Il sindaco Gnassi l'ha ripetuto anche al Meeting il numero delle case vuote. E' davvero così? Solo case molto vecchie non più idonee per essere abitate giacciono inutilizzate, e senza incentivi questo patrimonio è destinato ad andare alla malora. "Abitazioni nuove non abitate a me non risultano". E i danni che le amministrazioni comunali continuano a fare in questo settore sono molti. Ipotizza una ripresa nell'arco di 2-3 anni. E dice: il treno della riqualificazione alberghiera lo si è perso negli anni 90. Parla lo storico titolare della Immobiliare Bigiarini.
Nato a Pieve Santo Stefano (Arezzo) nel 1953, Giuseppe Bigiarini (nella foto) apre la sua prima agenzia immobiliare a Novafeltria nel 1978 all’età di 25 anni. Singolare il motivo per cui lo fa: gestiva un albergo alle Balze e proprio il giorno di Ferragosto i suoi dipendenti (tra cui alcuni giovani appena usciti dall’istituto tecnico commerciale di Sansepolcro) gli organizzano uno sciopero per chiedere un aumento di stipendio, peraltro concordato solo una decina di giorni prima. Beppe, come viene chiamato amichevolmente anche oggi, non si scompone e si mette a lavorare lui stesso, finché la sera, stremato, convoca i dipendenti e chiede loro quale aumento volessero e glielo concesse. Ma giurò a se stesso che non avrebbe mai più avuto a che fare con lavori che prevedessero dipendenti. Così nacque l’agenzia immobiliare di Novafeltria, due anni dopo diede vita all’agenzia a Rimini che all’inizio si occupava prevalentemente di vendere case e appartamenti nuovi o ancora in fase di costruzione. Erano anni in cui la bolla speculativa si gonfiava a una velocità sbalorditiva. Lui stesso ricorda che uno dei suoi primi immobili venduti al prezzo di 30 milioni di lire, nel giro di un mese venne rivenduto quattro volte arrivando a 70 milioni di lire. All’inizio degli anni 80 arriva la prima crisi risolta nel giro di un paio d’anni. Bigiarini allora comincia a seguire i costruttori, facendo consulenze sull’individuazione del terreno, sulla progettazione, sui piani economici e sulla vendita. Erano i tempi in cui Bigiarini vendeva alcune centinaia di appartamenti contemporaneamente, non solo a Rimini, ma anche a Ravenna, Faenza, Pesaro. Più vicino a noi, precisamente nel 2008 arriva la crisi mondiale che, al contrario di quella dell’80, partendo dalla finanza coinvolge tutto e tutti: il settore immobiliare, turismo, commercio, artigianato e industria. Una crisi molto più complessa, non ancora pienamente risolta di fronte alla quale sono stati commessi molti errori. Giuseppe Bigiarini è titolare dell’omonima agenzia, una di quelle storiche della città, che nel 2018 compirà 40 anni. Ha sposato una riminese e si sente riminese a tutti gli effetti. E per questo si anima molto, come leggerete nell’intervista, quando parla delle occasioni che la città ha perduto per diventare veramente la capitale europea del turismo.
Chiediamo a Bigiarini: quali errori?
“Voglio fare l’esempio dell’America, dalla quale quella crisi mondiale prese l’abbrivio: in America è stata creata una ‘bad bank’ che si è accollata la proprietà immobiliare dei numerosi fallimenti e rilasciando poi, col contagocce, gli immobili sul mercato senza fretta. Mentre da noi tutto è stato messo subito all’asta. A Rimini ci sono in questo momento 800 immobili all’asta. Questo destabilizza il mercato in maniera spaventosa. Non si tratta solo del danno alle banche, che si riprendono un decimo dei soldi investiti, ma del danno enorme all’intera economia che, anziché riprendere si deprime ancor di più. Solo ieri ho visto sul sito delle aste del tribunale che a Miramare va all’asta un albergo di tre piani ad un prezzo base di 280mila euro (il che significa che questo prezzo potrebbe arrivare all’asta anche attorno ai 200mila, perché a ogni asta deserta il prezzo diminuisce del 25%) un prezzo veramente basso e lei mi sa dire quale albergatore, magari pure quello a fianco, andrà a comprare o a ristrutturare quell’hotel spendendo cinque volte tanto? Questo meccanismo ha moltiplicato il danno. Io mi sono trovato di fronte a uno scenario nuovo e di fronte a clienti in gravi difficoltà. Ora sono tornato a vendere appartamenti usati ma anche così non siamo in grado di concorrere ad armi pari anche perché se all’inizio della mia attività avevo un 90% di nuovo e un 10% di usato, oggi sono al 60% dell’usato e al 40 del nuovo”.
Anche sull’usato c’è richiesta?
“Si ma a certe condizioni. Una norma nazionale agli inizi degli anni 90 impose giustamente che tutti gli immobili in ristrutturazione avrebbero dovuto adeguare i loro standard qualitativi, ambientali e di sicurezza. E questo a Rimini in sostanza è impossibile e non per colpa dei proprietari o dei costruttori”.
E di chi?
“Mi scusi la ruvidità ma su questo punto bisogna dire le cose come stanno: la colpa è dell’amministrazione comunale. Perché il sindaco può dire tante belle parole sui problemi ereditati e sul nuovo modello di sviluppo ma la colpa resta dell’amministrazione”.
Perché?
“Se si chiede ai cittadini di adeguarsi alla norma, al cittadino che fa una domanda di licenza si risponde in 30 giorni, come peraltro imporrebbe la legge regionale. Invece per avere una risposta se è sanabile o no anche solo lo spostamento di una finestra di 30 centimetri o lo spostamento di una parete interna ci vuole un anno. Ma io potrò tenere a bagnomaria una proposta di acquisto per 12 mesi? Negli ultimi sette otto mesi per questo motivo ho dovuto restituire quasi una decina di caparre per le mancate risposte dell’ufficio tecnico comunale. Prima mancava il dirigente ora non hanno personale sufficiente. Certo gran parte di Rimini è stata costruita negli anni ‘60 e ’70 e di queste imperfezioni e lievi irregolarità ne esistono nel 99% dei casi. Ma ci vorrà pure qualcuno che si occupi del problema, dando ai cittadini gli strumenti per adeguarsi alla norma in tempi e condizioni ragionevoli! Non ricordo più in quale piccolo comune della nostra Regione il problema, che evidentemente è generalizzato visto che nel periodo in cui molte case sono state costruite mancavano le norme odierne, è stato risolto con una semplice autocertificazione”.
Solo pochi giorni fa il sindaco Gnassi in un incontro al Meeting ha detto che la città sta facendo i conti con problemi ereditati dal passato, di fronte ai quali si starebbe invertendo la rotta: basta col consumo del territorio e la rendita immobiliare a fronte di 15mila case sfitte! Ma è vero che ce ne sono tante in questa condizione?
“Assolutamente no. Si tratta di case molto vecchie non più idonee per essere abitate senza interventi radicali di recupero oppure si tratta di case turistiche, costruite negli anni 60 e 70, piccole e inadeguate, alcune addirittura senza riscaldamento. Quindi ritengo la cifra di 15mila case sfitte molto poco attendibile, solo sulla carta. Bisognerebbe essere più analitici nel fornire questi numeri e non fare di tutta l’erba un fascio. E riferirsi quindi alle nuove costruzioni: in questi casi ci sono, è vero, case vuote ma sono tutte provenienti da fallimenti di imprese. Quindi stanno o staranno per andare all’asta. Ma di abitazioni nuove non abitate, soprattutto nel libero mercato, a me non risultano proprio. E a proposito di turismo: questo settore ha subito i colpi di una politica cieca che non ha offerto servizi all’altezza e ha di fatto impedito che le strutture potessero adeguarsi e rinnovarsi migliorando i servizi. Ricordo ancora verso la metà degli anni ’90 una chiacchierata con l’allora sindaco Giuseppe Chicchi alla vigilia di un incarico ad un famoso urbanista di redigere un nuovo piano regolatore. Gli dissi che il nostro turismo stava perdendo quote di mercato a vista d’occhio con alberghi che cominciavano ad invecchiare e gli suggerii, purtroppo inutilmente, di offrire agli albergatori alcune chances di rinnovamento con bonus urbanistici e fiscali. Il risultato è che oggi il comparto, a parte qualche lodevole eccezione, nella media non è in linea con tutte le esigenze del mercato”.
E cosa pensa a proposito del consumo del territorio da fermare?
“Qui vorrei fare un accenno a quello che io ritengo il ‘peccato d’origine’ e che nessuno credo abbia il coraggio di ammetterlo, cioè il Piano Regolatore di Benevolo entrato in vigore nel 1999 e oggi tuttavia superato da altre norme regionali. Io credo che a questo proposito la politica riminese abbia da fare un grande mea culpa. Ma sembra invece che le colpe siano sempre di quelli arrivati prima. Quel Prg prevedeva una trentina di ‘comparti’. In questi comparti l’Amministrazione imponeva una cosa assurda (a fronte di una legge regionale invece più ragionevole che imponeva per partire col progetto esecutivo l’assenso del 75% dei proprietari): il Comune di Rimini chiedeva l’assenso del 100% dei proprietari. E se questi comparti sconfinavano per un metro nella proprietà di uno che non era d’accordo, saltava l’intero comparto. Poi c’erano errori materiali di progettazione. Risultato: non partì quasi nessun comparto. Ma c’è di più: i prezzi salirono alle stelle. E io ricordo ancora lo stesso Benevolo che, venuto a Rimini per presentare il suo PRG, disse che le case sarebbero diminuite e cioè sarebbero costate circa 1,5 milioni di lire (allora) al metro quadrato mentre solo dopo due anni, a introduzione dell’euro avvenuta, i prezzi arrivarono fino a 4-5mila euro al metro quadrato. Insomma un fallimento su tutti i fronti. E quanto al consumo del territorio va detto che mentre Rimini ha cercato di contrastarlo molti riminesi hanno comprato casa a Santarcangelo, Villa Verucchio, Montescudo, dove le abitazioni costavano molto meno. Quindi mentre Rimini si difendeva dal cemento, ha contribuito a cementificare territori di altri comuni. Aumentando insieme anche l’inquinamento atmosferico e di traffico lungo le strade per il transito dei pendolari”.
Addirittura?
“Le faccio solo questo esempio: qualche anno fa ho venduto a Santarcangelo un residence con 250 abitazioni: quasi per gioco mi sono divertito a verificare la cittadinanza dei compratori: solo il 4% era santarcangiolese. Il 96% erano riminesi”.
Il mercato mostra qualche segno di ripresa?
“Si. La nostra agenzia è impegnata nella vendita di appartamenti nel complesso dell’ex fiera di fronte al palazzo congressi: su 32 appartamenti di cui è appena iniziata la costruzione ne abbiamo già venduti 24. Quindi la richiesta c’è. Oggi però ci vogliono case di qualità, di classe A con risparmio energetico, con la certificazione antisismica (questo per esempio è uno dei motivi per cui si fatica a vendere l’usato … per la paura del terremoto) con finiture idonee. Le case sfitte costruite negli anni 60 non troveranno inquilini se non tra gli immigrati. Allora bisogna recuperare il patrimonio urbanistico, a volte ‘costruito di notte anziché di giorno’ e in economia. Questo lo si può fare solo se l’amministrazione statale e comunale saranno talmente lungimiranti da individuare forme di bonus fiscale o amministrativo. Senza incentivi questo patrimonio è destinato ad andare alla malora. Anche perché la ristrutturazione di un immobile costa quanto, forse di più, della costruzione ex novo. E anche l’impresa che vorrebbe, non comprerà un immobile usato per ristrutturarlo e rivenderlo, senza un reddito adeguato”.
Ma dall’inizio della crisi nel 2008 ad oggi come sono andate le cose? E quale è il futuro del mercato immobiliare?
“Dal 2008 i prezzi di mercato sono calati del 5% ogni anno. E oggi il mercato ha perso dal 30 al 50% del suo valore. Se una casa veniva pagata 100 nel 2008, oggi si paga 50-60. Da due tre anni a questa parte la flessione è più leggera: dal 5% si è passati al 3 poi al 2,3 e quest’anno si attesterà tra l’1 e il 2% con la tendenza ad avvicinarsi alla soglia 0, quella antecedente al 2008. Quando si arriverà a quella soglia il mercato dovrebbe ripartire. Non succederà domani ma nell’arco di due o tre anni io penso succederà. Certo le nuove costruzioni devono andare nella linea dell’innovazione, del risparmio energetico. Così il mercato ripartirà”.
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