Al Meeting deve arrivare Parolin per ricordare che è doveroso trovare rimedi a una migrazione massiccia e incontrollata

Al Meeting deve arrivare Parolin per ricordare che è doveroso trovare rimedi a una migrazione massiccia e incontrollata

"Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice": appuntamento al 2018

L'intervento, a questo punto controcorrente, del Segretario di Stato Vaticano di fatto chiude l'edizione (più omologata che mai) numero 38. Ecco cosa ha funzionato (alcune mostre) e cosa no (la piaggeria verso il potere in ogni sua forma). Il tema del prossimo anno è una frase di don Giussani. Ma per rilanciarsi la kermesse ciellina deve fare altro.

“Una parte non piccola del dibattito civile e politico in quest’ultimo periodo si è concentrata su come difenderci dal migrante. Certo, per il potere politico è doveroso mettere a punto schemi alternativi a una migrazione massiccia e incontrollata, è doveroso stabilire un progetto che eviti disordini e infiltrazioni di violenti e disagi tra coloro che accolgono. E’ giusto coinvolgere l’Europa e non solo essa, lungimirante affrontare il problema strutturale dello sviluppo dei popoli di provenienza dei migranti, che qualora si avvii richiederà comunque decenni prima di dare frutto, ma non dimentichiamo, almeno noi, che queste donne, questi uomini, questi bambini, sono in questo istante nostri fratelli”. Lo ha detto il Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, chiudendo di fatto (anche se i padiglioni offrono ancora altri appuntamenti e la chiusura avverrà alle 23) il Meeting di Rimini di ritorno dal viaggio in Russia.
Doveva arrivare il più stretto collaboratore di papa Francesco per mettere a fuoco un tema che la kermesse ciellina ha accuratamente evitato di approfondire, impegnata piuttosto ad abbattere muri, sponsorizzare lo ius soli, fare ponti d’oro all’accoglienza a prescindere. Parolin ha poi aggiunto: “Non dimentichiamo, almeno noi, che queste donne, questi uomini, questi bambini sono in questo istante nostri fratelli. E questa parola, fratelli, traccia una divisione netta tra coloro che riconoscono Dio nei poveri e nei bisognosi e coloro che non lo riconoscono”. E’ il messaggio che la Chiesa ripete da quando esiste sulla faccia della terra e che continuerà a ripetere per sempre. Anche dopo il papa venuto dalla fine del mondo. Ma il Meeting è un evento costruito da laici, che dovrebbero avere a cuore anche la lungimiranza politica quando si parla di migranti, mentre su questo aspetto decisivo per i destini dell’Italia, dell’Europa e del mondo, a Rimini si è fatto da grancassa al mainstream di sinistra e su islam e immigrazione hanno avuto il sopravvento le tesi di Olivier Roy, mentre il dibattito sarebbe stato sicuramente più ricco se si fosse deciso di affiancargli nomi non meno autorevoli ma disallineati, come Magdi Allam, il dissidente dell’islam Hirsi Ali, lo storico Andrew Michta, il vescovo Nazir-Ali, lo scrittore egiziano Hamed Abdel-Samad che vive blindato in Germania, o quel Douglas Murray (della Henry Jackson Society) che ha spiegato: “Vogliono costruire un califfato sulle macerie dell’Europa”. L’elenco potrebbe essere molto lungo.

L’incontro con l’altro, ma solo se è allineato. Introducendo il card. Parolin, la presidente della Fondazione Meeting Emilia Guarnieri ha voluto sottolineare che il Meeting è stato il luogo del dialogo con musulmani, ebrei, ortodossi, buddisti, un Meeting – ha aggiunto – che si arricchisce di tanti amici provenienti da storie e identità diverse. Ma “l’attenzione alla diversità” di cui parla anche il comunicato stampa che chiude l’edizione numero 38 va letta solo come quella diversità che piace all’attuale gruppo dirigente di Cl, che il Meeting plasma. E’ una falsa rappresentazione della realtà. La vera diversità è purtroppo bandita dal Meeting. Sono stati accantonati come appestati addirittura molti vecchi amici di Cl il cui torto è quello di militare nel centrodestra o di esprimere riserve in ordine alla conduzione del Movimento. Il Meeting sceglie ormai maestri come Luciano Violante e Fausto Bertinotti. Si affida ai suggerimenti “culturali” di Monica Maggioni e Paolo Magri. Il Meeting non sembra più capace di, per usare le parole contenute nel messaggio di papa Francesco, “aguzzare la vista” (e invece che da un “alzheimer spirituale” sembra afflitto da un alzheimer culturale). O, meglio, il campo visuale si è enormemente ristretto.
In un programma di incontri così omologato, l’unica nota positiva sono state alcune belle mostre: Il passaggio di Enea, La Custodia di Terra Santa, Russia 1917. Il sogno infranto di “un mondo mai visto”, “A tutti parlo di te – In viaggio con Claudio Chieffo” nel decennale della morte del cantautore forlivese.

E le presenze 2017? Per la prima volta il comunicato stampa finale del Meeting non dà il numero complessivo delle presenze, negli ultimi anni continuamente fermo a 800 mila, un dato però contestato nella precedente edizione perché sembrò abbastanza distante dalla realtà. Forse è significativo. In compenso gli organizzatori parlano di “edizione d’annata per contenuti e anche per numeri”. Le presenze diventano “foltissime” e “ne fa fede il numero di scontrini della ristorazione, superiore di duemila unità rispetto al 2016”, “il fundraising che raddoppia le cifre dell’anno scorso con centomila euro di raccolta, i 10mila mp3 di audioguide delle mostre e naturalmente i 118 incontri con 327 relatori, le 17 esposizioni, i 14 spettacoli con 21mila spettatori, le 31 manifestazioni sportive”. Circa 2300 i volontari più 400 nel “pre-Meeting”, dal 12 al 19 agosto.

Una frase di Giussani per la 39esima edizione. Il titolo del prossimo Meeting, che si terrà nella Fiera di Rimini dal 19 al 25 agosto 2018, sarà “Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice”. E’ una frase di don Giussani, ma nel comunicato stampa conclusivo non c’è scritto. Ma se il Meeting non tornerà ad essere un dialogo sfidante, “in guerra col potere mondano” (Luigi Giussani), animato da una proposta controcorrente, recuperando anche vecchi e fondamentali amici di viaggio capaci di accompagnarlo in questa direzione, non basterà un titolo bagnato nel pathos del fondatore a riportarlo in vita.

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