La minoranza grida alla “svendita”: l’incredibile storia delle aree in fregio al lungomare di Rimini

La minoranza grida alla “svendita”: l’incredibile storia delle aree in fregio al lungomare di Rimini

Nel 1924 il Comune di Rimini riceve gratuitamente ben 74mila mq di aree in fregio al lungomare. Devono essere destinate a verde invece succede di tutto. Tanto che palazzo Garampi nel 1977 viene condannato a pagare la bellezza di 290 milioni di lire alla amministrazione finanziaria dello Stato. Il pasticcio ha conseguenze che arrivano fino ai giorni nostri. L'ultima: dopo una vertenza legale che risale al 2000, ora l'amministrazione comunale opta per una transazione e i privati si porteranno a casa un bene pubblico prezioso (sul lungomare di Marina centro), con 26 posti auto, sfruttato per 43 anni, ad un prezzo di circa 500mila euro.

Probabilmente vi imbatterete in una notizia difficilmente comprensibile in queste ore e forse anche nei giorni che verranno. Non perchè mal scritta ma perché priva della contestualizzazione storica (e anche politica). La notizia riferisce della minoranza in consiglio comunale che protesta e si agita davanti ad una delibera molto discussa e lancia accuse alle amministrazioni socialcomuniste che si sono succedute a Rimini. Addirittura? Addirittura.
Leggerete di usucapione, alberghi, parcheggi, transazioni.
E’ una storia complessa che parte da lontano e dentro la quale sta per essere scritta una ulteriore controversa tappa, non l’ultima però. Questa ferita tornerà a sanguinare.
L’oggi. Il quarto punto all’ordine del giorno del consiglio comunale del 2 dicembre ha riguardato una proposta di delibera incentrata sulla transazione di un bene prezioso, in origine del Comune di Rimini, finito nelle mani dei privati. Una cosiddetta area in fregio al lungomare. Un bottino di ricchezza depauperato, non tutto per fortuna, come vedremo. Col Comune di Rimini nella parte del «cornuto e mazziato», per prendere a prestito l’espressione colorita ma efficace del consigliere di opposizione Gioenzo Renzi.
L’area in fregio è molto appetibile, collocata a Marina centro, misura complessivamente 816 mq e comprende un ampio parcheggio (26 posti), ma ci sono anche opere da sanare. E sentir parlare di parcheggi a servizio di un hotel sul lungomare di Rimini fa subito accendere la lampadina: ci troviamo in presenza di un tesoretto. Ed ecco perché viene conteso davanti alla giustizia, con i risultati che si ribaltano ai rigori e con l’arbitro che sta per mettere in bocca il fischietto ma non si sa ancora quale delle due squadre potrà festeggiare. Anche perché, è ormai chiaro, a festeggiare sarà solo una.
«Parliamo di un’area occupata per oltre 40 anni e non certo in maniera legittima, sulla quale sono state realizzate anche opere non legittimate, una scala di 7 metri, un balcone di 60 metri…», ha sottolineato durante l’acceso dibattito in consiglio comunale Gioenzo Renzi.
Su quest’area (ma una sorte analoga riguarda tante altre in fregio al lungomare), vent’anni fa si è aperto un contenzioso civile fra privati e Comune, che nel 2000 ha chiesto il pagamento dei canoni dovuti per l’occupazione abusiva e il risarcimento dei danni sull’area detenuta “sine titulo”. Ma visto che quell’area comunale era occupata dai privati dagli anni 70, gli stessi hanno rivendicato l’usucapione (possesso continuato per vent’anni che consente di entrare in possesso della proprietà del bene). E nei primi due gradi di giudizio (2007 Tribunale di Rimini e 2014 Corte d’Appello di Bologna) hanno avuto la meglio i privati, ma la svolta è arrivata con il pronunciamento della Cassazione che ha accolto il ricorso promosso dal Comune, ha cassato la sentenza di secondo grado e rinviato per un nuovo esame ad un’altra sezione della stessa Corte d’Appello di Bologna. «La Cassazione ha ribaltato l’orientamento del Tribunale di Rimini e della Corte d’Appello i quali sostenevano che fosse consolidata l’usucapione del bene», ha chiarito Luca Uguccioni segretario generale di palazzo Garampi in consiglio comunale. E la novità, bella grossa, è proprio questa. Durante questo battagliare di carte bollate, l’area in questione è passata di mano, da una società nel frattempo soggetta a procedura di liquidazione e concordato preventivo, all’attuale proprietario, che gestisce anche altri hotel.
E’ imminente la decisione della Corte d’Appello, dunque, che secondo l’amministrazione comunale (che ovviamente si avvale dell’autorevole parere legale dell’avvocato che sta seguendo la delicata vicenda) sarebbe incerta (se dovesse soccombere perderebbe l’area, l’indennizzo e tutto il cucuzzaro) e dunque converrebbe chiudere con una transazione, che ai privati sta bene. In che modo?
L’amministrazione comunale chiede 52.500 euro (e non è un errore di battitura), cinquantaduemilacinquecento, per l’indennità di occupazione dell’area di cui sopra per un periodo che va dal 1978 al 2018. Quarant’anni. 1.312 euro l’anno. A questi si aggiungono altri 30mila euro a titolo di indennità per l’occupazione dell’area per il periodo successivo, cioè dal dicembre 2018 ad oggi (a quando cioè si chiuderà il tutto).
L’intero compendio il Comune lo venderebbe alla società proprietaria dell’hotel ad un prezzo di 410mila euro «previa regolarizzazione edilizia delle opere e manufatti che insistono sull’area, da svolgersi a cura e spese dell’acquirente».
La minoranza ha gridato alla «svendita» ed ha parlato di «ristoro inadeguato».
Lorenzo Marchei (Lega): «Da un punto di vista politico la situazione è sconcertante, tutti conosciamo la posizione di cui si sta parlando, cioè Marina centro, oggetto di una importante riqualificazione, e il Comune per una dormita clamorosa delle precedenti amministrazioni si trova a perdere un’area importantissima in una posizione di pregio e quindi di notevole valore. Sarebbe un atto di dignità da parte di questa amministrazione stigmatizzare la lunga dormita di chi l’ha preceduta, chiedendo scusa alla città. Da un punto di vista politico la responsabilità è gravissima».
Ma la minoranza ha anche denunciato (il comunicato integrale diffuso ieri si può leggere nel box in basso) di non avere ricevuto tutta la documentazione necessaria per potersi formare un giudizio sulla lunga e intricata controversia. Ad esempio: l’amministrazione comunale non ha fornito le sentenze che si sono succedute, e quando Marchei ne ha fatto esplicita richiesta ha ottenuto solo quella della Cassazione e a poche ore dal consiglio comunale, ma a quanto pare non tutti i consiglieri l’hanno potuta leggere. Sul punto l’assessore Maresi ha convenuto «che per decidere bisogna conoscere e quindi sotto questo profilo credo che l’invito che viene rivolto dai consiglieri sia ragionevole».
Il pregresso. Fin qui una sintesi sugli ultimi accadimenti. Ma per metterli bene a fuoco occorre citare la ricostruzione che il consigliere comunale di vecchia data, Gioenzo Renzi, ha svolto in consiglio comunale. Una sorta di lectio magistralis sulla topica forse più imbarazzante che abbia mai coinvolto i pubblici amministratori che hanno condotto il Titanic delle aree in fregio a schiantarsi contro un muro di insipienza, sottovalutazione e mala gestio (espressione utilizzata da Rufo Spina, Fratelli d’Italia). Siete pronti a farvi salire il sangue alla testa? Via.
«Questa partita nasce con la cessione delle aree in fregio al lungomare effettuata dall’amministrazione finanziaria dello Stato nel 1924 a favore del Comune di Rimini, che diventa beneficiario di circa 74mila mq di tali aree e al prezzo simbolico di 1 lira». Babbo Natale c’è e fa regali, insomma. Ma il “dono” avviene ad una precisa condizione: «garantire l’inedificabilità delle aree mantenendole a verde pubblico». Fantastico. Pensate cosa sarebbe oggi il lungomare di Rimini se questo tesoro fosse rimasto intatto. Anzi no, meglio non pensarci.
Nel dopoguerra le amministrazioni socialcomuniste secondo voi che fanno? Chiudono un occhio, forse anche due rispetto al contratto di cessione sottoscritto. «Non salvaguardano questo patrimonio, tanto è vero che l’amministrazione finanziaria dello Stato nel 1971 cita il Comune di Rimini dinnanzi al Tribunale civile di Bologna e chiede i danni, l’indennizzo per le aree edificate dai frontisti in maniera irregolare e la restituzione delle aree stesse. Nel 1977 l’amministrazione comunale viene condannata a pagare la bellezza di 290 milioni di lire».
Giusto per un breve ripassino per ricordare su quale giunta cadde questa tegola, nel luglio del 1970 si insedia il sindaco Nicola Pagliarani (Pci) che venne riconfermato anche nelle elezioni del 1975 e rimase in carica circa tre anni prima di dimettersi, dopo di che farà il suo ingresso Zeno Zaffagnini.
«La cosa più normale che avrebbe dovuto essere praticata dopo quella sentenza e che fu praticata solo in parte, era la cessione in affitto delle aree in fregio», ha proseguito Renzi. Invece? «Iniziò una querelle coi frontisti che avevano occupato quelle aree, che prevedeva l’erogazione di un canone di locazione e quando si andò a stabilire coi privati quel canone le cose andarono un po’ meglio per il Comune di Rimini ma in molti casi scattò il diritto di usucapione. In commissione abbiamo saputo dal dirigente che ci sono ancora 5-6 casi che devono vedere definito il contenzioso col Comune».
Renzi ha ricordato anche un episodio significativo, dopo aver precisato che la sua azione di denuncia gli ha fatto «subire anche qualche specie di minaccia»: «un frontista dopo avere usucapito il bene antistante il suo albergo aveva ottenuto dal Comune di Rimini anche la concessione edilizia per realizzare l’ampliamento dell’albergo e se non fosse stato per il sottoscritto avrebbe realizzato anche un’altra parte di albergo. L’allora assessore all’urbanistica Antonio Gamberini venne da me quando feci l’interrogazione e disse: “Renzi, cosa possiamo fare?” Caro Gamberini, fu la mia risposta, l’unica cosa che possiamo sperare è che la Soprintendenza bocci il progetto che voi avete approvato. E fu così che fortunatamente andò e si evitò uno scempio».
Ma, ha messo in evidenza Renzi, «ci sono stati dei frontisti albergatori che si sono comportati anche correttamente, quando l’amministrazione si è fatta avanti dinanzi alle loro occupazioni illegittime sono stati disponibili a riconoscere l’occupazione di suolo pubblico all’amministrazione e hanno interrotto grazie alla loro onestà e responsabilità il decorrere dell’usucapione. Dobbiamo dire grazie a quei frontisti che hanno avuto un senso di responsabilità verso tutta la città, invece ce ne sono stati altri che hanno approfittato per la mancata vigilanza del comune».
Tornando all’ultima delibera della saga aree in fregio, naturalmente l’amministrazione comunale risponde che va tutto bene. Il valore dell’area è stato determinato sulla base di un parere pro-veritate emesso da un tecnico che ha anche considerato i valori di mercato. Sono stati verificati i prezzi dei posti auto coperti nella zona e la media indicata è pari a circa 21mila mq a posto auto in prima linea e secondo i dati OMI si parla di 25mila euro per box coperto. Alla fine di tutti i conteggi è stato convenuto che il valore massimo attribuibile ad un posto auto all’aperto in prima linea è di 15mila euro. Che, per 26 stalli, significa 390mila euro. Sommando i manufatti da sanare (valutati con perizia in 26mila euro) si ottiene la cifra di 416.800 euro, ridotta e arrotondata al ribasso in 410mila.
Nella decisione della maggioranza di arrivare ad un accordo transattivo pesa anche un altro aspetto. L’area è localizzata nel secondo tratto del parco del mare ed era stata «estromessa dal perimetro di intervento proprio in quanto oggetto di contenzioso con i privati, ma lo stato di incertezza giuridica, in cui attualmente si trova, impedisce azioni di riqualificazione ambientale sia da parte del Comune che da parte dei soggetti privati, con il risultato di vanificare l’importante processo di rigenerazione urbana generale per mancata armonizzazione con il terreno in oggetto che rimarrebbe in stato di degrado». Degrado è una parola grossa per definire l’esistente. Ma poi, è come se, in generale, fino ad oggi la partecipazione dei privati al parco del mare fosse stata massiccia e determinante ai fini della nuova sistemazione del lungomare.
I consiglieri di maggioranza hanno fatto scena muta nel consiglio comunale del 2 dicembre però hanno votato contro la richiesta della minoranza (partita da Ceccarelli e fatta propria da tutto il gruppo) di ritirare la delibera in attesa di poter conoscere tutta la documentazione: 10 favorevoli e 19 contrari. «Mi stupisco del coraggio dei colleghi di maggioranza che sono così sicuri, pur senza documenti, di prendere questa importante decisione. Fortuna che in sede di insediamento qualcuno ha detto che hanno vinto le forze democratiche, se questa è democrazia nel consesso che dovrebbe rappresentare la città, decidendo a cuor leggero senza avere i documenti nelle mani, auguri» è stato il commento di Loreno Marchei. Ora manca solo il responso della Corte d’Appello, e sarà comunque significativo vedere come andrà a finire, anche se ormai il dado della transazione è tratto. La delibera sulla transazione è stata approvata con 19 voti favorevoli e gli 11 contrari della minoranza.

Fatti gravi: la nota della minoranza
I sottoscritti consiglieri comunali d’opposizione, in maniera unitaria, intendono denunciare la gravità di quanto accaduto durante l’ultimo Consiglio Comunale. Si chiedeva infatti ai consiglieri di esprimersi col proprio voto riguardo l’opportunità, suggerita dall’amministrazione, di concludere un accordo transattivo tra il Comune ed un hotel fronte mare, circa la pretesa intervenuta usucapione (acquisto di un bene tramite il possesso protrattosi nel tempo) di un area di 800mq per cui da oltre 20anni pende causa civile; in procinto però di giungere a definitiva sentenza della Corte d’Appello dopo che quella di Cassazione aveva accolto i motivi di ricorso del Comune. E si pretendeva – qui il primo fatto grave – che i consiglieri si esprimessero sulla suggerita convenienza di accordo (con conseguente riconoscimento dell’intervenuta usucapione a fronte di un esiguo pagamento in favore del Comune), pur trattandosi di delibera aggiunta solo 2 giorni prima all’odg del Consiglio comunale e del tutto priva – secondo fatto grave – dei documenti necessari al formarsi di un giudizio minimamente informato sul punto (priva in particolare delle 3 sentenze già intervenute nel corso del giudizio).
Sorvoliamo sul “coraggio” di tutti gli esponenti della maggioranza, i quali pur non avendo avuto, come noi, i documenti necessari e nonostante le evidenti incongruenze che abbiamo fatto emergere con alcune semplici considerazioni, sono stati granitici e convinti nell’approvare la delibera in “discussione”. Sorvoliamo appunto, ma che dire del resto ?! Abbiamo ricevuto “risposte” evasive ed illogiche da parte di alcuni componenti tra Giunta, dirigenti e funzionari vari; in evidente stato confusionale, dato che si è arrivati a dire che – si cita a memoria – “se anche vincessimo la causa, rischieremmo di perdere i soldi perchè una delle parti convenute è fallita”, come se la vittoria fosse quella di ottenere due spicci (o magari meno problemi per il parco del mare ?) che non la proprietà dell’area stessa…. Tanto assurdo da suggerirci di attendere la registrazione nella speranza di aver sentito male.
Abbiamo sottolineato le non poche incongruenze emerse che proprio per come emerse e per le (non) risposte ricevute, suggerirebbero forse anche un riesame della posizione giuridica e della convenienza dell’accordo (aspetto di merito però sul quale abbiamo responsabilmente scelto di sospendere il giudizio non avendo adeguata conoscenza delle carte). Ma un conto è la questione giuridica (e perdonerete la deformazione professionale dei tre avvocati che siedono tra noi), altro è la questione politica. E’ bene allora sia chiaro che, a prescindere dall’opportunità o meno della transazione in questione, si tratta dell’ennesimo caso in cui l’inerzia dell’amministrazione nel corso degli anni (peraltro sempre della stessa area politica eppure sempre autoassolutoria ed incapace di autocritica), ha consegnato aree di città – e che aree !! – a privati che legittimamente ne avevano maturato il diritto per intervenuta usucapione. Il tema per cui, ancora una volta, non è la presunta scaltrezza dei privati ma l’inadeguatezza dell’amministrazione (e anche di questa amministrazione che presenta delibere urgenti divenute tali per l’inerzia sua e dei suoi collaboratori, interni ed esterni). La quale, peraltro, così facendo non solo perde terreni importantissimi, non solo li perde a fronte di misere indennità, ma si espone – comprensibilmente – alle lamentele dei tanti altri frontisti che hanno regolarmente pagato le loro indennità al Comune nel corso dei decenni e che si sentono (e sono) vittime di ingiustizia. Se l’Amministrazione, pertanto non si preoccupa di disperdere patrimonio e denaro pubblico, si preoccupi quantomeno di essere ed apparire giusta nei confronti della generalità. E, dato che non ci interessa far polemica fine a se stessa, si preoccupi soprattutto – per l’avvenire – di mappare i terreni potenzialmente interessati da queste vere e proprie sciagure che il Comune potrebbe rischiare di dover ancora affrontare. Perché una cosa è certa: questa costosissima inerzia, che diventa ingiustizia, non deve ripetersi. Ci siamo offerti di aiutare la Giunta in tal senso, in un sempre auspicabile spirito di collaborazione. Vigileremo. Nelle difficoltà dei nostri impegni quotidiani e degli ostacoli che l’amministrazione ci pone non fornendoci gli strumenti necessari e quindi non mettendoci nelle condizioni di svolgere adeguatamente il compito per cui migliaia di riminesi ci hanno votato (la Presidenza mantenga l’impegno preso in tal senso!), vigileremo e denunceremo, proponendo e collaborando. Perché questo è il nostro compito oggi. E nell’adempierlo, cresceremo; singolarmente e come squadra.

I consiglieri di opposizione

Angelini Matteo

Ceccarelli Enzo

De Sio Luca

Marcello Nicola

Marchei Loreno

Pari Andrea

Renzi Gioenzo

Spina Carlo Rufo

Zilli Filippo

Zoccarato Matteo

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