Visita al Tempio Malatestiano (con qualche attuale e appuntita digressione)

Visita al Tempio Malatestiano (con qualche attuale e appuntita digressione)

«Siamo davanti alla porta del Tempio. Guardatela bene ragazzi, partite da un dettaglio che vi intriga, poi ricostruitela nell'insieme. E' veramente una “porta magna”, con quel gradino da superare che la separa dalla piazza e dalla vita profana e quel frontone che la fa sembrare un piccolo tempio. Si apre come un altro 'star gate' in uno spazio magico, per usare un linguaggio infantile, fortemente marcato dalle sigle e dagli stemmi di Sigismondo Pandolfo Malatesta». Il prof. Rimondini svela un altro tesoro di Rimini. Ma dice la sua anche sul «fellinizzatore».

La porta del Tempio Malatestiano. L’inizio architettonico inaugurante.

Alessia e Christian hanno incontrato il professore nei Giardini Ferrari. Da dove raggiungeranno il Tempio Malatestiano.

Tempio Malatestiano. Immagine di Sigismondo Pandolfo anziano.

IL SINDACO, IL VETEROCOMUNISMO E IL NEOLIBERISMO

ALESSIA
Prof ho raccontato al mio bà la sua spiegazione sull’identità politica del sindaco che si sarebbe formato come comunista “centralista democratico”, mica è d’accordo.

PROFESSORE
Ti pareva.

ALESSIA
Mi ha detto che Gnassi è un sindaco manager. E che da quando a Rimini e nel mondo ha cominciato a tirare il vento freddo di destra e ha vinto la politica neoliberista, le autorità di qualsiasi ordine e grado e di qualsiasi partito e persino religione si modellano sul sistema della dirigenza di un’azienda, con l’amministratore delegato che da solo decide il da farsi.

PROFESSORE
Gnassi è l’ultimo dei sindaci comunisti distruttori, Bianchini che ha distrutto il Kursaal, Ceccaroni che “riminizzato” Rimini e che ci aveva messo in casa l’architetto Di Carlo che voleva distruggere il Borgo San Giuliano; si è foggiato sul modello dei sindaci comunisti non diversi da quelli fascisti. Ma Gnassi è soprattutto gnassicentrico. Si deve essere proni e d’accordo con lui, chi discute o dissente è un nemico da abbattere.

ALESSIA
Prof, lo storico Alessandro Barbero dice di essere comunista, lei è anticomunista?

Il sindaco Andrea Gnassi.

PROFESSORE
No Alessia, non sono a priori un anticomunista, anzi apprezzo l’architetto Pier Luigi Cervellati, a suo tempo assessore comunista, che ha salvato il cento storico di Bologna dalla speculazione urbanistica, impedendo anche l’espulsione delle classi popolari dalla città. Quei comunisti io li stimo. Non i comunisti di Rimini “riminizzatori” che sono stati il braccio secolare della rendita urbana.
Gnassi non è un servo della rendita urbana, va detto, ma impone a tutti la sua limitata cultura che ha scoperto Fellini, e ignora Dante, Brunelleschi, l’Alberti, gli imperatori Augusto e Tiberio, e altri, è un “fellinizzatore” di Rimini con interventi che snaturano il carattere della città e in sé sono una miseria costruttiva, poca roba effimera a misura di paesone.

IL SINDACO, LA MOVIDA E I SOGNI

Nell’ultimo Consiglio Comunale si è identificato con Rimini: “Rimini sogna a differenza dell’Italia che non sogna più” ha affermato. Ma Rimini è lui e lui si mette da solo contro tutta l’Italia. E subito dopo ha parlato a nome del “mondo” che sarebbe infatuato di Fellini come è infatuato lui. Afferma che Fellini sarebbe “un paradigma che nel mondo è conosciuto”. Ha fatto delle ricerche su cosa ama il mondo? No, non le ha fatte, e i gusti del mondo se le è inventati. Il mondo è sempre lui, che non conosce altro che Fellini. Per la sua cultura cinematografica limitata a Fellini, non si rende conto di quanti altri registi ci sono stati contemporanei di Fellini e importanti come Fellini, se non di più, per dire solo in Italia: Visconti, Pasolini, Olmi, Risi, Comencini, Scola, Zampa, Pierangeli, Pontecorvo e altri. Volete mettere il respiro di ‘Novecento’ di Bertolucci con l’asfittico ‘Amarcord’, dove Rimini fa la figura tristissima di un borgo di deficienti, con donne repellenti e mostruose che sembrano incarnazioni della Grande Madre preistorica culona e tettona, e con uomini stupidi, prepotenti e pataca? Un posto di dementi e di cretini senza futuro, da abbandonare prima che sia troppo tardi. Per non parlare poi dei registi europei a lui contemporanei, volete mettere Fellini con Bergman? Lo svedese lo straccia subito in mille pezzettini, e gli americani…

La Saraghina, nuova inquilina di Castel Sismondo.

ALESSIA
Tutta gente che non conosciamo, mentre Fellini…

PROFESSORE
E’ da cinque anni che questo sindaco, da solo, fa il martello su Fellini, come se fosse un genio unico e universale, e non lo è, per forza voi giovani, poco attenti ai problemi della cultura, o mi sbaglio?, conoscete solo lui… ma credetemi il cinema di Fellini va ridimensionato…

ALESSIA
Che vuol dire?

PROFESSORE
Vuol dire che non ha più quel grido che aveva nel secolo scorso. Ma basta con queste paranoie politiche…occupiamoci del Tempio…

ALESSIA
Ma insomma Gnassi ci propone una vision, una Rimini rinnovata, magari la si può discutere, lei prof è vecchio e difende una Rimini vecchia…bè non si offenda…

PROFESSORE
Ma Alessia ci ragioni sulle cose che dice Gnassi? Prima fa scrivere a un suo tirapiedi che l’autore del castello “non è Filippo”, poi qualcuno deve avergli detto chi era Filippo Brunelleschi e che il castello gli appartiene, allora ha cambiato discorso; adesso dice che Federico Fellini nel castello farà apprezzare Filippo Brunelleschi. Ma ti sembra un discorso sensato? Dice anche che Sigismondo non è conosciuto nel mondo come Fellini. E’ evidente che non conosce le ricerche di Moreno Neri pubblicate in Rimini 2.0 sul rapporto con Sigismondo Pandolfo dei grandi intellettuali francesi, inglesi, tedeschi e degli States; per limitarci a questi ultimi, Eliot, Pound, Nabokov, Hemingway e diversi altri. Rapporti che garantiscono il possibile arrivo di un certo pubblico. Non arriveranno le masse degli States a vedere le sue tre o quattro misere cribbiate felliniane, degne di una sagra di paese povero e pretenzioso; ma avete visto a che dimensioni sono abituati le frotte di turisti Yankee? Sono quelle di Disneyland. Le avete confrontate con la dimensione delle cribbiatine di Gnassi, che a noi costano però milioni di euro e stuprano la città antica. Una politica culturale come quella che vi ho annunciato, che valorizzi le nostre vere caratteristiche storiche e artistiche potrebbe far venire non pochi turisti degli States e anche dell’Europa, non saranno “frotte” ma persone ricche e colte, a vedere il Tempio dell’Alberti e Castel Sismondo del Brunelleschi senza Fellini. Non bastano mille Fellini a fare un Brunelleschi…
Andrea Gnassi è solo chiacchiere e distintivo.

Disegno da un calco di un perduto ritratto di Isotta degli Atti di Agostino di Duccio. Isotta sta per essere sloggiata dalla sua residenza in Castel Sismondo.

COSA PUÒ FARE DI CONCRETO A RIMINI IL COMUNE PER I GIOVANI

ALESSIA
Ma adesso stanno per inaugurare la mostra di Raffaello. Sarà pure un fatto culturale di tipo tradizionale che si deve a Gnassi…

PROFESSORE
Si deve alle ricerche e all’impegno del professor Giulio Zavatta, piuttosto…ma sì, è un’iniziativa, dell’amministrazione comunale…Una tantum …una buona l’ha fatta, ma temo che non sappia chi è Raffaello e purtroppo tutto il resto è un disastro…

ALESSIA
E “il lungomare più bello del mondo”, l’ha visto?

PROFESSORE
Ha messo dell’erbetta in tappeti e qualche alberello sull’asfalto del lungomare…

ALESSIA
Prof lei è prevenuto, lo sa? e le piante spontanee?

PROFESSORE
Piante spontanee artificiali è un ossimoro, preferisco le piante tradizionali che spandono profumi: il Pitosforo, l’Elicriso, il Rosmarino e gli arbusti di Tamerici “salmastre ed aspre”.

ALESSIA
E il belvedere con le fontanine? E poi cos’è un ossimoro?

PROFESSORE
Alessia tu possiedi un telefonino che ha collegamenti col pc, cercalo su internet il significato di ossimoro. Il belvedere poi è il pretenzioso monumento, con le banali fontanelle eretto come catafalco per un fiume bellissimo, trasformato in cloaca, altro regalo dei sindaci comunisti del dopoguerra.
E poi basta con la mitologia narcisista stracciona della spiaggia di Rimini “più bella del mondo”. I Riminesi che hanno visto Brighton, Nizza, Ibiza, le isole greche, le spiagge del Belgio del Mare del Nord, Miami, eccetera, sanno che non è vero.

ALESSIA
Certo che lei prof non si è accorto di avere toppato per ben quattro volte con oggi: ha detto che i turisti a Rimini sono troppi, che le novità di Gnassi sono miserabili, che Fellini è “obsoleto” – ho visto sul telefonino, vuol dire non più di moda – e infine adesso mette in dubbio che la nostra sia la spiaggia più bella del mondo…Ma non ha paura che lo picchino, che so, i bagnini?

PROFESSORE
Mia cara ragazza, il narcisismo straccione non porta da nessuna parte, e ci procura una cattiva fama, sapere qual è il proprio posto nel mondo aiuta, perché è il punto preciso da cui progredire, donne, uomini, nazioni e città…

CHRISTIAN
Eppure si dice che questo sindaco si è dato da fare, ha inaugurato il teatro, sta per inaugurare le fogne, ha modernizzato il ponte romano, ha inventato le Notti Rosa, la gente lo apprezza…

PROFESSORE
Lo apprezza la gente che non sa che il teatro e le fogne sono progetti del sindaco precedente. Il teatro è stato promosso dai “quattro gatti” della Renata Tebaldi Rimini Città d’Arte. Le Notti Rosa sono occasione di bevute e peggio, sono trappole edonistiche per i giovani. Viviamo in tempi difficili e duri, puntare al piacere e ai sogni non è una politica saggia, anche prima della pandemia, bisogna chiudere o limitare seriamente il divertimentificio.

Tempio Malatestiano. Cappella di San Sigismondo, immagine di Sigismondo Pandolfo giovane trasformata in reggistemma.

ALESSIA
Adesso non vorrà mica imputare a Gnassi il coronavirus. E poi lei che farebbe se fosse sindaco?

PROFESSSORE
No Alessia non voglio imputare a Gnassi il coronavirus. Ma anche questa maledetta pandemia non la si affronta e nasconde con la politica addormentante dei sogni e con l’edonismo della movida. E’ necessaria una strategia politica seria e concreta che non nasconda la realtà collettiva pericolosa. Spesso io sento nella mia camera fino a notte fonda, fino alle quattro del mattino urlare giovani alcolizzati e fattoni. Mi si stringe il cuore. Perché urlano? Credo perché hanno paura. Come li educhiamo i giovani? Bisogna avere il coraggio di una strategia politica di impegni e sacrifici piuttosto. Rimini sembra diventata il Paese dei Balocchi, che poi è il nome tradizionale della movida.

ALESSIA
Senti da che pulpito arriva la predica, chi l’ha educato questo sindaco?

PROFESSORE
Sì Alessia, hai certo in parte ragione. L’abbiamo educato al Serpieri. Io ero il suo insegnante di storia e filosofia: non gli ero simpatico; tuttavia come a tutti i miei studenti gli volevo bene, e gliene voglio ancora come persona, ma come sindaco ho molte ragioni oggettive per non poterlo soffrire. Fino al ’68 la scuola tradizionale era autoritaria in modi ridicoli, l’abbiamo ‘liberata’ cadendo nell’eccesso opposto. Ricordo di avere bocciato in tutta la mia carriera e nel consiglio di classe un solo studente, che ce l’aveva messa tutta per essere bocciato, farsi bocciare al Serpieri, dove Andrea ha studiato, per dire, era un duro lavoro. Togliere o attutire troppo i controlli ha provocato dei disastri. Molti ragazzi, specialmente negli ultimi anni, non stavano nemmeno attenti quando cercavo di fargli piacere la storia e la filosofia, per quello che valevano in sé, senza sanzioni. E, per quanto ho visto anche in altre scuole d’Italia, la materia principale in un liceo scientifico, la matematica non era particolarmente studiata, mentre i ragazzi di origine slava erano bravissimi nelle materie scientifiche, nemmeno da paragonare con gli indigeni.

UNA POLITICA CONCRETA BASATA SULL’ETICA

Cosa farei io se fossi sindaco? Io Alessia sono uno storico, non un politico, ma credo che tutti ormai capiscano che l’amministrazione comunale, non il solista che stracanta da solo e magari è stonato, ma tutto il coro democratico, giunta, consiglio e associazioni pubbliche e private, debba farsi carico dei problemi concreti della gente che sono molti, vecchi e nuovi, e delle loro soluzioni concrete. A cominciare dal prendersi cura dei giovani, bisogna proprio che gli anziani si preoccupino di insegnargli a vivere in concreto.

ALESSIA
Per esempio concreto?

PROFESSORE
Per cominciare insegnargli a studiare, operazione che deve durare per tutta la vita, quasi tutti gli studenti non hanno idea dell’uso delle tre memorie – visiva, uditiva, cinetica – e dei metodi mnemonici e di come dirigere l’attenzione quando studiano; bisogna insegnargli a lavorare, come una volta si faceva nelle botteghe artigiane, non partiamo da zero abbiamo una grande tradizione alle spalle; i giovani devono conoscere il mercato locale del lavoro, situazione reale, potenzialità, trappole e gradi di sfruttamento.
Soprattutto devono conoscere nel bene e nel male il denaro. Forse il denaro è l’argomento più interessante di tutti. Io sono uno dei tanti che è passato dalla paghetta di quando ero adolescente, secoli fa, alla paghetta dello Stato. Non conosco il denaro, la sua vita, la sua grande potenzialità, il terrificante potere, e adesso sono povero come la cicala della favola. Vi consiglio la lettura di ‘JR’ un libro di William Gaddis sul potere del dollaro, gestito da un undicenne.
Pochi ricchi insegnano ai figli come gestire il denaro, la maggior parte dei figli dei ricchi li vediamo occuparsi di futilità come gli abiti, le macchine e abbandonarsi ai piaceri sfrenati, con i risultati che il filosofo Epicuro aveva denunciato cinque secoli fa, la noia, la sofferenza e la morte. E i figli dei poveri imitano questi disgraziati pataca. A tanto arriva l’odio dei padri e delle madri verso i loro figli.

ALESSIA
E cinque, prof, ma lei vuole farsi linciare? Come osa credere che la mamma e il bà ci odino.

PROFESSORE
Certamente ci amano, anche, e senza il loro amore non potremmo vivere, tuttavia va capito che coscientemente non si accorgono di farci del male, ma ce lo fanno. Lo sanno bene quelli che conoscono l’ambivalenza dell’amore e dell’odio dei genitori. Non dico che tutti i genitori odino sempre e coscientemente i loro figli, a volte però li odiano anche coscientemente, avete presente Medea, la madre che uccide i suoi due figli per far soffrire Giasone loro padre? E’ un mito che ci mette in guardia sull’ambivalenza dei genitori. Ci sono molti esempi sui giornali di Medee di oggi. Ma qui ci vorrebbero molte ore per chiarire il concetto e certamente anche i suoi limiti. Conosciamo tutti un tipo di genitore abbastanza diffuso che lascia fare al proprio figlio tutto quello che vuole, fin dalla più tenera età; secondo voi lo ama? No di certo e si accorgerà degli effetti della sua aggressività quando il figlio, educato a fare quello che vuole comincerà a bere o a bucarsi o a sniffare.

ALESSIA
Ci dica qualcosa di positivo prof, per favore.

PROFESSORE
Sì, sì, c’è del positivo nel vostro futuro ragazzi, ma richiede impegno concreto e costante, non un impegno che costi sofferenza e noia, ma qualcosa che soddisfi chi lo fa mentre lo fa anche con sforzo. Ci sono due settori che si presentano con molte prospettive positive.
Il mercato digitale è il vostro futuro, sia dei ragazzi ricchi che dei ragazzi poveri, il futuro del mondo, ma vi dico proprio per noi soprattutto il futuro locale di Rimini. Vi faccio un esempio illuminante. I miei interventi di storia in Rimini 2.0 hanno raggiunto un picco di 44 mila visitatori, e dev’essere tutta gente di Rimini, a chi volete mai che interessi l’archeologia degli scavi di piazza Malatesta? Sono stato gettonato più di Gnassi.
Ebbene c’è una concreta e numerosa domanda di storia, un mercato potenziale di storia di 44 mila persone.
Contemporaneamente l’editore Luisè era fuori di sé dalla gioia perché il recente libro di Oreste Delucca, ‘Toponomastica riminese’, ha raggiunto il top delle vendite: 500 e rotti acquirenti. Capite cosa significa la differenza tra i due mercati? Capite ragazzi cosa vi riserva il futuro? Capite su cosa dovete lavorarci sopra? Questa è la buona notizia. C’è un mercato digitale ricchissimo e soprattutto con una dimensione locale che funziona non solo per la cultura, bisogna studiarlo, lavorarci per fare fruttare del denaro. Avete stimoli numerosi per lavorare e creare valore, molto valore, per tutti. Io spero che passiate la vita in crescendo senza l’egoismo raggelante dei ricchi e dei ‘furbi’ e senza la disperata rivolta dei poveri, in una società di valori condivisi.

ALESSIA
E il secondo settore?

PROFESSORE
Escludo che sia secondo e ultimo, vi parlo in fondo di cose di cui ho esperienza personale; il secondo settore è la medicina che sta facendo progressi giganteschi e si presenta come una disciplina guida per tutte le altre. Solo pochi anni fa sarei morto con un cancro serio, ma invece mi hanno guarito, o almeno sono cinque anni che quello lì non mi disturba. Poi ho sperimentato che i giovani medici sono preparati scientificamente e anche nel trattare i pazienti. Non li buttano più negli ospedali senza aiutarli a capire come comportarsi con i malati. Non li costringono a pendolare tra il troppo lasciarsi coinvolgere – un mio studente medico è morto di crepacuore, non poteva tollerare che gli morissero i pazienti – e le posizioni repellenti di cinismo. Io m i sono sentito preso in carico dai giovani dottori e dalle giovani dottoresse. Ripeto, è un modello disciplinare e sociale utile questo dei medici, per esempio anche per la scuola. Anche lì i professori sono buttati in classe senza sapere cosa fare, e spontaneamente fanno quello che hanno visto fare ai loro professori.

Leon Battista Alberti (1404-1472) Grande Umanista e maestro di sapere e di vita.

Ancora, la coscienza collettiva del Comune, articolata in diverse identità culturali, per me dovrebbe occuparsi anche dei problemi concreti della vita, ma non in senso punitivo per le donne, contenere l’edonismo sfrenato delle sessualità etero, omo e bisex, dell’affettività, della famiglia – ormai multietnica -. delle religioni che sono ormai numerose – la nostra religione tradizionale è in crisi, un prete mi diceva che nessuno si confessa più, e il seminario è vuoto – sono anche questi segni di rivolgimenti da monitorare. Faccio voti che l’anima politica del futuro sia fondata su un dibattito ininterrotto sull’etica, sull’etica propositiva non quella punitiva, non sul piacere e i sogni.

ALESSANDRA
Prof sembra un programma borghese, dov’è finita la spinata rivoluzionaria del ’68?

PROFESSORE
Sì è borghese nel senso di civile, poi il termine borghese ha altri significati anche negativi. Non sono mai stato un insegnante del ’68, ci sono cascato dentro all’inizio della mia carriera di insegnante. Sono sempre stato un riformista non un rivoluzionario. Vedete le rivoluzioni che brutta fine fanno.

Volevo aggiungere un’ultima cosa, voi giovani dovreste studiare come si comportano i sindaci e i consigli comunali dei paesi europei più civili e ricchi. Come sono i sindaci francesi, olandesi, tedeschi, inglesi? Per adottare quello che di buono hanno e per superare questa tipologia arcaica di sindaci autoritari con la vision, con le “grandi opere” che sembrano stancamente riprodurre i ben noti modelli del Duce o di Stalin.

IL TEMPIO MALATESTIANO

Adesso però basta con la politica. Siamo davanti alla porta del Tempio. Guardatela bene ragazzi, partite da un dettaglio che vi intriga, poi ricostruitela nell’insieme. E’ veramente una “porta magna”, con quel gradino da superare che la separa dalla piazza e dalla vita profana e quel frontone che la fa sembrare un piccolo tempio. Si apre come un altro ‘star gate’ in uno spazio magico, per usare un linguaggio infantile, fortemente marcato dalle sigle e dagli stemmi di Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Il Signore di Rimini iniziò a ricostruire le due prime cappelle di destra nel 1447, una dedicata a San Sigismondo e una detta cappella degli Angeli, entrambe già esistenti, rinnovate, l’ultima a nome della sua amante bambina Isotta degli Atti. Poi successe qualcosa che forse ha del traumatico, legato alle sue fortune di guerra, forse il duplice trionfo fiorentino lo inebriò facendogli perdere il senso reale delle cose. Sigismondo Pandolfo ampiò il suo progetto con le altre quattro cappelle e dal 1454 si fece preparare da Leon Battista Alberti un modello ligneo dell’intero tempio con una grande cupola, non realizzato se non nella facciata e nei fianchi.

Sul Tempio Malatestiano… vi è da sempre una letteratura storica e critica sterminata, con diverse prospettive di comprensione e interpretazione. Oggi non potremo che fare una chiacchierata introduttiva mettendo in luce qualche tema di quelli molto importanti da approfondire nel corso della vita.
Una ragazzina in Gambalunga mi ha detto che le hanno dato una tesi di laurea sul Tempio Malatestiano. Ma Cristo Santo, mettiamo pure che sia un genio, cosa potrà leggere nei pochi mesi di preparazione di una tesi di laurea? Mi meraviglio e non poco del professore che gliel’ha data…
Vi accennerò alle due più importanti interpretazioni contemporanee del Tempio, una neoplatonica e una spirituale.

CHRISTIAN
Quella neoplatonica la conosco, ho cominciato a leggere gli articoli di Moreno Neri su Rimini 2.0 e le sue traduzioni dei testi di Gemisto Pletone, il grande filosofo bizantino le cui ossa giacciono nella quarta arca del fianco sinistro del Tempio. Ho scoperto con entusiasmo una prospettiva filosofica culturale che mi attrae, quella della “Tradizione unica e universale”. La conosce prof’?

PROFESSORE
Sì Christian, la rispetto e la uso anche, soprattutto per quanto riguarda Gemisto Pletone, ma ti dico subito che questo sapere unico che attraversa i tempi non mi convince affatto; mi sembra correre il pericolo di diventare, come diceva Hegel di simili prospettive filosofiche, “l’eterna notte dove tutte le vacche sono nere”. Ma non è detto che i moderni neoplatonici, Moreno tra i primi, siano carenti di indagini filologiche specifiche e su problemi concreti. Lo dico con tutto lo stile “perentorio”, come scrive il mio amico Moreno, dei miei articoli su Rimini 2.0, credo, no anzi so di essere un cultore del “pensiero debole”, ma a volte mi esprimo come Gnassi.
Soprattutto mi sento un filologo, uno attaccato ai testi, alle indagini minuziose sui monumenti dell’arte, sulle pitture, sulle scritture, col pericolo di perdermi nelle analisi e di non considerare le sintesi.

CHRISTIAN
Conosce Moreno Neri?

PROFESSORE
Chi non lo conosce? Personalmente vuoi dire? Sì anche personalmente. Se vuoi te lo presento. E’ coltissimo e simpaticissimo. E devo dirti che il neoplatonismo di Sigismondo Pandolfo mi intriga.
Questa filosofia neopagana ma anche cristiana, con sorpresa, mi è apparsa non nuova nelle persone colte della famiglia Malatesta. Studiando i Malatesta di Pesaro, ho trovato Elisabetta da Varano ( m.1405), la moglie di Malatesta dei Sonetti (1370-1429), madre dell’arcivescovo di Patrasso Pandolfo e di Cleofe basilissa di Costantinopoli, despina – che significa Signora – di Morea e allieva di Gemisto Pletone, che viene lodata da un giovane umanista pesarese anonimo, come dotata della “reminiscenza” platonica, cioè Elisabetta non imparava le cose che studiava, ma le ricordava; una platonica prima dell’arrivo dei Greci in Italia. Sono tematiche di storia della cultura affascinanti.
Ma adesso, ragazzi, lasciatemi dire poche cose su Sigismondo e il suo Tempio, tanto per cominciare, cose risapute e alcune nuove, dovute alle mie capacità ‘filologiche’, quali che siano, senza la pretesa di esporvi un apparato unitario di sapere e una teoria unica valida per tutti i tempi e per tutti i fruitori.

ALESSIA
Prof, a me interessa, e devo dire mi commuove, lo spiritualismo cristiano di Alessandro Giovanardi.
L’ho ascoltato in una visita al Tempio. Lo conosce?

Facciata del Tempio Malatestiano i capitelli e il fregio ornati dai
Cherubini con quattro ali, che richiamano gli angeli della Tenda che conteneva l’Arca dell’Alleanza.

UN TEMA BIBLICO NELLA FACCIATA DEL TEMPIO MALATESTIANO

PROFESSORE
Certo, e ho anche discusso con lui alcuni temi biblici, relativi alla Tenda e al Tempio di Davide e di Salomone, che appaiono sulla facciata del nostro Tempio: le quattro colonne e i Serafini della Tenda o Tabernacolo mobile di Israele, dove era conservata l’Arca dell’Alleanza e le Tavole dei Dodici Comandamenti. Inoltre abbiamo notato il parallelo tra le armi di Davide conservate nel Tempio, vicino alla porta del santuario, e l’armatura di Sigismondo Pandolfo conservata nella Cappella di San Sigismondo. Alessandro non ha molta simpatia per le interpretazioni pagane ed erotiche del Tempio, ma di certo non le esclude, almeno credo.
Non siete disarmati, vedo, avete un bel fondamento di partenza, merito del nostro Attilio, vero? ma poi, se siete amanti dell’arte e della storia, vedrete quante cose imparerete nel corso della vostra vita sul Tempio. Vi consiglio di tenervi vicino ‘Il Tempio Malatestiano, Sigismondo Pandolfo Malatesta e Leon Battista Alberti’, il librone di Angelo Turchini. Contiene tutto quello che si deve sapere sul Tempio.

Sigismondo Pandolfo Malatesta è tuttora oggetto delle accuse che gli vennero scagliate contro da papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, che lo condanna ‘da vivo’ all’inferno, un’azione dantesca ma certo non ortodossa, con una serie di accuse di ogni genere: avrebbe cambiato di campo, dopo avere stabilito un patto col re di Napoli Alfonso di Aragona e accettato del denaro per mettersi poi con i Fiorentini nemici del re e vincerlo in più battaglie – c’è del vero, ma le cose non sono del tutto limpide nemmeno per il re di Napoli –; avrebbe ucciso tre mogli, tentato di uccidere il fratello – accuse infondate -; avrebbe stuprato diverse donne e il figlio Roberto; l’accusa manca di precisione giuridica: nomi delle donne, luogo e cronologia dei fatti, come ha notato Giovanni Soranzo, declassando la requisitoria dell’avvocato fiscale di Pio II a un’invettiva -, e tutte le calunnie della leggenda nera messa su contro il Signore di Rimini dal papa stesso, da Federico da Montefeltro, dal re di Napoli e dai nemici e dagli ‘amici’ del Malatesta. Ma Pio II ha poi molte ragioni nel dire che il Tempio Malatestiano è dedicato alla sua amante, e pieno di statue di “Demoni”- ci sono in effetti Dei pagani. Uno studioso yankee, tale Alexander Lee, che ha pubblicato un libro dal titolo intrigante, “Il Rinascimento cattivo”, poi riprende pari pari la leggenda nera sul Signore di Rimini…che comunque non era propriamente un buono e, sì, per certi aspetti narcisistici, come vedremo assomigliava al sindaco reggente…

Parete alla destra di chi entra, il capitello grande è un corinzio rinascimentale, quello più piccolo vicino è un corinzio veneziano con gli acanti che sono diventati foglie d’insalata.

SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA UOMO DEL TRAPASSO CULTURALE TRA MEDIOEVO E RINASCIMENTO

Sigismondo Pandolfo Malatesta è vissuto in un tempo di confine culturale non solo artistico, tra il gotico e la rinascita dello stile classico. Era un borderline, per usare in senso storico un termine piuttosto screditato della psichiatria, un uomo del confine. Ha scelto di incoraggiare la nuova cultura e l’arte rinascimentale, ma contemporaneamente non ha smesso di continuare a costruire edifici gotici. Lo stesso dualismo si nota anche nell’arte bellica: costruiva mura basse, – le falsabraghe, i promurali – ma faceva erigere anche torri alte, che alla fine del secolo saranno abbattute dai cannoni francesi con proiettili di ferro. E, caratteristica di maggiore importanza, era certamente cristiano, ma esibiva piuttosto volentieri una cultura classica, esternamente ‘pagana’, disciplinata forse dal neoplatonismo. Portò con sé dalla Morea e da Mistra le ossa del filosofo Gemisto Pletone, sul quale correvano voci di paganesimo, per così dire, nicodemita – dal nome Nicodemo, che al tempo di Gesù, era un notabile israelita che nascondeva la sua fede cristiana -.

Balaustra gotica veneziana della Cappella degli Angeli.

MATTEO DE PASTI, AGOSTINO DI DUCCIO E LEON BATTISTA ALBERTI

Il suo cronista guerriero, Gaspare Tartaglia Broglio di Lavello, rimproverava Sigismondo Pandolfo perché non spendeva abbastanza in bombarde, polvere da sparo, ingaggio di uomini d’arme quando era il giovane migliore capitano di tutta Italia, negli anni ’40 e ’50 del Quattrocento, e sperperava il suo oro in stipendi per poeti, scultori, medaglisti, umanisti e letterati di primo e secondo piano.
Per il Broglio, andava bene il Brunelleschi per il castello, anche se era costato molto, ma il Brunelleschi gli poteva dare il meglio in fatto di nuova architettura delle fortezze; ma perché spendere tanto oro per Battista degli Alberti, che gli aveva messo in testa delle idee da pazzo, come la ricostruzione del Pantheon a Rimini, neanche Sigismondo Pandolfo fosse un imperatore, perché per finire quel chiesone immenso, di cui veniva mostrato il modellino ligneo, ci volevano le risorse delle antiche finanze imperiali.
E quando a Fossombrone il partito malatestiano nascosto si era ribellato al nuovo signore Federico da Montefeltro chiamando Sigismondo Pandolfo a difenderli, il marchigiano lo aveva sconfitto perché aveva più armati e più bombarde.

Balaustra rinascimentale fiorentina della Cappella di San Sigismondo. Semplifica il motivo guida rinascimentale albertiano del Tempio (vedi sotto).

Federico da Montefeltro iniziò a costruire il suo magnifico palazzo solo dopo che aveva ridotto Sigismondo Pandolfo al solo possesso di Rimini, all’inizio dando lavoro alle maestranze rimaste senza risorse a Rimini e chiamate a Urbino.
Ma noi, oggi, siamo felici perché, fin dalla più tenera età, Sigismondo Pandolfo spese il suo oro per gli Umanisti, per il Castello e per il Tempio…insomma per rendere Rimini una città rinascimentale che questo sindaco sta manipolando.

ALESSIA
Ma se avesse sempre vinto lui cosa sarebbe diventata Rimini?

PROFESSORE
Una città di rango ducale come Urbino e Ferrara, con monumenti di diversi dinastie, finché nel ‘600, come a Ferrara prima e a Urbino poi, la dinastia si sarebbe esaurita e Rimini “città regia o regale” avrebbe perduto la sua autonomia politica. E il Tempio Malatestiano sarebbe rimasto non finito ma più grande di come è ora.
Comunque adesso entriamo e guardiamo alle due prime cappelle e al resto.

I tre entrano nel Tempio e rassicurano lo scaccino che è venuto subiti ad accoglierli sospettoso. Hanno i permessi di visitare il Tempio? Sì li hanno e anche di fotografarlo.

CHRISTIAN
Prof dentro è buio e le cappelle hanno grandi archi gotici, fuori è luminoso, rinascimento puro.
Mi dà una sensazione di due mondi separati.

PROFESSORE
Allora, vi ho già detto che Sigismondo Pandolfo…

ALESSIA
Prof perché dice sempre Sigismondo Pandolfo, non è più comodo dire solo Sigismondo?

PROFESSORE
Sì è più comodo. Stavo per dirti che c’è un altro Sigismondo Malatesta, figlio di Pandolfo IV. Ma tanto non si confonderebbero…Forse lo dico perché è il nome intero che Sigismondo prese da Signore unisce il suo a quello di suo padre, ma come vedrete in questo doppio nome c’è un enigma.

CHRISTIAN
Sigismondo amava suo padre? Voglio dire aveva un rapporto speciale col padre?

PROFESSORE
Sì, sospetto che avesse un rapporto speciale con il padre. Ma forse era un rapporto molto ambivalente, cioè Sigismondo – sei contenta Alessia? – provava per il padre Pandolfo III un forte amore e un forte odio. Il padre non aveva voluto legittimare lui, suo fratello Domenico – che prende il nome dello zio Malatesta, Signore di Cesena, con l’aggiunta di Novello – e il più grande, il futuro beato Galeotto Roberto. Da un bambino, con un’educazione non trascurata ma destinato dal padre allo status di bastardo, non ci aspetteremmo del risentimento cioè dell’odio? E in effetti l’odio ci fu e tanto, ma dal padre Sigismondo lo spostò verso tutti gli altri Malatesta. Dentro il Tempio non vedrete i monumenti funebri di Malatesta da Verucchio e degli altri Signori fino a Carlo, e nemmeno semplicemente i loro nomi. Sigismondo li ha distrutti tutti e ha cancellato tutti i nomi escluso il suo, quello di Isotta e quello di Scipione l’Africano, presunto capostipite dei Malatesta.
Una vera “damnatio memoriae”, Sigismondo li ha distrutti tutti e le ossa non le ha buttate via ma le ha raccolte mescolate, come vedremo, in un sarcofago destinato agli antenati, ma come vi ho detto senza un nome. Sigismondo ha cancellato tutti i nomi dei suoi predecessori con le tombe che saranno state di marmo e distrutte per fare la calce. La chiesa di San Francesco doveva proprio sembrare il pantheon dei Malatesta, il Tempio invece esalta il solo Sigismondo. Questa, datemi retta ragazzi, è una stranezza freudiana…magari dopo ne parliamo ancora.

ALESSIA
Una stranezza freudiana nel ‘400, e Freud non è vissuto a cavallo dell’800 e del ‘900?
E poi cos’è una damnatio…?

PROFESSORE
Sì, sì Alessia. Ci sono dei problemi di metodo storiografico, prima o poi li riprendiamo…”Damnatio memoriae” significa annullamento del ricordo e del nome di una persona, o di un partito, o di un regime. E’ successo sempre nella storia quando è morto un tiranno, o finito un regime…

CHRISTIAN
O un sindaco?

PROFESSORE
O un sindaco.

LE DUE CAPPELLE DI SAN SIGISMONDO E DEGLI ANGELI

All’inizio Sigismondo Pandolfo Malatesta voleva far costruire solo due cappelle nella chiesa duecentesca di San Francesco dove c’erano, come vi ho detto, le tombe di Malatesta da Verucchio, e degli altri Signori fino a Carlo. E dobbiamo immaginarle monumentali, di marmo. Questa decisione , ripeto, era all’altezza delle sue possibilità economiche. Nel 1447 il vescovo di Rimini Bartolomeo Malatesta benedice la prima pietra e inizia la ricostruzione della Cappella di San Sigismondo, con il suo oratorio o sagrestia, che sarà consacrata solennemente nel 1452. Sempre nel 1447 papa Nicolò V concede ad Isotta degli Atti, ‘domicella ariminensis’ e amante bambina di Sigismondo Pandolfo. Eh? Ma certamente il pontefice non lo sapeva o fingeva di non saperlo…le dà il permesso di restaurare o ricostruire e di dotare la Cappella degli Angeli, dove Sigismondo fa costruire nel1451-1452 il maestoso sepolcro della sua amante bambina . Su questo sepolcro vi dirò ancora più tardi.

La Cappella di Isotta è diventata di recente il Pantheon dei Vescovi di Rimini e Castel Sismondo sta per diventare il museo di Fellini… O povera Rimini ti vai sempre di più impoverendo e imbruttendo e i tuoi monumenti vengono manipolati e destinati ad usi moderni incongrui…

Il motivo guida albertiano nel fondale dell’affresco di Piero della Francesca, attualmente fuori posto nel Tempio. In questa foto degli anni 20 del ‘900, degli Alinari, pubblicata da Corrado Ricci, si vede il tratto dell’affresco tra Sigismondo, le paraste e lo stemma, dove la pittura di Piero era scomparsa, riverniciato alla meglio. Poi i diversi restauri hanno cancellato la riverniciatura mettendo in luce in pochi tratti marginali la preparazione scura con qualche particelle superstite di rosso – per una pittura imitante una lastra di porfido? – Ed è apparsa anche una parte più ampia dell’arriccio che ha la forma di una carta geografica della Florida. Un signore ha dedotto da questa macchia nel muro che Sigismondo avesse scoperto l’America.

Joseph Frank, riproduzione del sepolcro di Pandolfo II a Fano, opera attribuita all’Alberti.

GOTICI VENETI E FIORENTINI

Comunque, sì Christian, le strutture gotiche sono dominanti in tutte e sei le cappelle. Vengono attribuite a Matteo de Pasti, veronese, allievo di Pisanello e grande medaglista. Da quello che vediamo ci facciamo un’idea dell’esistenza di due squadre di operai e scultori, una veneta agli ordini di Matteo de Pasti e una fiorentina agli ordini del capo scultore, il fiorentino Agostino di Duccio. Questi autori non ve li illustro se non nelle novità, li trovate nel Dizionario Biografico degli Italiani, cliccandone il nome, on line.
Di nuovo vi posso dire che Leon Battista Alberti, già conosciuto da Sigismondo almeno del 1436, interviene con un motivo rinascimentale che è quella sorta di spalliera, che vedete sul fondo della Cappella di San Sigismondo, formata da piccole lesene con i capitelli corinzi, sovrastate da una trabeazione, poste a una certa distanza l’una dall’altra e reggenti un grande festone di frutta e fiori quadripetali con lo stemma di Sigismondo. E’ il motivo guida rinascimentale albertiano che troviamo anche sullo sfondo dell’affresco di Piero, dipinto dal grande pittore come un più elegante rifacimento, e infine nel 1460 a Fano nella tomba del padre di Sigismondo Pandolfo III Malatesta, morto nel 1427.
Lo stesso motivo, impoverito appare nelle recinzioni rinascimentali delle cappelle prima, terza, a destra e quarta e sesta a sinistra. Le altre due hanno recinzioni gotiche. Adesso guardate sul cornicione del primo ordine, tra le due cappelle di destra, quel succedersi di capitelli corinzi fiorentino il primo, gotico veneziano a caspo d’insalta il secondo, di nuovo fiorentino il terzo e tutti di altezza diseguale. Chissà cosa avrà pensato l’Alberti quando li ha visti.
In realtà ci è arrivata una sua lettera a Matteo de Pasti, che voleva allineare i pilastri esterni davanti alle finestre gotiche veneziane che vedete. La lettera è del 18 novembre 1454: “vuolsi aiutare quel ch’è fatto…e non guastare quel che s’abbia a fare”.

CHRISTIAN
Ma allora prof l’Alberti non aveva deciso l’architettura dell’interno?

PROFESSORE
No, lui è autore, penso io, solo delle spalliere di due cappelle e forse anche del pavimento in selenite della cappella di San Sigismondo; quando venne a Rimini – e bisogna ancora studiare quando – si trovò quelle cappelle gotiche già costruite, e per di più giudicate troppo esili per sostenere un tetto. Deve avere trovato assurde quelle cappelle, ma Sigismondo non le avrebbe fatte gettare a terra, per non sprecare i molti soldi spesi. E’ quello che dice Gioenzo Renzi per le neoplasie architettoniche felliniane che stanno per essere costruite, una volta fatte bisognerà tenersele; no, abbiamo buttato miliardi di lire anche per i progetti moderni del teatro, ma poi abbiamo fatto quelli filologici; quindi finita questa amministrazione bisognerà eliminare le cribbiate felliniane, aprire il fossato, sloggiare Fellini dal castello. Piuttosto la massiccia costruzione esterna del Tempio, facciata e fianchi a pilastri dell’Alberti, aveva una principale ragione funzionale: doveva reggere il tetto, perché le cappelle gotiche erano troppo deboli di struttura e non avrebbero retto nemmeno il tetto e la volta di legno, che a guisa di nave rovesciata aveva progettato il carpentiere veneziano Mastro Alvise. La volta lignea a carena non venne costruita e si lasciò il tetto a semplice carpenteria.
Però ragazzi, anche se “acciavattato”, come si esprimeva Sigismondo, l’interno è “magico”, è bello così, ci emoziona proprio perché è un’unica disordinata e strampalata sintesi di gotico e rinascimento che sconvolge le nostre aspettative di ordine spaziale e temporale ma in modo molto piacevole.

Agostino di Duccio, Angelo reggi cortina del pannarone entro il quale era conservata l’armatura di Sigismondo Pandolfo, Cappella di San Sigismondo.

ANGELI ARCHEOLOGICI

Guardate nella prima cappella quelle figure di Angeli che reggono i bordi di un pannarone di marmo – pietra d’Istria lucidata a marmo – lì sotto c’era la bella armatura di Sigismondo che conosciamo nei dettagli per una medaglia di Pisanello. Nei primi del ‘900 la moda dell’Art Nouveau -volgarmente e impropriamente detta Liberty – vi trovò nell’ondeggiare delle pieghe dei ‘veli’ che rivestono il corpo degli Angeli dei precedenti del suo “colpo di frusta”.
Nel ‘500 circa i Francescani vendettero agli Asburgo l’armatura di Sigismondo che è finita a Vienna, o meglio a Vienna nell’armeria imperiale sono i resti dell’armatura di Sigismondo. I Malatesta erano imparentati con gli Asburgo attraverso gli Este, e con la casa imperiale paleologa, come vi ho detto, attraverso Cleofe Malatesta.

CHRISTIAN
Prof sono bellissimi, con quelle pieghe curvate dal vento e lo stiacciato che li fa sembrare opere del Botticelli. E certo anticipano anche le curve a “colpo di frusta”…liberty…

PROFESSORE
Art Nouveau, Christian. Corrado Ricci nella sua grande opera sul Tempio del 1921 pubblica le foto dei modelli archeologici ellenistici di quelle curve “a colpo di frusta”.

LA CAPPELLA DEGLI ANGELI

CHRISTIAN
Prof e questi angioletti paffuti che sembrano esibire piuttosto il sederotto che lo stemma, qui sopra la balaustra gotica, cosa sono?

PROFESSORE
Sono stati definiti Eroti, cioè amorini, come i numerosi che esistono della cultura classica, ma anche gli angeli cristiani hanno preso quella forma, in fondo non è la cappella degli Angeli? Io li vedo come le anime, le ‘animulae’ dei bambini morti e subito saliti in cielo. Nelle chiese di Rimini, di recente ho lavorato nell’archivio della parrocchiale di San Giuliano, al centro della chiesa c’era il sepolcro dei bambini, considerati anime salvate e in un certo senso come spiriti protettori. Nella cappella di S. Sigismondo, un bambino appena nato suo e della prima moglie Ginevra d’Este era stato imbalsamato e messo dentro una teca di vetro nella Cappella di San Sigismondo. Un altro bambino, suo e di Isotta era stato sepolto nel sepolcro di Carlo. Doveva esserci quindi già la cappella di San Sigismondo e il sepolcro di Carlo c’era ancora, prima del 1447.
Allora le donne cominciavano le gravidanze sui 14 anni e le finivano, anno dopo anno, sui 40 quando cessava l’età fertile. Molti bambini morivano pochi giorni o mesi dopo la nascita.
Spiriti protettori, ma anche esserini buffi come i nani di corte, la cui presenza è il momento rilassante nel linguaggio severo della chiesa.

ALESSIA
Povere donne! Prof ci ha detto che il sepolcro di Isotta cela una sorpresa.

PROFESSORE
Infatti, lo vedete sul muro un’arca retta dagli elefanti, che dovrebbero essere il ricordo dell’antenato Scipione Africano, non ci crederete vero? E termina in alto con l’esibizione del grande elmo e doppio cimiero simmetrico con lo stemma non degli Atti ma di Sigismondo. La donna era proprietà sua. Adesso guardate la targa di bronzi sull’arca c’è scritto:

D[ivae] * ISOTTAE * / ARIMINENSI * . B[ene] * M[erenti] * / SACRVM * MCCCCL.

Cioè alla lettera: consacrato alla divina Isotta benemerente di Rimini 1450.

Quel D[iva], “divina”, anche in una versione limitativa, mettete “quasi una dea”, che sacralizza la sua giovanissima concubina, è decisamente inquietante. Lascia pensare che il Signore di Rimini avesse perduto il senso della realtà. Ma c’è dell’altro.
Nel 1912 la targa di bronzo venne tolta e sotto si vide per la prima volta l’iscrizione scolpita nel marmo:

ISOTE * ARIMINENSI / FORMA * ET * VIRTVTE / ITALIE * DECORI / * M * CCCC * XLVI : [dedicato] a Isotta di Rimini. Per bellezza e virtù decoro dell’Italia, 1446.

Vedete qui parla in nome dell’Italia, come fa il sindaco oggi. La data è stata interpretata come l’anno della conquista di Isotta, che doveva avere 13 anni, mentre Sigismondo ne aveva 19. E la moglie legittima Polissena Sforza, figlia bastarda di Francesco Sforza futuro duca di Milano, ne aveva 18; era stata sposata nel 1442 e sarebbe morta nel 1449. Pio II la disse uccisa dal mostruoso marito. Ma forse morì della peste che infieriva in quell’anno. Se poi il papa nemico mortale di Sigismondo avesse visto o gli avessero parlato della prima iscrizione, che era un documento firmato, una formale pubblica dichiarazione di adulterio, non l’avrebbe certo tralasciata nell’elenco delle nefandezze del Signore di Rimini.
Un Signore che si sentiva al di sopra della legge umana, salvo poi nascondersi. E’ un lato poco simpatico di Sigismondo, insieme all’eccesso narcisistico di stemmi e di sigle e di elefanti: un piccolo Signore presuntuoso e finito male anche per la sua presunzione.

ALESSIA
Mazzalo, che coraggio, e poi che grande amore doveva avere per Isotta.

PROFESSORE
Che pure non era esclusivo. Isotta ci ha lasciato una lettera in cui si lamenta di essere cornificata dal suo grande amore. E poi Isotta… tutti si aspettavano che rimanesse l’amante del Signore, ma Sigismondo finì per sposarla, andando contro le usanze e la logica politica del tempo che prevedevano una o più amanti per il piacere e a volte anche per i figli, una riserva di bastardi da legittimare in assenza di figli legittimi, ma per i matrimoni il Signore doveva sposarsi per ragioni politiche con donne del suo status sociale, meglio se imparentate col papa regnante. Invece Sigismondo fece di testa sua e fece legittimare i figli avuti con Isotta, e anche Roberto avuto da una giovane di Fano, Vannetta dei Toschi nel 1440, e finì per sposare la sua ‘dama’ forse nel 1456.
Ragazzi guardate bene anche l’Angelo nella nicchia sull’altare, è San Michele e veste un’armatura da parata con la sigla di Sigismondo, mentre il diavolo che calpesta sembra avere il naso spezzato del suo nemico Federico.

La formella del Cancro, oroscopo di Sigismondo Pandolfo.

LA CAPPELLA DEI SEGNI ZODIACALI

Ed eccoci arrivati alla cappella sfacciatamente pagana. I Segni zodiacali accompagnano i pianeti che sono gli Dei antichi. Ma su questo non mi dilungherò. Lo troverete nelle opere dei critici filoellenistici. Tutta la cappella , come ha dimostrato Piero Meldini, non è che un discorso astrologico del Signore di Rimini, è il suo oroscopo. La decorazione, di Agostino di Duccio e della sua bottega, culmina nella formella in basso a sinistra dove vediamo una straordinaria veduta aerea di Rimini, o meglio di metà Rimini, con il castello, le doppie mura basse dette falsabraghe sul fiume con la porta Galliana che ne ha restituito un frammento, il porto e una cocca che veleggia fuori dal porto – cattivo omen avrebbero detto i Magrebini: la barca porta fuori la fortuna e la ricchezza invece di portarla dentro. Sopra la città vi è un grande granchio, ossia il segno del Cancro, che non è quello di Rimini, lo Scorpione, ma quello di Sigismondo nato a Brescia il 19 giugno 1417.
Quando Jooris Hoefnagel (1542-1600), mi figuro, passò da Rimini per farne la veduta e per acquistare per conto degli Asburgo l’armatura del Signore e forse anche i resti della sua biblioteca dai Francescani, copiò la veduta di Rimini a volo d’uccello e fece il prototipo delle vedute di Rimini, incise ad Anversa e ripetute poi per due secoli, dove la piazza S.Antonio, oggi Tre Martiri, aderisce all’Arco di Augusto.

LA CAPPELLA DI APOLLO E DELLE MUSE E IL PUER MINGENS [MENNEKEN PIS]

Nella cappella di fronte continua l’aura pagana. E’ la cappella con le decorazioni sui pilastri dedicate al Dio Apollo, mentre la Cappella dei Pianeti e dei Segni zodiacali ha qualcosa di dionisiaco, Apollo è il signore della luce, della ragione, delle forme pure dell’arte classica e delle nove Muse patrone o meglio matrone delle Arti. CLIO, EUTERPE, THALIA, MELPOMENE, TERSICORE, ERATO, POLIMNIA, URANIA, CALLIPOE. Con altri personaggi allegorici relativi alle Arti dell’educazione rinascimentale, le Arti Liberali: il Trivio: Grammatica, Retorica, Dialettica e il Quadrivio: Aritmetica, Geometria, Musica e Astronomia. Ecco, bravi fotografatele tutte e poi a casa o a scuola cercate di identificarle sulla base degli oggetti che esibiscono. Cercateli on line.
Adesso guardate sulla fascia sotto le finestre della cappella a sinistra dell’altare trovate un Manneken Pis, un angioletto che fa la pipì. Credo si possa cercare una spiegazione alchemica, e infatti segue la quinta cappella che io credo dedicata alla cultura alchemica.
Il linguaggio scultoreo di Agostino di Duccio nella Capella di Apollo è il punto di arrivo della sua evoluzione stilistica, E’ ancora raffinato ed elegante ma ha acquisito corposità, abbandonando quasi del tutto lo stiacciato; adesso ha delle eleganze quasi attiche, si ispira cioè a modelli della Grecia classica, meno barocchi dei primi.
Sono le ultime opere del maestro fiorentino. Deve essere successo qualcosa di brutto tra lui e Sigismondo, perché dal 1457, quando Sigismondo non ha ancora perduto il suo stato e la sua ricchezza, Agostino non lavora più nel Tempio. Lo troviamo a Perugia dove scolpisce la facciata dell’oratorio di San Bernardino e altre opere e dove muore nel 1481.

Il Ludus sulla terra con la Fontana della Giovinezza.

Il Ludus puerorum in acqua.

LA CAPPELLA DEL LUDUS PVERORVM

E’ stata definita da Corrado Ricci la Cappella dei giochi infantili, che fa in latino LVDVS PVERORVM. Definizione azzeccata perché sui pilastri della cappella sono raffigurati Eroti o bambini che giocano, a destra sulla terra a sinistra in acqua. Il ‘ludus puerorum’ è una fase del processo alchemico che anche ai tempi di Sigismondo si imponeva nelle corti. Possiamo immaginare Sigismondo che manteneva alla sua corte un alchimista che gli preparava non tanto la pietra filosofale o l’elisir di lunga vita, ma forse anche solo un buon dentifricio, visto che il suo cranio presenta una dentatura perfetta. E comunque c’è anche una scena con gli Eroti che danzano intorno a una Fontana della Giovinezza.

L’Arca degli Antenati, col trionfo di Scipione l’Africano nella cappella della madonna dell’Acqua.

LA CAPPELLA DEGLI ANTENATI O DELLA VERGINE DELL’ACQUA

La sesta è chiamata Cappella della Vergine dell’Acqua o anche degli Antenati. Il nome cristiano dipende dalla statuetta in alabastro della Vergine col corpo di Cristo, veneratissima un tempo dai contadini e dai proprietari terrieri quando le piogge erano scarse o eccessive, opera di uno scultore tedesco del ‘400 autore anche del famoso dossale detto l’Altare di Rimini con un Calvario e i dodici Apostoli, fatto per la Chiesa delle Grazie, venduto da fratacci nel 1910 e oggi nel Museo Liebieghaus di Francoforte sul Meno. Nel nostro museo c’è una bel Crocifisso ligneo di autore tedesco quattrocentesco. L’andate a vedere? Una buona meta per turisti colti tedeschi.
L’Arca degli Antenati, come vi ho detto, rinchiudeva le ossa dei Malatesta che lo avevano preceduto, senza un nome se non quello del mitico antenato Scipione Africano rappresentato nel suo trionfo su Annibale.

CHRISTIAN
Ma perché i Malatesta affermavano di discendere da Scipione Africano?

PROFESSORE
A lungo i Malatesta erano stati diffamati da un leggenda nera inventata dai loro nemici ghibellini che li dipingeva come una schiatta rozza e sanguinaria proveniente dai greppi, capace solo di annientare gli avversari politici e di uccidersi tra di loro in famiglia. Ricordate Dante? Al tempo di Pandolfo II, signore di Pesaro, amico del Petrarca e più tardi dei figli di Galeotto: Carlo, Pandolfo III e Andrea o Malatesta il vecchio di Cesena, la famiglia si preoccupa di diffondere una leggenda aurea. Con l’opera ‘Regalis Historia’ commissionata da Carlo a un frate domenicano, i Malatesta vengono fatti discendere da Noè, dagli Scipioni e dagli imperatori tedeschi, uno dei quali avrebbe dato al primo Malatesta il governo di Rimini.

ALESSIA
Tutte balle.

PROFESSORE
Tutte balle, ma che importava? Lo facevano tutti i Signori d’Italia, i Visconti dicevano di discendere da Venere e Anchise, da un fratello di Enea; gli Este dal troiano Antenore, padre di Laocoonte; gli Scaligeri si accontentavano di discendere da un khan àvaro o longobardo e i da Polenta da un duca tedesco di nome Jeremias. Se si doveva inventare, lo si facesse alla grande. Forse a suggerire a Pandolfo II la discendenza scipionica, di sapore umanistico, fu il suo amico Petrarca.

IL SEPOLCRO DI SIGISMONDO

Le ossa di Sigismondo Pandolfo Malatesta, riposano nel sepolcro relativamente modesto a destra della porta, più volte aperto dal ‘700. Venne prelevata la spada, gli speroni dorati, le medaglie e i resti della giornea di broccato. Sopra il sepolcro ci sono due ritratti di Sigismondo anziano.
A sinistra della porta c’è la lastra sepolcrale di Lodovico Bonito, un cardinale della curia di papa Gregorio XII, il papa ‘vero’ romano del grande Scisma che tribolò la Chiesa dopo il ritorno dei papi a Roma da Avignone, che Carlo Malatesta ospitò per un anno a Rimini prima di portare la sua rinuncia al Concilio di Costanza nel 1415. Carlo Malatesta è il più importante dei Malatesta, la Chiesa cattolica gli deve la fine dello Scisma e la continuità apostolica nella successione dei pontefici.

Immagine d’apertura: Nino Migliori, Lumen – Cappella dei Pianeti e dello Zodiaco nel Tempio Malatestiano (FAR Fabrica Arti Rimini, 16 dicembre – 31 dicembre 2017).

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