Giochi d’azzardo intorno a Rimini Fiera

Giochi d’azzardo intorno a Rimini Fiera

Bilancio irregolare della società del Palazzo dei Congressi. L'accusa di Mario Ferri alla conferenza stampa odierna di Dreamini. Con molti annessi e connessi. Che portano a dire che la quotazione in borsa altro non sarebbe che una ristrutturazione del debito, mentre la strada da seguire è quella della dismissione totale del sistema fieristico-congressuale. Fuoco alle polveri.

“Siamo a un bivio: o si vende la città, con motori immobiliari e con risorse pubbliche, per mantenere il governo della Fiera di Cagnoni, Piacenti e Ermeti, o si vende la Fiera per la città. Ma il governo consociativo ricade sulle spalle dei contribuenti”. Tenete a mente l’incipit.
Dreamini per parlare del Palazzo dei Congressi evoca la piramide di Cheope. Un’opera faraonica ma edificata senza bisogno di ricorrere ai mutui chirografari. E costruita per essere la tomba del faraone. Il nuovo Palas (meglio noto come l’astronave dei debiti) di chi sarà la tomba? Non è grande come la piramide ma i faraoni riminesi non dovranno litigare per assicurarsi al suo interno una degna sepoltura e nel corredo funerario non potrà mancare la famosa lettera di patronage.

Conferenza stampa di Dreamini stamattina, che continua a battere il tasto economico-finanziario per accreditare un nuovo stile di governo della città, anche a rischio di impopolarità sia per i contenuti tecnici, ostici ai più, e sia perché infilzare la mala amministrazione non è mai stato un buon trampolino di lancio per vincere le elezioni comunali a Rimini.
Fra i relatori e in sala alcune presenze non proprio scontate: da Filippo Zilli di “vincere per Rimini” (“la mia presenza qui testimonia che fra l’associazione che rappresento e Dreamini è in atto una strutturata collaborazione per creare un’alternativa seria e programmatica per la nostra città”, ha detto) all’ex consigliere comunale 5 Stelle Luigi Camporesi. Fra il pubblico si è fatta notare la presenza attenta dell’ex sindaco di Riccione, ma ex anche di molte altre cose compresa la presidenza della società di gestione dell’aeroporto. Mario Ferri ha salutato e ringraziato “l’amico” Terzo Pierani “che cortesemente è intervenuto oggi”. “All’epoca – ha aggiunto – la Provincia lo cacciò letteralmente dall’aeroporto perché portava i russi e la mafia russa, adesso i russi li stiamo cercando”.

Il nuovo fronte aperto da Dreamini rischia di accendere fuochi. L’accusa è stata servita da Mario Ferri che in buona sostanza, dopo una premessa costruttiva (“noi intendiamo dare un contributo agli amministratori pubblici affinché quando trattano queste materie lo facciano con la massima prudenza e saggezza”) ha calato un carico pesante: “Quello della società del Palazzo dei Congressi è un bilancio irregolare perché viola le norme del codice civile”.
Palazzo dei Congressi spa è la società immobiliare del gruppo, proprietaria del Palas e partecipata da Rimini Congressi e Rimini Fiera. Una “scatola” ancora una volta piena di debiti che anche l’advisor che si sta occupando della privatizzazione ha definito “non appetibile sul mercato”. Avrebbe dovuto essere un campanello d’allarme per il cda della società, nel quale siedono – ha ricordato Ferri – Cagnoni, Maurizio Ermeti e Gianni Piacenti – invece niente. Proprietaria del Palas, si diceva, fabbricato (seppure una delle sette meraviglie del mondo fieristico) che in bilancio ha un valore di 101 milioni di euro. Dove sta, secondo Ferri, l’irregolarità? “Il codice civile prevede che se l’immobilizzazione risulta durevolmente di valore inferiore al costo, deve essere iscritta al minore valore. E, ha detto Ferri, secondo il codice civile il bene Palas andrebbe svalutato. “Il margine economico di euro 1.382.057 non copre gli ammortamenti dei beni materiali (euro 2.111.926) e senza considerare gli interessi passivi che superano 1 milione di euro”. Morale: “Non esiste capacità di ammortamento, quindi senza tema di smentita affermo che il bilancio è irregolare”. Il peccato d’origine va ricercato nel business plan fatto a suo tempo “che soddisfava le esigenze del committente e nel quale figuravano royalties a carico degli albergatori per 1 milione e 100 mila euro. In questo modo i conti tornavano, almeno sulla carta, così come tornano per il Trc grazie agli ipotizzati 5 milioni di passeggeri”. Dall’ingegneria gestionale a tavolino alla pratica, però, c’è spesso molta differenza: “In realtà le royalties incassate nel 2014 sono state pari a 294.229 euro. Questo squilibrio fra previsioni e dati contabili dovrebbe indurre gli amministratori a ridurre il valore del fabbricato, ma in questo modo il bilancio della società Palazzo dei Congressi chiuderebbe con una perdita considerevole e così facendo ne risentirebbero pesantemente anche i bilanci di Rimini Congressi e Rimini Fiera”. E Camporesi, rispondendo ad una domanda, ha invitato la magistratura a scoprire il pentolone e verificare se il falso in bilancio sia un’invenzione o una realtà.

Quale soluzione per non trasformare il Palas nella famosa tomba dei Cheope nostrani? “Preso atto che l’investimento del Palas è economicamente insostenibile, si presenta l’occasione di trasformare un errore in opportunità. Però l’errore va ammesso. L’opportunità è quella della dismissione perché diversamente i 97 milioni di debiti bancari non saranno affrontabili”.
L’alternativa alla dismissione è il solito pateracchio pilotato dalla politica: “E’ l’ipotesi già esternata dal governatore Bonaccini, ovvero la fusione fra le Fiere di Rimini, Parma e Bologna. Ma siccome quella di Rimini è l’unica in salute delle tre, ne avrebbe solo da rimetterci. Noi siamo per il mercato mentre Bonaccini lo vuole abolire”. Citazione di rinforzo: “Quando la classe politica intende mantenere la propria sicurezza elimina il mercato” (parola di ex senatore Pd Debenedetti).

Le risorse derivanti dalla dismissione dell’intero sistema fieristico-congressuale (così come dalla vendita dei 24 milioni di azioni Hera in pancia al Comune di Rimini, che valgono 55 milioni, e dal recupero delle risorse dormienti in Romagna Acque) “vanno impiegate per investimenti produttivi a favore della città, dando slancio all’economia, all’occupazione, alle piccole medie imprese e migliorando Rimini con una serie di interventi strategici”. Niente a che vedere con “l’utopismo dirigista” di Palazzo Garampi che, secondo Dreamini, “provoca più problemi di quanti ne risolva, vedi lo spostamento degli ambulanti dalla loro sede naturale, l’annunciata chiusura del ponte di Tiberio e un Parco del mare ottimo nelle intenzioni, ma talmente contraddittorio e confuso per urgenze pre-elettorali da meritarsi il titolo di pacco del mare“.
A proposito di bilanci è stata fatta notare anche la pesca miracolosa contenuta nell’ultimo bilancio di Rimini Congressi: “Nel 2013 la società perdeva 4 milioni 700 mila euro mentre nel 2014 ha guadagnato 4 milioni”. Come ha fatto? “Grazie al provento della vendita del terreno che vedrà sorgere Acquarena e altri metri cubi targati Conad”. Commento caustico: “Certo che con una variante l’anno il bilancio di Rimini Congressi sarebbe florido”.
Parole dolci per Rimini Fiera, invece: “Ha chiuso il bilancio 2014 con un utile di circa 3 milioni di euro e dopo avere incorporato società in perdita come Convention Bureau e Ttg Italia. Risultati oggettivamente positivi per Rimini Fiera, che è la migliore realtà fieristica regionale e fra le prime in Italia”. Ma un fenomeno non basta, tanto più se appesantito da due macigni legati al collo. Ecco perché, conclude Dreamini, la quotazione in Borsa di Rimini Fiera, che è stata annunciata come al solito con toni trionfalistici, in realtà non è altro che una ristrutturazione del debito, “operazione caratteristica del sistema privato alla quale ricorre l’imprenditore in difficoltà per evitare il fallimento”, e che “avrebbe lo scopo di cancellare una gravosa fidejussione rilasciata dal Comune a fronte di un debito non pagabile coi mezzi ordinari”.
Attenzione ai business plan “sballati” – ha avvertito Ferri – “perché provocano disastri, tanto è vero che il Palacongressi ha inguaiato anche quell’ottima realtà che è la Fiera. Sono errori che si pagano. Ricordiamocelo anche per il Trc. Queste operazioni il sistema anglosassone le definisce moral hazard. Quando il soggetto pubblico intraprende iniziative particolarmente rischiose deve essere consapevole che poi potrà pagare la collettività”. Che dalle nostre parti si traduce Pantalone.

Camporesi: “Menzogne a buon mercato sulla privatizzazione del sistema fieristico”

“Di recente in consiglio comunale è stata approvata una delibera dal titolo “Indirizzi per l’avvio del processo di privatizzazione di Fiera di Rimini spa mediante relativa quotazione al mercato Aim”. La propaganda politica più becera e scadente sembra così avere contaminato anche il linguaggio degli atti amministrativi”. Lo ha detto Luigi Camporesi stamattina alla conferenza stampa di Dreamini. “Per onestà verso i cittadini proprietari della Fiera di Rimini, infatti, il titolo della delibera avrebbe dovuto richiamare le vere motivazioni per cui il Comune va in cerca di fondi: e cioè perché non sa come ripianare diversamente i debiti contratti con banca Unicredit per la costruzione del Palacongressi. Per questi debiti la banca detiene in pegno la maggioranza delle azioni della stessa Fiera che si dice di volere privatizzare. Ma se non si riprendono i pagamenti delle rate del mutuo, sospesi perché non si sa dove trovare i soldi necessari, la banca diventerà azionista di maggioranza di Rimini Fiera spa, togliendola dalle mani di noi riminesi”. Se oggi bisogna vendere le azioni della Fiera per pagare i debiti del Palas, ha proseguito Camporesi, “la responsabilità è principalmente di Lorenzo Cagnoni”, che per giunta “ha sempre dichiarato che il business plan del Palacongressi avrebbe portato utili”. Duro l’attacco al presidente Cagnoni, che “invece di essere allontanato continua a dettare la linea: viene da domandarsi perché il sindaco Gnassi sia tanto succube di Cagnoni, forse perché il potere politico ed economico che ha consentito la sua elezione e che ha eventualmente in mano il suo futuro politico, era ed è tuttora rappresentato dal ristretto numero di notabili che sedevano al bar Cavour il giorno della proclamazione dei risultati elettorali delle elezioni amministrative 2011, e cioè Cagnoni, Vasco Errani e Maurizio Melucci, assieme a pochi altri”. Dei tre, però, lotta forse insieme a Gnassi solo il primo, perché Melucci si sa cosa pensi di Gnassi e di Errani si conosce la fine.

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