Anche Rimini ha il suo Pirandello: un ufficiale di marina, inventore dimenticato

Anche Rimini ha il suo Pirandello: un ufficiale di marina, inventore dimenticato

“Ondimar”, romanzo dell’esordiente Raffaello Fabbri, ruota attorno ad una macchina per produrre energia dal moto ondoso. Una storia vera di cento anni fa. Un atto d’amore verso una ambivalente Rimini: inconsapevole laboratorio politico-sociale che si avvia a diventare capitale dello svago e della villeggiatura.

E se per l’energia da fonti rinnovabili guardassimo alle sperimentazioni di cento anni fa, proprio a Rimini?
La curiosità sorge sfogliando “Ondimar”, romanzo d’esordio del professor Raffaello Fabbri, che intreccia la storia di tre ragazzi, accomunati dal destino di essere nati lo stesso giorno, a quella di un capitano di vascello, eroe di guerra, inventore di un sistema capace di generare corrente elettrica dal moto ondoso, e di accumularla mediante grandi elettrolizzatori.
Si chiamava Edoardo Pirandello l’ufficiale di marina vissuto a Rimini, insignito della medaglia d’argento al valor militare per la guerra di Libia, il solo personaggio effettivamente storico delle 260 pagine di racconto, da poco dato alle stampe a Foligno per Agatanew.
La prima lampadina – rievoca Fabbri – fu accesa alle 20:30 del 21 luglio 1908, ma purtroppo nelle sperimentazioni del 1907 la macchina era naufragata e nell’occasione erano morte tre persone.
Pirandello brevettò la sua invenzione, come documenta fra l’altro un rivista di scienza e tecnica del 1923, mentre a Rimini una collezione privata conserva una parte dei progetti originali consultati dall’autore del libro.
Il fatto è che l’energia prodotta dalle onde marine non è appena un sogno pionieristico, arenatosi a causa di una tragedia che l’Autore racconta in connessione cronologica con l’incendio delle cupole del Grand Hotel. Oggi, a quanto pare, esistono progetti analoghi già in corso di realizzazione. L’ENEA ha messo in campo il PEWEC, sistema galleggiante con uno scafo e un pendolo oscillante, che traduce in energia il moto relativo tra scafo e pendolo generato dalle onde. Diversamente, in Sicilia è stato progettato IMPETUS (Idrogeno Marino per Energie Terrestri Utilizzabili e Sostenibili), una macchina che produce energia dal moto ondoso per effettuare l’elettrolisi dell’acqua, per utilizzare l’idrogeno e l’ossigeno ricavati dalla scissione. Su boe marine è invece basato il sistema Triton, solo per fare alcuni esempi, non sappiamo quanto funzionanti.
Nelle note finali Fabbri, che è insegnante di materie scientifiche nei licei, fa intendere che l’eclettico Pirandello meriterebbe di essere ricordato in una città che al contrario lo ignora pressoché totalmente.
D’altra parte la vera natura del romanzo è quella di un atto d’amore proprio verso questa ambivalente Rimini, “inconsapevole laboratorio politico-sociale” che si avvia “a diventare capitale dello svago e della villeggiatura” in anni di sanguinosi scontri ideologici e di paradossale convivenza degli opposti.
Catturano l’interesse del professor Fabbri le “forti passioni” e le “spinte ideali” tra fine Ottocento e inizio Novecento. Al loro servizio viene messa in pagina una scrittura vigorosa, mai spenta, carica di elementi fattuali, di forti e spesso disperate opposizioni.
Sanguigna anche nel giusto recupero del dialetto, con qualche fiammata memorabile: “che burdel l’a d avè pisè te batesmi”, quel ragazzo deve aver pisciato durante il battesimo, “detto di persona destinata ad essere sfortunata per tutta la vita”, spiega il glossario a fine libro, ed è uno dei tre ragazzi protagonisti.
La storia vive di un paesaggio storico-topografico dove i moti popolari si svolgono a ondate successive, mentre il volto mellifluo e livido del potere (il sindaco-podestà) riesce a sopravvivere all’epidemia di spagnola; dove le dune si alternano a Villa Jolanda Margherita (poi Tergeste), la fabbrica di birra Spies davanti alla stazione e l’Hotel Hungaria, il circo di Buffalo Bill arrivato nel 1906 e l’Ausa quando era un torrente pescoso. Dove i borghi e i rioni hanno i nomi che avevano, come Montecavallo e Clodio. E dove forse le uniche vere sopravvivenze sono l’olmo più che centenario vicino all’Embassy e il tiglio di Covignano, ormai non più visibile al pubblico.
Un romanzo a tinte corrusche, lunare più che solare (incipit: “Quella notte la luna nuova ritornava verso il primo quarto…”; explicit: “… sotto lo sguardo timdio della mezzaluna appena sorta all’orizzonte”). Da leggere per riscoprire certe energie profonde del “genius locis”.

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