Ogni martedì mattina si ritrovano all'ingresso dell'ospedale Infermi di Rimini. A volte in due o tre, a volte in un gruppo più numeroso. Si affidano a
Ogni martedì mattina si ritrovano all’ingresso dell’ospedale Infermi di Rimini. A volte in due o tre, a volte in un gruppo più numeroso. Si affidano al solo potere della preghiera per porre un argine all’aborto. Un gesto controcorrente ma anche disarmante e disarmato, che non getta la croce addosso a nessuno ma che invece le croci vuole addossarsele.
“Questo gesto è nato a Rimini nel 1999 per volontà di don Oreste Benzi e fu la prima città a promuovere una iniziativa del genere, mentre oggi viene proposto in sei o sette località”, spiega Enrico Masini della Papa Giovanni XXIII. Lui è l’animatore generale e il coordinatore del servizio “maternità difficile” per tutte le realtà della comunità, in Italia e all’estero, nata da don Benzi, del quale si sta celebrando il processo di beatificazione. Obiettore di coscienza a metà degli anni 90, dal 97 fa parte della Papa Giovanni.
“A Rimini ci si ritrova ogni settimana, il martedì appunto, alle 7,15 davanti all’ingresso principale dell’ospedale, in altre città l’appuntamento è settimanale, bisettimanale o anche mensile”.
Qual è la motivazione di questo gesto e perché don Oreste lo pensò.
Don Oreste aveva tentato un percorso attraverso l’Asl per avere una presenza dentro l’ospedale o dentro il consultorio e quando vide che non veniva concesso disse: “I bambini continuano a morire, noi non possiamo rimanercene con le mani in mano. Se vedessimo un bambino che viene picchiato a sangue davanti ai nostri occhi e non potessimo direttamente intervenire che cosa ci resterebbe da fare? Pregare, invocando Dio, lì dove siamo, perché fermi la mano dell’aggressore. Una supplica rivolta a Dio a voce alta per denunciare l’ingiustizia che si va compiendo ma anche una supplica agli uomini perché fermino la loro mano insanguinata a causa del delitto che si sta compiendo”. Ma c’è anche una motivazione legata alla vocazione specifica della comunità Papa Giovanni XXIII all’interno della chiesa e della società, che è quella di essere fisicamente presenti in ogni luogo dove ci sono dei poveri, persone soggette a un qualunque genere di oppressione o di ingiustizia, andando a vivere con loro e accogliendoli nelle nostre case.
Ci sono anche persone che non appartengono alla Papa Giovanni fra coloro che partecipano alla preghiera davanti all’Ospedale, donne e uomini di altri movimenti, di Cl ad esempio.
Si. Questo momento di preghiera ha sempre raccolto l’adesione di persone anche esterne alla nostra comunità. Un po’ meno a Rimini, almeno fino a qualche tempo fa, e più in altri territori, ma da alcuni anni anche a Rimini. Tra l’altro c’è sempre stata una attenzione da parte dei passanti: mentre può capitare che alcune persone abbiano una parola di disprezzo nei nostri confronti, ce ne sono invece tante di più che si fanno il segno della croce, oppure si fermano a dire una preghiera con noi, magari per i propri cari che vanno a trovare in ospedale. E noi preghiamo anche per tutte le persone ricoverate all’Infermi.
A Rimini non ci sono mai stati gesti di intemperanza verso di voi?
Ci fu una contro manifestazione appena iniziammo, nel 99, e poi qualche attacco sulla stampa, soprattutto dopo la partecipazione dell’allora sindaco Alberto Ravaioli al nostro momento di preghiera. Invece in altre città, ma direi quasi esclusivamente a Bologna, a più riprese in questi anni ci sono state manifestazioni aggressive e soprattutto da maggio di quest’anno, in coincidenza col quindicesimo anniversario della preghiera che anche lì si svolge settimanalmente davanti al Sant’Orsola, è iniziata una vera e propria persecuzione.
Perché parla di persecuzione?
A Bologna accade che alcune persone vengono col megafono e pronunciano bestemmie cercando il contatto fisico, noi ci spostiamo di 100 metri e loro ci rincorrono, cosa che a Rimini non è mai avvenuta. Riconosciamo il diritto di ognuno a manifestare il proprio pensiero e quindi anche quando questo è contro di noi, assolutamente legittimo. Non è invece legittimo che queste proteste assumano toni aggressivi, modalità violente, senza rispettare il nostro diritto, costituzionalmente garantito, di esprimerci liberamente e manifestare anche pubblicamente ciò in cui crediamo. C’è chi vorrebbe calpestare questo diritto, invadendo il nostro spazio, che pure è autorizzato dalla Questura.
Va detto che a Bologna da quando sono iniziate le contestazioni nei nostri confronti è più che raddoppiato il numero delle persone che partecipano alla preghiera. Che qualcuno miri a prospettive di vita, o di morte come in questo caso, diverse dalle nostre è legittimo, ma nessuno può impedirci di pregare. Ci sono state e ci sono tutt’oggi le persecuzioni, molti cristiani vengono uccisi perché manifestano la fede nella quale credono, e purtroppo c’è il rischio che anche in Italia si vada nella stessa direzione.
Sugli episodi accaduti a Bologna alcuni vescovi vi hanno apertamente difeso.
E’ vero. Noi siamo una realtà ecclesiale di diritto pontificio, ci muoviamo all’interno dei territori sempre in accordo con la chiesa locale e quando facciamo iniziative di questo tipo ne informiamo prima il vescovo, ma questo vale anche per ogni nostra decisione, compresa l’apertura di una casa famiglia, in virtù della comunione che ci lega alla madre chiesa. Ci sono pastori come mons. Luigi Negri e il cardinale Caffarra che hanno pubblicamente e fortemente sostenuto la nostra iniziativa di preghiera davanti agli ospedali, così come il vescovo di Cesena, mons. Douglas Regattieri, che vi partecipa fisicamente tutte le volte che gli è possibile.
E’ accaduto che donne arrivate in ospedale per abortire, abbiano cambiato idea?
A Rimini diverse ragazze entrate in ospedale per abortire hanno notato la nostra presenza e si sono rivolte a noi. Gli abbiamo offerto il nostro aiuto ed hanno scelto di accogliere il loro bambino. Una volta, era il giorno del compleanno di don Oreste e lui era presente alla preghiera davanti all’ospedale, una coppia di minorenni (erano venuti a fare la stagione a Rimini dal sud, lei era rimasta incinta) stava entrando perché lei avrebbe dovuto abortire. Invece si fermarono con noi e alla fine, col nostro supporto, scelsero di tenere il bambino. Ancora ci vengono a trovare e sono molto contenti della scelta che hanno fatto.
A proposito di supporto, la Papa Giovanni gestisce anche un servizio maternità difficile: di cosa si tratta?
Oltre ad essere attivi su tutti i fronti dell’emarginazione, rispetto alle maternità difficili abbiamo sviluppato un servizio specifico e una disponibilità concreta a metterci anzitutto in ascolto di coloro che desiderano confidarci difficoltà, disagi, dubbi, richieste di aiuto. Insieme cerchiamo di elaborare delle risposte a bisogni che stanno portando ad una scelta drammatica come l’aborto, per condividere un percorso di vita e di accompagnamento. A volte è sufficiente un semplice incoraggiamento, una mano tesa, altre volte è importante un accompagnamento, un supporto psicologico, un aiuto materiale, talvolta economico, o anche l’accoglienza in una delle nostre case famiglia… secondo il bisogno e fino alla ritrovata autonomia della persona che si rivolge a noi. E’ evidente che se una donna incinta non ha il lavoro non riuscirà a mantenere il figlio che porta in grembo. La società in cui viviamo non aiuta e lascia solo chi è in difficoltà, di fatto si assiste ad una induzione, per non dire costrizione, ad abortire, e questo è veramente drammatico. Abbiamo anche un numero verde gratuito (che vale per tutto il territorio nazionale) per il servizio maternità difficile: 800 035 036. Tengo a sottolineare che il nostro non è un progetto precostituito: don Oreste amava ripetere che non dobbiamo dare ai poveri le risposte che fanno comodo a noi ma quelle di cui hanno veramente bisogno.
Quanti aborti vengono praticati a Rimini?
Nel 2013 circa 670, quindi numeri importanti, anche se in calo. La peculiarità di Rimini è l’alta percentuale di donne extracomunitarie che abortiscono, molto superiore al resto del territorio regionale e nazionale.
Don Oreste ha spesso sostenuto che l’obiezione fiscale alle spese dell’aborto è il minimo che possa fare chi crede nel comando di Dio “non uccidere”. La Papa Giovanni come attua l’obiezione fiscale?
La pratica da più di 20 anni. La scelta nasce dalla volontà di non collaborare, attraverso le nostre tasse, al finanziamento di strumenti di morte, oltre all’aborto anche alle spese per armamenti. Le strade che vengono praticate sono due: una petizione che viene inviata al presidente della Regione e al presidente della Repubblica, dichiarando la volontà di non pagare la quota di tasse corrispondente ed effettuando un versamento (che comunque è di piccola entità) a favore delle associazioni che sostengono la maternità.
La seconda strada, che è quella più impegnativa, prevede di modificare la propria dichiarazione dei redditi versando una cifra inferiore di tasse rispetto al dovuto, parliamo dell’ordine di 20-30 euro, e di autodenunciarsi, allegando il bollettino postale di pari cifra versato alla Papa Giovanni o ad altre associazioni che si occupano di tutela della maternità. Questo nel tempo può comportare delle sanzioni: in passato arrivavano al pignoramento di beni, oggi al blocco amministrativo dell’auto e alcuni di noi l’hanno subito, quindi ci si espone alla violazione di una legge. Di fronte ad una legge ingiusta – diceva don Oreste – non solo non la si rispetta ma si assumono tutte le conseguenze del caso, questo è il criterio che lui ci ha dato. Si può arrivare anche all’ipoteca sulla casa ma per cifre così piccole di solito non si rischia tanto. L’Agenzia delle Entrate si rivale con un prelievo forzato sullo stipendio per chi ha un lavoro dipendente.
L’amministrazione comunale di Rimini ha promosso un “festival speciale” dedicato ad Halloween e rivolto ai bambini. Cosa pensa di una iniziativa di questo genere promossa da un ente pubblico?
Penso che sia sbagliata. Gli anni scorsi ho potuto verificare come in coincidenza con la notte di Halloween aumentano gli accessi al pronto soccorso e gli interventi delle forze dell’ordine. D’altra parte il male è qualcosa di concreto e Halloween è una “festa” in cui si adorano le tenebre, si mette in risalto il macabro e quindi non bisogna stupirsi che accadano certe cose. In quella notte si verificano anche iniziazioni sataniche e avvengono una serie di episodi occulti. Purtroppo in troppi non si rendono conto dei rischi ai quali esponiamo i nostri cittadini più deboli, cioè i bambini. C’è una connessione molto forte tra il mondo dell’occulto e i festeggiamenti di Halloween e per questo li contrastiamo e allo stesso tempo mettiamo in risalto la bellezza della festa di Ognissanti.
Anche il sindaco di Rimini ha detto che intende istituire il registro per le unioni fra persone dello stesso sesso. Qual è la posizione della Papa Giovanni su questo?
E’ molto chiara e parte dalla assoluta evidenza che ogni bambino ha la necessità di un papà e di una mamma. Non lo diciamo solo perché ce lo insegna la chiesa ma come frutto di esperienza concreta e quotidiana di ogni figlio, non solo naturale, che viene accolto nelle nostre numerose case famiglia. Queste vogliono essere la riproduzione della famiglia naturale per i bambini che non hanno la possibilità di vivere coi propri genitori. Nei bambini emerge fortissimo il bisogno di una figura paterna e una materna, di un papà uomo e di una mamma donna. Quello che emerge con evidenza è la necessità di poter contare su rapporti stabili, per questo le nostre case famiglia hanno la peculiarità che papà e mamma sono tali 24 ore su 24, non ci sono mai operatori che si turnano. Il desiderio di convivere con chi ognuno ritiene, compreso il desiderio di poter avere dei figli, nel momento in cui viene riconosciuto dalle pubbliche istituzioni deve tener conto di tutti i soggetti coinvolti, a partire dai più deboli. La nostra esperienza ormai quarantennale ci dimostra come ogni bambino ha diritto ad un papà e una mamma e quindi le istituzioni compiono un atto gravissimo nel momento in cui riconoscono, per un motivo ideologico che spesso non corrisponde ad un reale bisogno, qualcosa che lede un diritto fondamentale.
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