In groppa al rinoceronte

In groppa al rinoceronte

Dove tutto s'immagina come fai a proibire il selfie sull'ungulato cinematografico? E la nave va. Lettera.

Le cose senza senso nascono come tali. Non hanno una destinazione, ma il solo scopo di appartenere al novero dei denari spesi malamente, di cui Rimini potrebbe primeggiare qualora vi fosse una classifica dedicata a questo argomento.
Tra le molte cose è anche il caso del rinoceronte felliniano, messo tristemente in mostra in quella piazzetta che fu un importante luogo storico cittadino. Fu.
E che galleggia nel solito mare di … cemento, elemento tanto caro all’innovativa corrente amministrazione, che si preoccupa di rammendare le ultime bizzarrie piuttosto che di preparare valigie e scatoloni.
Le recenti cronache, narrano di persone che salgono in groppa al rinoceronte, tra selfie ed amenità del genere, tanto che “qualcuno” neppure tanto ignoto, è dovuto intervenire con un cartello posticcio di divieto ed un’improbabile bizzarra recinzione neppure completa. Un epilogo sfuggito preventivamente ai fantasiosi fautori del circo felliniano, come pure l’utilizzo della pozzanghera di fronte al Castel Sismondo frequentata dai cani oltreché dai loro padroni.
Oggi quel cartello è scomparso, ma la ridicola recinzione è ancora al suo posto e non costituisce un deterrente palese per gli aspiranti cavalcatori del finto mammifero. Chissà se la prossima mossa sarà la creazione di una perimetrazione elettrificata, tanto da impedire l’assalto al simulacro, o che lo stesso se ne vada stanco di stare lì.

Ma anche in quest’assurdità si può trovare una logica, seppur recondita; le cose inutili, a volte, trovano un’utilità soggettiva che attiene a coloro che le osservano o, meglio, che se le ritrovano di fronte. Ed ecco che, in assenza di altri motivi di profonda comprensione, esse divengono oggetto di divertimento o dileggio. Del resto tutto il circense progetto felliniano non vuole essere tale? Suvvia un po’ di coerenza quindi, non si possono porre limiti in una città dove tutto s’immagina, altrimenti si impediscono quei sogni che l’omonima piazza dovrebbe stimolare.
A proposito poi di cose inutili, qualcuno ci spiegherà, con la solita prosopopea, cosa siano questi oggetti metallici che campeggiano già da fuori la recinzione del giardino retrostante l’Arengo. Tipo “dammi il cinque”, o ombrelloni rivoltati dal vento?
Ci diranno invece che sono opere d’arte e ciò farà ulteriormente riflettere sul fatto che Rimini è incapace di vivere di luce propria, di valorizzare le proprie tante vere risorse culturali per poter essere vera protagonista nazionale, ma è costretta ad inventarsi cose estemporanee, non sue e, come nel caso di Fellini, enfatizzare un singolo e breve periodo della propria storia cittadina con orpelli inutili e costosi che non solo non rendono giustizia a quello che fu quel regista, ma che l’avrebbero pure fatto inorridire.
Ma veramente abbiamo bisogno di queste cose nonostante il nostro importante passato, spesso relegato nell’ignoranza e nei depositi ricchi di beni culturali che nessuno vedrà mai?

Salvatore de Vita

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