto in considerazione ciò che ruota intorno agli assi viari di via Giovanni XXIII e via Roma, con le aree limitrofe.

Il perimetro di Borgo Marina.

Fino quasi al termine degli anni ’90 il quartiere era un piccolo mondo quasi autosufficiente. Conosco bene quell’area, anche perché vi ho abitato per ben ventisette anni.
Vi erano negozi di prossimità di generi alimentari, fruttivendoli, giocattoli e perfino una libreria per ragazzi; poi altri articoli merceologici completavano l’offerta. Grazie a queste attività ci si conosceva quasi tutti, si socializzava, frequentandole nonostante il Centro, di lì a pochi passi, fosse ancora pieno di negozi di eguale offerta.
Poi la trasformazione radicale frutto di una politica che ha favorito la nascita dei centri commerciali e non ha saputo, o voluto, salvaguardare quel tipo di commercio e la qualità della vita di coloro che abitavano quelle zone. In pratica l’assenza di politici capaci di considerare il consolidato stato delle cose come un prezioso investimento per il futuro, e da qui la chiusura di tanti negozi e il cambio di residenza di molti abitanti. Infine il crollo dei valori degli immobili e dei canoni d’affitto, conseguenti all’instaurarsi di altre diverse attività commerciali non più compatibili con la precedente comunità.

Oggi le maggiori strade vedono una quasi ininterrotta sequenza di negozi che vendono spesso gli stessi articoli, peraltro anche inutili, e non si capisce come facciano a sostenersi economicamente ed a quale categoria di acquirenti si rivolgano. Poi altri funzionali ai nuovi abitanti che si sono stabiliti in quell’area, hanno completato quel sistema. Infine diversi locali chiusi, messi sul mercato da tempo, che non trovano collocazione, rendendo un’idea di desolazione.

Per il resto sciatteria e degrado la fanno da padroni, in un luogo dove la parola decoro è da tempo scomparsa nel nulla. I marciapiedi sono invasi da biciclette ammassate e legate dove capita, tanto da rendere disagevole il passaggio pedonale, ma ancor più di carrozzine e carrozzelle.

Poi tra erbe incolte nei marciapiedi, carenza di pulizia un po’ ovunque, arriviamo al verde pubblico. Sopportato male, quasi assente, tranne in un solo caso di cui parleremo positivamente in seguito, messo lì forse per obblighi di carattere urbanistico, qui confinato in limitare aiuole. Brulle, spelacchiate, incolte, ricettacolo di defecazioni canine e di immondizie; lontano dalle attenzioni di AMIA dei tempi passati. Ma anche deposito di rottami di biciclette, o di parcheggio delle stesse, ove i loro ecologici ed educati proprietari le assicurano ai poveri alberelli per sottrarle agli eventuali furti.

Il Borgo è attraversato dalla trafficatissima via Roma che interseca la via Giovanni XXIII con una minuscola rotatoria peraltro mai completata, che rende l’idea di un’infinita provvisorietà.
Anche i fondi stradali sono consoni a quella situazione. Di diversa natura, appaiono dissestati quasi ovunque, mostrando così una totale assenza di manutenzione.

La zona è abbastanza fornita di parcheggi, sia a pagamento che a rotazione, ma anche dedicati ai residenti contraddistinti con la lettera “R”. Poi una buona attenzione per i disabili, i cui parcheggi riservati risultano di buon numero, specie concentrati in via Clodia.

Oltre a ciò esistono anche altri pochi punti qualificanti ma al margine, verso la zona fluviale ed organici ad altro. Il primo è la ristrutturazione dell’area di Porta Galliana. Il progetto, piaccia o meno e sperando che prima o poi venga ultimato, ne costituisce il principale e ospita anche una piantumazione vegetale piuttosto curata; in seguito vedremo però come verrà conservato ed utilizzato.
Il secondo è il risultato dell’opera di un privato, che ha sottratto un’area al degrado creando una struttura che si occupa di ristorazione.

Nel complesso la situazione però ci consegna un quadro di degrado, incuria, confusione e di un luogo abbandonato a sé stesso, sebbene alle porte del Centro Storico. Come accade peraltro per altre zone della città in cui palesemente si è perso il controllo del territorio. Una sorta di extra territorialità, sottratta di fatto alla fruibilità del resto della città, in cui ognuno si comporta a proprio piacimento in barba alle comuni regole civiche.
Che fare quindi? È impossibile ricostruire quel tessuto socioeconomico precedente distrutto da scelte scellerate, frutto dell’assenza di pianificazioni volte alla tutela di quell’importante valore. Ma anche di assumerlo come punto qualificante per il futuro di una città a misura di cittadino.
Ma in qualche modo si potrebbe intervenire in quel quartiere troppo spesso al disonore delle cronache locali, per fatti afferenti a temi di natura contraria alla legge e di certi personaggi che per quell’esercizio la frequentano.
Se non erro, in campagna elettorale la compagine poi vincente annoverava tra i propri buoni propositi la creazione del Vigile di quartiere. Dubito che lo stesso uscirà dalle pagine del libro dei sogni ma, volendo, si potrebbero assumere comunque azioni incisive.

Ad esempio un maggiore controllo delle Forze dell’Ordine con compiti educativi, oltreché sanzionatori. Poi una maggiore cura del territorio con la pulizia del suolo, la cura dello stesso – specie delle sparute aiuole – e della rimozione coatta di tutte quelle biciclette ammassate in modo improprio. Oltre alla manutenzione delle strade. Questa sarebbe la dimostrazione della presenza dell’amministrazione cittadina, con la conseguente creazione di quei presupposti minimi per poi pretendere il rispetto delle regole.
Chi si assume l’incarico di guidare una città o un assessorato chiave, dovrebbe avere una piena conoscenza del territorio e la prontezza di porre in essere strumenti per sanare le criticità, e di restituire tutte le zone alla fruibilità di tutti i cittadini.

Infine un altro aspetto importante sarebbe quello di incentivare l’apertura di attività commerciali diverse da quelle presenti, in modo da richiamare anche quelle persone che evitano la zona perché non attratte da ciò che essa ora offre.
Poi lode ed onore a chi è rimasto, abitandovi o con la propria attività commerciale, e continua a resistere in un clima non proprio favorevole.
Ogni tanto, specie in occasione di fatti incresciosi, ritorna anche qui il mantra dell’incremento delle telecamere per controllare le zone critiche. Queste soluzioni non servono, non portano a nulla, ma certificano solo la sconfitta e la resa incondizionata di chi amministra, e l’incapacità di porre in essere soluzioni fattive.
E l’attenzione solo per certe zone della città rispetto ad altre, rende proprio l’impressione che altre non interessino più, e che le si considerino già perdute.

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